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Amerigo Vigliermo e il Coro Bajolese – di Elisa Viglio

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Amerigo Vigliermo ,“cantore delle genti”

di Elisa Viglio

Il Coro Bajolese, realtà culturale canavesana consolidata da anni di studi e di concerti, nel marzo 2010 è volato a Córdoba per una delle numerose visite in seguito al Master su canti e tradizioni popolari del Piemonte tenuto nel 2005 dai cantori presso l’università argentina. Racconta Amerigo Vigliermo, storico fondatore ed attuale direttore del Coro: “È stata un’esperienza unica e straordinaria questa docenza universitaria, svolta prima in Argentina e poi, due anni dopo, in Brasile, per raccontare la cultura, il linguaggio, la realtà socioeconomica ed etnomusicale della nostra terra, ma non in modo accademico o cattedratico, bensì con la spontaneità del linguaggio del canto popolare, trasmettendo le informazioni raccolte parlando con la gente che abita il Canavese e il resto del Piemonte”. Al centro del lavoro di ricerca del Coro Bajolese e del Centro Etnologico Canavesano, fondato nel 1975 dagli stessi cantori, sta proprio il contatto diretto con la popolazione semplice e umile che formava le comunità dei paesi. “Una società contadina, purtroppo in via di estinzione, che, spiega Vigliermo, rappresenta l’ultima civiltà nel vero senso della parola. L’odierna società, infatti, seppur progredita, non si può definire molto civile perché pone l’attenzione più sui beni materiali che sugli esseri umani con i loro sentimenti”.
coro-bajolesePer ridare voce alla gente e ai suoi sentimenti, nell’ottobre 1966 il giovane Amerigo Vigliermo, poco più che trentenne, dà vita al Coro Bajolese nel villaggio natio di Bajo Dora, frazione di Borgofranco d’Ivrea. Nonostante una solida formazione tecnica, iniziata ad appena quindici anni nel  settore delle macchine utensili dell’allora multinazionale Olivetti e perfezionata con una laurea in matematica, Vigliermo non smette di coltivare l’amore per il canto quale momento straordinario di aggregazione e di gioia. Emozioni provate fin da bambino quando le famiglie, nei giorni di festa e nelle serate d’autunno e d’inverno, si riunivano nelle stalle a raccontarsi cantando. Sono in particolare le donne di casa, mamma Mary con nonna Caterina e zia Annetta, che “era stata via serva” a Genova e poi in Svizzera presso famiglie amanti del canto, a far crescere nel piccolo Amerigo la passione per le melodie e le canzoni popolari, ricche di “cultura di vita”, e divenute poi oggetto di suoi approfonditi studi linguistici e musicali. È così che “per ridare voce ai canti della zia Annetta ho deciso di formare il coro, che inizialmente era composto di quasi sole coppie di fratelli ed ora raggruppa fino a venticinque cantori provenienti da vari paesi del Canavese. Il nostro metodo, ancor oggi seguito, è quello di far visita alle ultime persone amanti dell’antico canto registrando i loro ricordi canori”. Nello spiegare le difficoltà iniziali, per gli scoraggiamenti ricevuti e per la diffidenza degli intervistati, ricorda che “per ottenere la fiducia della gente abbiamo dovuto crearci una credibilità, dimostrando la nostra serietà cantando con loro ed inserendo subito i brani nel nostro repertorio”.
È così che, scelto come mentore Costantino Nigra, autore di Canti popolari del Piemonte (Loescher, 1888), già nel 1971, a soli due anni dall’inizio della raccolta dei canti, Amerigo Vigliermo con i suoi cantori pubblica il primo libro, Canti popolari noti nell’Alto Canavese, edito dalla Società Accademica di Storia ed Arte Canavesana grazie al sostegno economico dell’ingegner Ravera e del commendator Ferrero. Si tratta di una raccolta di canti impreziosita dalle immagini del noto fotografo eporediese Giovanni Torra, prestatosi gratuitamente all’opera secondo lo spirito del Coro Bajolese.
