Orlando Manfredi sul Cammino di Santiago de Compostela
di Michela Damasco
Quasi ottocento chilometri in una quarantina di giorni, rigorosamente a piedi. E, se la dimensione del camminatore può permettere una visione che ricorda un po’ il concetto filosofico di “ecceità” inteso come disordinata configurazione del mondo in un momento irripetibile, senza gerarchie tra sfondo e primo piano, tra grande e piccolo, ciò può valere a maggior ragione se il Cammino è quello di Santiago de Compostela e c’è chi lo intraprende nell’ottica di un pellegrinaggio artistico e culturale.
L’idea è nata per motivazioni e impulsi diversi” spiega. “In un momento in cui è molto frequente la parola “crisi”, anche in ambito culturale, ho pensato di sparigliare le carte, cambiando le modalità progettuali e operative e decidendo di calarmi in un flusso di persone particolari, con un certo modo d’intendere il cammino”.
Da Saint Jean Pied de Port (Roncisvalle), sui Pirenei, a Santiago de Compostela, in effetti, di persone se ne possono incontrare tante, accomunate dalla capacità di portare lungo quei chilometri una certa densità e intensità. Il Cammino accoglie e guida infatti i passi di fedeli e laici, uomini e donne, esploratori ed esuli, ognuno con la propria strada da comporre ma al tempo stesso pronto al confronto e all’incontro. Spinto dalla necessità di abbandonare il superfluo, attrezzarsi di molte domande e ritrovare l’indispensabile, Orlando Manfredi ha intrapreso un pellegrinaggio esistenziale e artistico, per re-imparare a camminare e muovere nuovi passi, dando vita, come si legge nel suo sito, a un “progetto culturale-mediale 3.0, con una vocazione social ambivalente: rispetto all’incontro con ipellegrini e rispetto alle modalità di diffusione dei contenuti, tentando una fusione tra contenuti reali ed estetici”. La sfida lanciata e dichiarata fin dall’inizio era quella di comporre un disco, in tempo reale, tappa dopo tappa, nutrendosi di luoghi e incontri.
Tra gennaio e febbraio di quest’anno, poi, la decisione di partire: “In tutto, ho avuto sei mesi per organizzami, con tempi strettissimi, concentrandomi solo su quello. Forse il progetto avrebbe avuto bisogno di un anno, ma volevo che mantenesse la sua urgenza in tutti gli ambiti e sono riuscito a rispettare i tempi che avevo pronosticato”. Munito di iphone con tastiera collegabile tramite bluetooth, di registratore e di una chitarra minuscola incastrata nello zaino (“sulla quale ho scritto ‘Questa macchina non uccide nessuno’, ispirandomi al ‘Questa macchina uccide i fascisti’ che Woody Guthrie aveva scritto sulla sua chitarra”), Orlando si è messo in cammino raccontando l’esperienza con parole, foto e video sul suo sito, su facebook e su twitter. Non senza difficoltà: oltre a prevedibili problemi di connessione, “in un paio di occasioni ho dovuto barare” ammette sorridendo. “Un giorno, per via di una tendinite, ho dovuto prendere un taxi per andare all’ospedale di Burgos, poi, per arrivare in tempo in Galizia dove dovevo incontrare Stefano Roggero, fotografo di scena e amico, sono ricorso all’aiuto di un pullman”.
Orlando è rientrato a Torino con un bagaglio più pesante, contenente non solo incontri di ogni tipo e “un’esperienza che non può non sembrarti decisiva quando la stai vivendo, con la sensazione di poter essere più preparato nel futuro”, ma anche alcune canzoni preparate durante il viaggio e tanti spunti da elaborare. L’ha sintetizzato bene con un post su facebook del 24 agosto scorso: “Lo sanno tutti quelli appena reduci dal Cammino. Dopo l’ultimo metro, non hai ancora finito (e forse non finirai mai). Devi ripercorrere i passi, mettere assieme i pezzi del puzzle, trovare le parole per dire certe cose o cancellare le parole che stanno per imprigionare certe cose. Devi respirarci dentro. Così come il Cammino ha fatto respirare te”.
Al momento, da parole e note sono sfociate sette canzoni: faranno parte del disco, in cui “dovranno essercene almeno altre sette”.
Info
www.fromorlandotosantiago.com – www.duemanosinistra.com