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Vincenzo Gioanola – Intervista di Nico Ivaldi

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Vincenzo Gioanola da molti anni crea e insegna il cinema d’animazione

Intervista di Nico Ivaldi


cover-luglio-agosto12Se dice che di professione fa l’animatore, rischia di essere scambiato per uno di quei tizi dal sorriso a ottantasei denti che organizzano i corsi di balli caraibici o i tornei di beach-volley nei villaggi-vacanza all-inclusive. O, forse peggio, il boy-scout ormai cresciuto che porta i ragazzi della parrocchia a fare i campi in Val Varaita o magari alla Pellerina: tanto, per star seduti in cerchio e raccontarsi delle storie, basta anche solo uno spelacchiato prato di periferia.
Con Vincenzo Gioanola – cinquantasette anni, casalese di nascita ma torinese di adozione – non si corrono di questi rischi, perché la sua animazione consiste nel “muovere” figure e disegni al ritmo della musica. In buona sostanza, lui si occupa di cinema d’animazione e da molti anni insegna questa disciplina a bambini e ragazzi, dalle materne al liceo artistico, dal Centro Sperimentale di Cinematografia all’Istituto Europeo di Design.
Caro Maestro, ai tuoi tempi chi voleva fare questo mestiere sognava di diventare come Walt Disney o Hanna & Barbera. Tu no; t’ispiravi al meno conosciuto regista canadese Norman McLaren. 
Ero affascinato da McLaren perché faceva animazione con pochissimi mezzi, disegnando direttamente sulla pellicola. Sono sempre esistiti sentieri paralleli in cui animatori, artisti e sperimentatori facevano cose molto strane e poco commerciali e che non si vedevano da nessuna parte, se non in certi festival di cinema d’animazione. Ecco, a me piaceva ispirarmi a loro”.
Tieni ancora corsi di disegno su pellicola?

Certo, anche se ormai ho poco da dire con la pellicolaCon il tempo mi sono ‘convertito’ al computer, è certamente più comodo ma meno soddisfacente”.
Cosa consigli ad un giovane che vuole lavorare nel campo del cinema d’animazione?