Con il proseguire delle ricerche, mentre alcuni studiosi dell’epoca consideravano le tradizioni popolari un semplice insieme di usi e costumi che non meritava di essere definito “cultura”, altri personaggi come Gianni Bosio, Ernesto De Martino, Emilio Jona, Roberto Leydi, Sergio Liberovici e Michele Straniero lavoravano per dimostrare invece il grande valore della conoscenza popolare, semplice e spontanea, tratta dalle autentiche esperienze di vita quotidiana. E per archiviare e studiare le testimonianze raccolte, nel 1975 i cantori del Coro Bajolese fondano il Centro Etnologico Canavesano (Cec)  “con l’intento, spiega Vigliermo, di rendere omaggio alla gente canavesana, sottovalutata oggi come allora: i canavesani sono infatti timidi, non osano esporsi o, come diciamo in dialetto, blagar trop, vantarsi dei meriti che pur spetterebbero loro. Le nostre ricerche, che da semplice etnografia, cioè raccolta del materiale culturale, sono diventate etnologia, ossia analisi contenutistica dello stesso, hanno l’obiettivo di rendere la Gente consapevole della cultura trasmessa dai padri e di cui è tuttora portatrice”.
Proprio il momento della presa di coscienza è un aspetto particolarmente emozionante del lavoro svolto dal Coro, com’è avvenuto durante l’incontro con i figli di emigrati piemontesi in Argentina. Ricorda Vigliermo commosso: “I nostri canti e i nostri racconti sono riusciti a far conoscere i valori e le tradizioni dei padri che, anche se in modo inconsapevole, hanno lasciato traccia in ognuno di loro. Così, dal rifiuto di un passato difficile e doloroso, si passa a voler scoprire le proprie origini fino alla ricerca delle testimonianze più nascoste”. E prosegue: “In quella circostanza è nato, in loro come in noi, uno spirito di riconoscenza per i valori umani ricevuti da chi ci ha preceduto. Per render loro omaggio, in segno di gratitudine, continuo tuttora nelle mie ricerche, anche se talvolta ho l’impressione di non fare mai abbastanza”.
In questo appassionante viaggio tanti sono stati gli omaggi resi alle tradizioni popolari dal Coro Bajolese, sempre pronto ad intonare canti noti e di nuovo reperimento, frutto di certosina costante ricerca. Un’opera minuziosa svolta con precisa metodologia basata sulle antiche regole: dalla raccolta del materiale all’immediata restituzione orale nel rispetto dello stile con cui le informazioni sono trasmesse, all’analisi linguistica ed antropologica dei contenuti.
Pur senza titoli accademici, la serietà degli studi è confermata dalla credibilità e dalla stima di cui il Coro Bajolese e il Centro Etnologico Canavesano godono in ambito nazionale ed internazionale, con una straordinaria quantità di materiale selezionato ed archiviato in forma di libri, audiocassette e CD. Oltre ai numerosi concerti in Italia e all’estero, tra cui una tournée in Israele e Palestina, il Coro Bajolese si è esibito al Parlamento Europeo di Bruxelles nel giugno 2008 ed ha tenuto, nel novembre 2009, un Seminario sulle polifonie canavesane presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Nonostante i prestigiosi impegni ufficiali e gli innumerevoli inviti, la più grande soddisfazione di Amerigo Vigliermo e dei suoi magnifici cantori è però l’essere chiamati da qualche anziano per registrare una melodia. Il dialogo con la gente comune, sempre al centro del loro lavoro, non deve mai venir meno: per questo da più di vent’anni, da ottobre a maggio, negli “Incontri del venerdì”, la sede di Bajo Dora (via dei Ribelli 19) è aperta a chiunque voglia condividere storie e ricordi. “Più che da ciò che si legge sui libri, pur importante, conclude Vigliermo, è dalla gente che si traggono i veri insegnamenti, dalla sua spontaneità, dalla sua creatività. Solo parlando con la gente si può tener viva quella cultura popolare che i nostri padri ci hanno trasmesso e che rischia, nel mondo frenetico di oggi, di scomparire”.

Questo articolo ha ricevuto una menzione alla IV edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Cultura e Ambiente

 

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