Un progetto di cittadinanza, creatività e lavoro
Roberta Arias
C’è un luogo atipico che va controcorrente in città, uno spazio dove esprimere la propria creatività, la voglia di fare e di stare bene. Siamo nel quadrilatero romano, in Via Bonelli 3/a, nella parte antica e pittoresca di Torino. Qui, dalle vetrine che si affacciano sulla via, si possono ammirare oggetti creati a mano, dalle forme curiose.
Entriamo nel vivo di Zanzara: ci accolgono dei ragazzi sorridenti, in una sala corredata di scrivanie, tavoli e sedie e in pochi secondi siamo già nel laboratorio attiguo, dove regna un disordine creativo fatto di colori vivaci, con tappeti decorativi ai muri, il tutto incorniciato da forme in divenire, sistemate sul tavolo di lavoro, rotondo. Ci attendono due educatrici e creative, Carmela ed Elena, e con altri due professionisti, Igor e Gianluca, coordinano il laboratorio Zanzara, un progetto che ha come obiettivo principale anche se non unico, il valore della “cittadinanza”.
È un centro di lavoro guidato rivolto persone con disabilità mentali con buone capacità di socialità e di espressione e l’attitudine a stare intorno ad un tavolo con altre persone, interagendo. Le attività di lavoro sono attive dal lunedì al venerdì, dalle nove del mattino alle quattro del pomeriggio e sono strutturate a tema con un calendario settimanale: un giorno si crea con la cartapesta, per esempio, un altro con la scrittura. Lo scopo finale è insegnare comportamenti atti a vivere nella società, come il rapporto con il denaro e con le cose, il senso di responsabilità, diventando così e prima di tutto cittadini, consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri.
L’Associazione è nata alla fine degli anni Novanta e si basa su un modo diverso di “fare sociale”. Il nome “Zanzara” che vuole “infastidire” e scardinare la mentalità comune sulla disabilità. Un tentativo di farsi notare assolutamente riuscito. L’idea prende spunto dal desiderio di levare l’etichetta di disagio mentale per apporre quella della creatività come linguaggio comune, in un ambiente produttivo e stimolante in grado di riconoscere il valore positivo del fare e fare bene. Nello spazio Zanzara il primo posto è in mano al “protagonismo creativo” della persona, il cui singolo lavoro è rafforzato da tutto il corpo collettivo.
L’idea, spiega Carmela, è stata quella di non fare accoglienza e basta: più che leggere libri sul disagio eccetera eccetera, ci siamo messi in gioco, ci siamo dati da fare nel concreto. La scommessa è stata creare su ambiti strutturati nella pratica, dove fosse possibile depositare un proprio sapere, un segno, una propria tipicità all’interno di una scatola, di un tutto”. “Noi, aggiunge Elena, da anni ci muoviamo all’interno di questo tipo di condivisione, di scambio, dove tutti mettono a diposizione le proprie attitudini perché siano valorizzate al meglio”.
È possibile, allora, smentire il cliché secondo cui una persona con handicap realizza delle cose “fatte benino, come viene”: non è così, perché i prodotti del laboratorio Zanzara, oltre a essere originali e curati nei dettagli, sono creati a regola d’arte come qualunque oggetto che si rispetti, nell’intento di dare valore a chi l’ha lavorato e che, grazie al risultato ottenuto, si sente realizzato e soddisfatto, come persona innanzitutto.
Zanzara collabora con diverse realtà: ha curato di recente, in qualità di agenzia grafica, lo stand istituzionale della Regione Piemonte alla Fiera del Libro e accoglie occasionalmente stage per giovani studenti del Dams o di istituti d’arte come lo Steiner, e workshop come quello organizzato con l’Accademia di Belle Arti. Il laboratorio si è trasferito nella nuova sede di Via Bonelli da pochissimo tempo e sta andando molto bene; inoltre, anche grazie alla disposizione su strada, tutti lavorano per così dire “in vetrina”. “Questo è un aspetto, sottolinea Elena, che fa parte del progetto: l’accesso alla vetrina è una ricchezza perché permette ai ragazzi di entrare in relazione con i clienti, di confrontarsi, di comunicare”.
Di fatto, Zanzara è un progetto di vita a tutto campo. “Siamo partiti avendo chiaro che la società venisse da noi, commenta Carmela, e non il disabile verso la società, come accade spesso: se uno lavora è protagonista di ciò che fa, “lavoro dunque sono”. Per noi il cavallo di Troia è vedere come crescono questi ragazzi, come vivono in sinergia con il mondo”. Arrivare a questi risultati di autonomia dell’individuo con un disagio mentale non è stato immediato, è stata una sfida vinta a colpi di determinazione e di fiducia nella positività. “Il lavoro, racconta Elena, è stato fatto negli anni, attraverso percorsi mirati all’autonomia. Abbiamo notato che qui le persone riescono a stare bene, perché diventano completamente autonome, felici di essere. Nel giro di pochi mesi i ragazzi crescono e si spogliano dell’habitus del disabile, nel senso che diventano cittadini, si emancipano anche nelle più piccole cose di tutti i giorni come prendere i mezzi pubblici, andare al bar o fare acquisti nella zona. Invece che finire nell’emarginazione, s’integrano a pieno titolo nella società”.
Quelli di Zanzara sono creativi liberi dalla paura di sbagliare e di essere giudicati. Non creano imitando modelli precostituiti, ma si lasciano andare, si esprimono senza freni. Alcuni di loro sono diventati artigiani bravissimi la cui creatività è poi valorizzata dal gruppo di coordinatori, tra cui anche un grafico specializzato, Gianluca, capace di catturare e di mettere a punto un’intuizione, un concetto, un segno. Il laboratorio produce oggetti decorativi e di arredo, come lampade, tappeti, vasi e lavori editoriali, tra cui manifesti e agende. Le creazioni Zanzara hanno prezzi giusti proporzionati alla loro natura artigianale e creativa: “I prodotti sono fatti a mano, sono pezzi unici costruiti non sulla quantità, ma sulla qualità del materiale e del tempo impiegato”.
La creatività aiuta a sentirsi bene con se stessi e con gli altri: se si sta bene, si vive bene, a tutti i livelli, a prescindere dalla disabilità. Basta citare due aforismi coniati da Antonino, scrittore ormai storico del gruppo, che ben riassumono l’essenza del discorso: “Se sei visibile ci sei, se sei invisibile non ci sei” e anche “Invisibile, ogni tanto risaltavo”: se il mio lavoro risalta, allora ci sono, esisto. Un concetto che l’Associazione Zanzara dimostra con i fatti.