Di essere motivatissimo perché è un lavoro noioso all’infinito, ripetitivo, ci va un sacco di pazienza e se non sei appassionato ti rompi subito. Lavori sulle dimensioni del fotogramma, 35 millimetri, quindi hai dei limiti, non puoi fare cose troppo complicate, ma cose simboliche, con pochi particolari, sei obbligato a sintetizzare. Il vantaggio è che il disegno su pellicola fa effetto perché, lavorando nel molto piccolo, quando vedi le immagini proiettate al massimo sullo schermo è una cosa che stupisce sempre. È un modo di fare film che secondo me non è mai superato dalla tecnologia”.
Oggi poi che il 3D imperversa…
Io, per scelta personale, ho deciso di non occuparmene. È molto complesso e richiede un costante aggiornamento. Ci sono ragazzini molto bravi a realizzare film d’animazione in 3DPer loro è sicuramente più facile cimentarsi che non per il sottoscritto”.
Come hai cominciato la tua attività?
Negli anni ‘70 facevo parte della Compagnia del Bagatto, portavamo in giro per le scuole i nostri spettacoli. Proprio lì ho cominciato a fare animazione con una cinepresa super8 con i bimbi delle elementari”.
Perché hai smesso di fare l’attore?
Nonostante mi piacesse e ci campassi, ho deciso di occuparmi solo di cinema d’animazione. In seguito, con alcuni amici, abbiamo fondato la compagnia Lanterna Magica. Abbiamo prodotto Russian Roulette, 9 secondi e mezzo e alcuni film promozionali, poi le nostre strade si sono divise alla fine degli anni Ottanta ed io ho cominciato a realizzare film per conto mio. Con Dobradolska Hora ho partecipato al Festival di Berlino, vinto quell’anno da Bruno Bozzetto con Mister Tao”.
Ti definisci un artista?
No, non riesco, anche perché non sono ancora riuscito a capire chi è l’artista. Di solito l’artista è colui che fa delle cose strane guadagnando poco. Forse è il mio caso”.
Ti piace lavorare con i bambini?
Moltissimo. Fin quando sono molto piccoli, sono dei veri artisti. Appena cominciano a essere influenzati, copiano quello che vedono, la tv e i fumetti li rovinano”.
Come funziona la didattica?
Con le maestre concordiamo un tema adatto – per esempio il cuore – e su quello cominciamo a lavorare, usando le voci dei bambini come colonna sonora per raccontare la storia”.
Ben altre motivazioni hanno gli studenti del corso di animazione del Centro Sperimentale di Cinematografia che da quest’anno ha sede, a Torino, in via Durandi 10, e di cui Gioanola è uno dei docenti.
È un corso triennale aperto al massimo a diciotto studenti all’anno, italiani e stranieri. I nostri diplomati al 90% trovano lavoro, però non in Italia, ma in Belgio, in Francia, in Germania, in Inghilterra, in Irlanda, paesi dove la tradizione del cinema d’animazione è più diffusa. In Italia invece è tutto fermo, nonostante abbiamo una grande tradizione di disegnatori”.
I nomi li conosciamo tutti: Bruno Bozzetto (West and SodaAllegro non troppo e la serie del signor Rossi) Osvaldo Cavandoli (quello della Lagostina), Guido Manuli (creatore di Donna Rosa, Cavallino Michele e Jonny Bassotto) e il duo Giulio Gianini-Emanuele Luzzati.Perché è così affascinante il cinema d’animazione?
Perché è una disciplina artistica che ne racchiude tante altre: la musica, la pittura, la danza, il cinema. È ancora più complesso del cinema, si può leggere a diversi livelli”.
Lavori sempre con la musica, immagino, visto che la musica è componente fondamentale del cinema d’animazione?
Sì, certo, anche perché io parallelamente mi diletto anche di musica”.
Cosa suoni?
La ghironda e l’organetto. In un’altra vita suonavo in un gruppo che si chiamava La Lionetta, facevamo musica folk piemontese, occitana, francese. Avevamo un discreto successo. Ancora adesso ogni tanto suono con amici. Certo, da buon animatore ho un orecchio particolare per la musica riguardo ai film, perché i due canali, quello auditivo e quello visivo, devono viaggiare parallelamente. E s’influenzano l’uno con l’altro e dunque la colonna sonora è molto importante per il mio lavoro. Tengo molto a questo aspetto, quello sonoro, che spesso viene sottovalutato”.
Esiste una musica più adatta per il film d’animazione?
Dipende dal film. Tra quelli che ho fatto io disegnando su pellicola, partivo da una musica che m’ispirava e sopra incollavo il film, dunque illustravo quella canzone e quella musica. Per il mio primo film su pellicola, Boogie, avevo utilizzato l’omonimo brano di Paolo Conte. Comunque non esiste un genere più adatto di altri per musicare film. Vanno bene anche la classica, il jazz, dipende dal soggetto”.
Nel 2008 Vincenzo Gioanola ha insegnato cinema d’animazione ai bambini della città cinese di Jin-Long, su proposta dell’associazione Action Aid.
È stata un’esperienza entusiasmante. Ho lavorato con bambini di campagna, commoventi nel loro desiderio di apprendere. Jin-Long si trova in una realtà molto diversa rispetto, per esempio, a Pechino. Che ho visitato e cordialmente odiato. In seguito sono andato in India a visitare scuole animazione. L’India è un paese molto avanti rispetto a noi, anche in quella disciplina artistica”.
Hai prodotto anche lungometraggi?
No, perché per me la lunghezza ideale è quella del corto, cinque minuti, dieci al massimo. Tra un corto e un lungo c’è la stessa differenza che passa tra scrivere un racconto e scrivere un romanzo”.
Lavori pronti?
Ho qualche soggetto nel cassetto, però purtroppo se i soggetti non li prendi in mano entro un certo periodo, ammuffiscono e dopo un po’ perdono d’interesse”.
Quanto ci metti a realizzare un corto su pellicola?
Da un mese a un anno, dipende. Per animare Figth da Faida di Frankie HI-NRG, una canzone molto impegnata contro la guerra e la mafia, ci ho messo un anno”.
Mai pensato di fare qualcosa su Torino?
In passato ho prodotto Cosmopolitan, sigla del Festival Cinema Giovani”.
Qual è l’aspetto più faticoso del tuo lavoro?
Fare il giurato nei festival internazionali, ore e ore chiuso in sala a vedere film, quando esci sei proprio rimbambito”.
A cosa stai lavorando?
Premesso che la mancanza di finanziamenti ha colpito pesantemente anche il mio settore, attualmente sto realizzando dei book-trailer, animazione con dei libri illustrati. Sono in contatto con case editrici di libri per ragazzi”.

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