Il Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia è l’unico del suo genere in Italia e accoglie oltre diecimila visitatori l’anno
intervista di Nico Ivaldi
Pochi (o comunque meno di quelli che dovrebbero essere) sanno che da dieci anni le sale di Palazzo Barolo ospitano il Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia (Musli).
Ed è un vero peccato per almeno tre motivi. Primo, perché in Italia è l’unico museo del genere (l’autolesionistica Torino, secondo tradizione ormai consolidata, si guarda bene dal pubblicizzarlo). Secondo, perché è un museo davvero bello e curioso, cucito su misura per grandi e piccoli. Terzo motivo, ma non ultimo per importanza, perché bisogna rendere merito al Presidente della Fondazione Tancredi di Barolo e Direttore del Museo, il professor Pompeo Vagliani, che, tra mille difficoltà, ne ha promosso la nascita.
Professore, è il caso di stappare una bottiglia di spumante per festeggiare questo decimo anniversario?
“Certo, soprattutto se ripenso a tutto il grande lavoro che è stato fatto perché il museo crescesse” dice aprendoci le porte di questa bellissima dimora patrizia costruita alla fine del Seicento. Palazzo Barolo è il luogo dovei marchesi Giulia e Tancredi avevano promosso, nella prima metà dell’Ottocento, iniziative di carattere pedagogico, accanto a quelle assistenzialie di protezione dell’infanzia e dell’adolescenza.
Pompeo Vagliani, origini liguri, è un uomo distinto, parla a voce bassa e fatica a contenere davanti al cronista l’emozione di raccontare la storia del Museo. Studioso e collezionista di materiali scolastici, in tutta una vita Vagliani ha raccolto dodicimila pezzi: libri, giochi, illustrazioni originali, materiale didattico dal Settecento agli anni Sessanta. E poi ha deciso di donarli alla Fondazione Tancredi di Barolo per farne un museo.
L’idea vincente alla base dell’istituzione è stata quella di avere unito insieme i due percorsi: storia del libro per l’infanzia (il più recente) e storia della scuola.
“E dovranno sempre rimanere insieme, aggiunge Vagliani, perché tutti e due hanno la funzione sia educativa sia di sviluppo della creatività”.
“Ogni anno riceviamo diecimila visitatori, soprattutto scolaresche” spiega Vagliani. “Vengono dal Piemonte, dalla Lombardia, dalla Liguria, qualcuna dalla Francia. Il Museo è più conosciuto attraverso il passaparola delle scuole che non attraverso le campagne pubblicitarie. Dopo il Museo Egizio e quello del Cinema, il nostro è il terzo museo visitato dagli studenti: decisamente un grande onore”.
Come vi gestite in tempi di crisi?
“Per ogni nuovo progetto, che sia l’inaugurazione di una nuova sezione o di una mostra, riceviamo contributi pubblici e privati. Nessuno però ci aiuta nella gestione complessiva ordinaria. Noi non abbiamo dipendenti fissi, ma persone che lavorano con contratti a tempo, come le guide. Ogni fine anno non riusciamo mai a sapere se quello successivo avremo un contributo. Purtroppo dobbiamo vivere alla giornata”.
Non vi resta che il volontariato…
“Lo so bene, io che da sempre faccio volontariato culturale, dunque per me non sarebbe una novità. Però un giorno o l’altro bisognerà mettersi davanti a un tavolo con le istituzioni e decidere quale futuro dare al Musli”.
Il percorso espositivo occupa quattro sale al piano terra (scuola) e tre nel seminterrato di Palazzo Barolo (libro per l’infanzia).
Il percorso scuola è un tuffo emozionante nell’Ottocento: nell’Aula ai tempi di Cuore è stato perfino ricostruito l’ambiente delle scuole di tardo Ottocento. Gli ambienti sono di altezza e dimensione contenuta, ma di aspetto suggestivo.
“Non ci siamo fatti mancare nulla” spiega con un sorriso il professor Vagliani guidandoci in questo viaggio meraviglioso. “Dai banchi rinvenuti nelle soffitte del Palazzo Barolo alla lavagna, dalle cartelle alla stufa in ghisa, dalle carte geografiche alle pareti ai ritratti del Re, al crocifisso, ai cartelloni relativi al sistema metrico-decimale, dall’armadio ai tabelloni didattici”.
L’importanza del libro Cuore è ben documentata nella sala: vi sono esposte un’edizione con firma autografa di Edmondo De Amicis e la prima edizione illustrata del 1891, mentre la figura dello scrittore è ricordata in diverse stampe caricaturali. In una nicchia è perfino evocata la libreria di Stardi, uno dei protagonisti di Cuore, accanito bibliofilo.
