A Torino un’associazione custodisce le cose di chi non ha casa
di Ilario Metelys
Se uno dice “deposito bagagli”, il pensiero va a una stazione ferroviaria o a un aeroporto. Non va al mondo del volontariato, delle attività di supporto ai deboli e agli emarginati. È normale quindi stupirsi scoprendo che un gruppo di volontari ha creato a Torino, da una ventina d’anni, un deposito bagagli del tutto particolare: un deposito bagagli per i senzatetto, per le persone senza fissa dimora.
È una cosa che non viene in mente subito. Di un senzatetto si pensa che ha bisogno di cibo, di un posto per dormire, di coperte, di assistenza medica e psicologica. Ed è vero. Ma c’è un’altra necessità che per chi non ha una casa può assumere grande importanza. Non sempre, infatti, la mancanza di una casa equivale alla mancanza di tutto: una persona senza fissa dimora può possedere delle cose, magari poche, magari povere, ma comunque cose. Cose che vanno conservate da qualche parte.
L’idea è venuta all’associazione Agorà, che prende le mosse dalla chiesa valdese ma ne diventa poi del tutto autonoma. Per molto tempo la sede del deposito è stata vicino a piazza Statuto, dunque nel centro di Torino; poi alterne vicissitudini hanno imposto un trasloco più in periferia. Attualmente il deposito è ospitato in un seminterrato sotto i bagni pubblici di via Agliè, nel quartiere Barriera Milano. Così, se non altro, chi va a portare o prendere le sue cose può approfittare dell’occasione per una doccia calda.
Il funzionamento del deposito è semplice: chi ne ha bisogno porta lì le sue cose, lascia il suo nome e riceve uno scontrino che attesta che il suo bagaglio è lì. Dopodiché può accedervi in qualsiasi momento, e ritirarlo quando vuole. In qualsiasi momento, certo, compatibilmente con gli orari di apertura: che purtroppo, a causa del limitato numero di volontari, si sono dovuti ridurre molto. Il servizio è, ovviamente, assolutamente gratuito.
“Gli utenti, ci spiega un gentilissimo volontario, sono molto differenziati sia per provenienza, sia per situazione, sia per modo d’uso del deposito. C’è chi lascia una valigia e non si fa più vedere per mesi o anni, e chi invece usa la valigia depositata come un armadio, e passa tutte le settimane a prendere indumenti e lasciarne altri. C’è l’immigrato, regolare o clandestino, c’è chi ha perso il lavoro e la casa, c’è chi è appena arrivato e sta cercando”.
Accade anche, invece, che qualcuno non si presenti più. Forse rimpatriato, o finito chissà dove. I bagagli vengono considerati abbandonati, in linea di massima, dopo tre anni circa: a quel punto si provvede ad aprirli, recuperare le cose eventualmente recuperabili a fini di beneficienza, e buttare via il resto.
“Ma, aggiunge un altro volontario, compatibilmente con lo spazio conserviamo i bagagli anche più a lungo, nella speranza che chi li ha portati riesca prima o poi a tornare a riprenderli”.
L’esistenza del deposito viene pubblicizzata soprattutto nei luoghi potenzialmente più frequentati da chi ne ha bisogno: dormitori, centri di accoglienza, punti di assistenza e simili. Ma oggi purtroppo il servizio, sulla cui utilità non si possono avere dubbi, rischia di entrare in crisi per la mancanza di fondi e di volontari. Si tratta di un volontariato “oscuro”, un lavoro di retrovia, di sottosuolo, forse poco appetibile, forse poco affascinante. Ma la speranza è che qualche nuovo volontario si aggreghi per garantire la continuità di questo prezioso luogo di “accoglienza delle cose”.
Perché non c’è nulla di più desolante, ci spiega ancora un volontario, per chi è disperso per il mondo, che veder disperdere anche i pochi oggetti personali che gli appartengono e che spesso ha conservato attraverso infiniti pericolosi viaggi e faticose avversità. Il deposito bagagli per senzatetto è un punto d’aiuto e di speranza: sarebbe un peccato davvero se cessasse di esistere.