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La corsa dei superlativi – di Roberta Arias

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Gìanfranco Tartaglino e le sue super-maratone

di Roberta Arias

Chi è quell’uomo che non ha un sogno, un forte desiderio che prima o poi nella vita decide di esaudire, o almeno di provarci? Servono coraggio, costanza, umiltà, ambizione e gusto della sfida.
Comincia così l’avventura di un atleta, un astigiano doc, avvocato di professione e sportivo per passione. Già abile a Triathlon, nel ntartaglino-1 uoto e in bicicletta, Gianfranco Tartaglino, leva ’60, non resiste alla tentazione di iscriversi alla “corsa di tutti i superlativi”, una maratona sul massiccio del Monte Bianco, a cavallo tra la Francia, l’Italia e la Svizzera: 94 chilometri nella natura montana.
Non una banale corsa, bensì un vero e proprio pallino degno di uno sportivo, riservato solo ai migliori che, per accedere, devono dimostrare di avere i requisiti atletici e un preciso punteggio già ottenuto in Trial precedenti. Il primo per Gianfranco è stato quello dell’ottobre 2010, la prima tappa di qualifica per essere ammessi al grande Trial sul Monte Bianco: questa volta, infatti, la posta in gioco è più alta. “La motivazione fa tantissimo”, racconta Tartaglino. “io volevo regalarmi l’opportunità di correre in quella situazione, l’ho fatto perché volevo dare una svolta al mio vivere lo sport, non solo fisicamente, ma soprattutto psicologicamente”.
Abituato ai boschi che costeggiano le strade tra Asti e Cuneo, Tartaglino, nel caldo di fine agosto si mette in gioco e non per partecipare, ma per vincere: “Nel momento in cui faccio, ammette,  pretendo; e io volevo qualificarmi, volevo misurare le mie capacità”. Quale migliore panorama per trovare l’equilibrio di quello dei ghiacciai del Monte Bianco, “un’autentica esplosione di vette di granito, di alte punte cristalline”, citando le parole di Roger Frison-Roche, scrittore e guida di montagna.
2500 metri di dislivello, 94 chilometri di percorso, scoprendo un universo incolto, maestoso e puro, impressionante e magico. Tra i passi e il ritmo del respiro sembra affiorare il mito dei pionieri e il fascino di rivivere il giardino fiabesco di Gaston Rebuffat o i racconti di Frison-Roche. Guardando le cime del Monte Bianco, pensieri e immagini bussano alla mente dell’atleta: “Correre in mezzo a un bosco, tra quei panorami di roccia, mi ha ricordato la distesa del film Balla coi lupi”. L’aspetto agonistico della gara, apparentemente principale, ha lasciato il posto alla voglia di oltrepassare i propri limiti spostando l’attenzione sotto una luce diversa: “Mi ha aiutato pormi questo obiettivo, anche sul lavoro, mi è servito per acquisire consapevolezza, cercare altre soluzioni sotto una luce diversa. Mi sono reso conto che “le montagne si possono scalare e non solo con il corpo”.
Tartaglino ha avuto dieci mesi per allenarsi e l’ambizione, positiva, di concedersi la soddisfazione di vincere: la cresta di Bionnassay, la Noire di Peuterey, il Dente del Gigante, la parete delle Grandes Jorasses, le cime nord e sud dell’Aiguille du Tour, l’Aiguille Verte e la verticale dei Dru lo stavano aspettando. “Prima si muore e poi si molla” è il motto con cui affronta la gara, vinta fissando il tempo di 12 ore e 56 minuti, fermandosi solo in otto ristori lungo il tragitto dove non sono mancati momenti difficili e di meditazione, ma mai di solitudine: “Non mi sono mai sentito da solo. Ho pensato tanto, alle cose, alle persone, mi sono rilassato e concentrato. Vedevo che il fisico teneva bene, sentivo che ce la facevo, che potevo arrivare. Mi ricordo che gli ultimi 3-4 chilometri li ho trascorsi al buio, era notte, ma non avevo paura, sentivo gli altri, anche se ero davanti al gruppo. È stata una bella esperienza”.
La scalata, dentro di sé e verso il podio, comincia il 26 Agosto, alle 18:30 in compagnia di centinaia di persone pronte a condividere lo stesso sogno, ma in realtà per Tartaglino la corsa è iniziata molto prima, durante l’allenamento con il suo amico, anch’egli podista, Pierluigi Monticone, che con toni emozionati e tecnici ci racconta il “dietro le quinte” che ha preceduto la prova: “È stato stimolante allenare Tartaglino, non sta mai fermo, ho fatto fatica a frenarlo, ma è stato davvero molto bravo, in pochi mesi è passato dall’essere un mezzofondista ad un maratoneta”.
L’allenamento non ha risparmiato il duetto atletico astigiano che alla quantità ha anteposto la qualità, al fisico la mente, mettendo a puntino un metodo empirico. Monticone ci spiega: “Siccome fisicamente era preparato, ho voluto sperimentare un mio sistema per allenare anche la mente, cercando di preparare Gianfranco a mantenere anche l’imprevedibile sotto controllo. Ci immaginavamo, idealmente, situazioni negative da convertire in positive. Un esempio? L’ho esercitato a cercare più soluzioni in casi di disguido, senza lasciare nulla al caso o farsi prendere dal panico”. “Io non sapevo davvero come allenarmi, non avevo idea, mi è servito molto essere seguito”, confessa Tartaglino- che a sua volta è stato d’aiuto per altri compagni in gara. “Ho aiutato un collega che aveva problemi di vista durante la notte, facevo strada io, rallentando per aspettarlo se era il caso, non si corre solo per agonismo!” 
Cruciali i momenti di partenza e di arrivo, descrive Tartaglino, emozionato nel calarsi, con il pensiero, in quell’atmosfera di gara: “La partenza è stata qualcosa di memorabile, c’era la musica de Il gladiatore e la gente ci acclamava, il primo come l’ultimo, c’era tanto calore nel pubblico come se a correre fossero loro”.Impresso nella memoria dell’avvocato atleta anche l’arrivo, come primo classificato per la sua categoria: “Sono arrivato al traguardo al centro di Chamonix, era tardissimo, le gambe non le sentivo più, erano rigidissime, ho attraversato due ali di folla, mi sembrava di vivere le Olimpiadi, una sensazione unica”.
Ora che il tenace astigiano ha vinto due battaglie, la sua sfida personale e quella sportiva, (aggiudicandosi un campanaccio come coppa, un buono acquisto considerevole per abbigliamento sportivo e un giubbotto di marca), sarà davvero difficile distrarlo dal prossimo obiettivo, l’impresa del 2012, ovvero la terza ed ultima tappa dell’Ultra Trail, 166 chilometri attorno al Monte Bianco da percorrere in meno di 3 giorni. 

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