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Palafitte e ricetto – di Valentina Roberto

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I tesori di Viverone fra lago e collina

di Valentina Roberto

Arroccato sulla collina, quasi a voler scrutare il lago dall’alto, tra vigneti e stradine assolate, il ricetto di Viverone è viverone-3   imponente, evoca quasi un timore reverenziale. Sarà per il patrimonio di affreschi della sua cappella votiva sarà per la sua storia di edificio voluto e realizzato dalla popolazione locale nel lontano 1405 per costruirsi una vita dopo gli eventi bellici, fatto sta che questa preziosa struttura sulla sommità della serra morenica biellese è ancora oggi fuori degli itinerari turistici della zona: il lago, alcune centinaia di metri più in basso, richiama molti più visitatori.
Il ricetto, invece, è per chi cerca di qualcosa di nuovo, non si arrende di fronte a stradine che si arrampicano verso il cielo, vie che possono essere percorse in macchina, ma molto più affascinanti se attraversate a piedi con la possibilità di incrociare ancora qualche contadino con carri di fieno al seguito. Quasi di sorpresa, e per incanto, appena superata la cima della collina che porta verso il lago di Bertignano, proseguendo per via Al Monte si arriva a una cerchia muraria da cui affiora una torre quadrata, l’unica rimasta delle quattro esistenti in un tempo lontano e la cui funzione era conservare e proteggere i prodotti agricoli e il vino. Poi d’improvviso, accostando il muraglione di pietra a strapiombo, si arriva di fronte a una terrazza affacciata sul blu del lago: sopra, l’azzurro del cielo; dietro, il verde dei prati che va a cozzare con gli sporgenti muri di pietra a vista, caratteristica saliente dell’antico edificio. Tutt’intorno, case ritornate agli splendori di un tempo. 
Le cantine delle abitazioni, infatti, erano e sono parte integrante del ricetto: ogni famiglia ne possedeva una per poter conservare le vettovaglie e ora se ne contano a decine, tutte arricchite con volte a crociera. Ma in una di esse c’è qualcosa di più, in quanto si cela un percorso segreto: in un angolo della crota si trova un pozzo, con pietre a vista e profondo trecento metri. In questo buco nero e freddo, dicono gli anziani del luogo, si nasconde un lungo cunicolo che porta fino al castello di Roppolo. Difficile dire se sia leggenda o realtà, ma è bello lasciar vagare l’immaginazione e pensare che da qui, da una piccola cantina dell’antico nucleo abitativo, nasca una strada segreta sconosciuta ai più e utilizzata per sconfiggere l’esercito di Facino Cane, condottiero che agli inizi del Quattrocento combatté contro i Savoia e gli Acaia per conto del marchese Teodoro II del Monferrato. 

Una storia, quella del ricetto di Viverone, che nutre la speranza di essere tramandata ai posteri in quanto il luogo è da poco diventato punto di riferimento per i pellegrini della via Francigena. Questi ultimi, facendo tappa nel piccolo borgo biellese, potranno scegliere tra i tesori della collina e quelli del lago, ovvero le preziose palafitte divenute nel luglio del 2011 patrimonio dell’Unesco.  Il villaggio palafitticolo di Viverone è stato ritenuto il più interessante tra i circa mille siti disseminati tra Svizzera, Austria, Francia, Germania, Slovenia e Italia, tutti composti dai resti di insediamenti preistorici databili tra il 5000 e il 500 a.C.
Grazie alla notevole quantità ed importanza dei risultati scientifici ottenuti, spiega Marica Venturino della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte, le palafitte di Viverone sono state inserite nel patrimonio Unesco in quanto restituiscono un quadro preciso e dettagliato delle prime comunità in Europa e, in particolare, i reperti trovati sotto il lago offrono una precisa immagine dello spaccato della vita quotidiana, delle pratiche agricole, dell’allevamento degli animali domestici e delle innovazioni tecnologiche dell’epoca. L’arco temporale di 4000 anni, coperto dalla serie, coincide con una delle fasi più importanti della storia recente dell’umanità: la nascita delle società moderne”. 
Viverone ha così contribuito, con le sue palafitte nascoste a decine di metri di profondità, a dare un apporto importante per comprendere come vivevano le popolazioni di un tempo lontano. “Tutto questo è stato possibile grazie alla dendrocronologia, tecnica di datazione basata sugli anelli di accrescimento degli alberi,conclude Marica Venturino, che permette di datare con precisione gli elementi architettonici in legno consentendo di analizzare in dettaglio l’organizzazione spaziale interna dei villaggi preistorici lungo un ampio arco cronologico. I siti palafitticoli di Viverone rappresentano le migliori fonti archeologiche di cui al momento si dispone per conoscere le culture preistoriche e, non a caso, è stato proprio questo piccolo borgo biellese il luogo di studio prescelto per approfondire la conoscenza delle popolazioni che qui, centinaia di anni addietro, si insediarono”.
La via Francigena lambisce le acque del lago con le sue palafitte mentre un’altra stradina s’arrampica verso la terrazza di Viverone e il ricetto. I pellegrini, i turisti e i semplici amanti della cultura così potranno scegliere in quale antichità immergersi.  

Questo articolo ha ricevuto una menzione speciale alla V edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Cultura e Ambiente
N.B.: Le immagini che corredano questo articolo sono tratte dalla rete

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