Dopo l’omaggio doveroso a Silvio Pellico (il quale, di ritorno dallo Spielberg, fu ospitato per vent’anni a Palazzo Barolo, dove lavorò come bibliotecario) salendo al secondo piano giungiamo nella Camera dei Bambini. “Questi ambienti evocano il momento del ritorno a casa dopo la scuola e l’eterno contrasto tra fare i compiti e giocare, tra il dovere e il piacere”.
Nell’angolo dello studio sono esposti: penne, calamai, quaderni e testi scolastici. In quello del divertimento, giocattoli. Per le bambine, bambole di carta da ritagliare e giochi che ricordano le incombenze domestiche; per i maschietti, soldatini, cavallini di legno, trottole, lanterne magiche e piccoli teatrini.
Ma ecco la prima incursione della modernità: una lavagna magica, che ricorda una vecchia lavagna di ardesia con i gessetti, nasconde una moderna postazione informatizzata che consente di navigare in alcuni multimediali realizzati dal Museo. È una delle scommesse vinte da Vagliani,
“Le nuove tecnologie aiutano i ragazzi. Far convivere computer e banchi di scuola ottocenteschi permette di rielaborare in modo divertente e creativo gli stimoli raccolti”.
Saliamo ancora per visitare le sale dedicate al Mutuo Insegnamento e alle Sale d’Asilo e di Scuola del primo Novecento. La sala d’asilo ricostruisce il metodo educativo del pedagogista tedesco Froebel, fondatore dei Giardini d’Infanzia, che propugnava lo sviluppo delle energie del bambino facendo perno sul gioco.
Il professor Vagliani è un grande appassionato di libri per l’infanzia, che per definizione sono libri illustrati. Lo diceva anche la Alice di Lewis Carroll, prima di iniziare il suo viaggio nel paese delle meraviglie: “A cosa serve un libro senza illustrazioni e senza dialoghi?”
Vagliani ne ha raccolti di tutti i tipi e da ogni luogo. Rendendo omaggio al Museo ma anche alla città di Torino. Spiega: “Torino ha avuto un ruolo importantissimo nell’ambito dell’editoria per l’infanzia: autori, editori, traduttori e
illustrato hanno contribuito alla fabbrica del libro per ragazzi e del libro scolastico. I nomi? Rosemberg&Sellier, Frassinelli (che ha pubblicato, su autorizzazione di Walt Disney, due volumetti con le storie di Topolino realizzati a cura di Franco Antonicelli con la traduzione di Cesare Pavese), e poi Viglongo, Paravia, Petrini, Lattes, Tallone”.
Nella sala detta Cantuccio dei bambini si vuole evidenziare il ruolo centrale del libro per ragazzi con gli altri media: dischi, radio, cinema, televisione. L’allestimento propone vetrine con libri (dal Mago di Oz al Corsaro Nero, da Gian Burrasca a Orzowei), manifesti cinematografici, disegni originali, fotografie, cofanetti con dischi.
La Sala dei Libri animati – l’ultima – è forse quella che fa divertire di più il professor Vagliani.
“I libri animati sono veri e propri antesignani della multimedialità” spiega, giocando con il mouse del Mac per far muovere alcune figure. “Questa esposizione è di stimolo per i nostri laboratori didattici”.
Ma le sorprese del Museo (e dello splendido palazzo che lo ospita) non sono ancora finite. Scendendo nel suggestivo spazio seminterrato, con le volte originali di mattoni a vista, si accede alla Fabbrica del Libro, dove il visitatore fa la conoscenza con l’hardware di fine Ottocento e primo Novecento: macchine da stampa, taglierine, cassettiere con caratteri. Qui aveva sede la Tipografia Eredi Botta, diventata stamperia del Parlamento, dei Ministeri e di numerose istituzioni pubbliche.
“L’espansione dell’attività e il conseguente potenziamento dei macchinari comportarono un aumento del personale fino a 60 persone e nel 1885 l’estensione degli spazi a ben 49 locali, tra cantine, ammezzati e stanzoni” spiega Vagliani. “Quando nel 1903 la tipografia si trasferì in via del Carmine, la sua attività era ormai ridotta, e alla fine degli anni Venti chiuse i battenti”.
Tra tante ricchezze domandiamo al professor Vagliani quale sia il pezzo forte del Museo.
“Forse la prima edizione italiana di Alice nel Paese delle Meraviglie pubblicata da Loescher nel 1872. È la terza traduzione al mondo ed è proprio Carroll che si indirizza direttamente a Loescher, già allora ritenuto particolarmente affidabile. È un volume rarissimo, stampato in 250-300 copie, non vendette niente perché anomalo. L’autore stesso voleva ritirarlo dal mercato. Poi c’è una copertina del 1927 di Enrico Paulucci per la rivista per bambini “Cuordoro”. E Allegro Zio Bertoldo di Mario Sturani, un libro-gioco in cui si possono assemblare personaggi mescolando testa, corpo e gambe. La cosa terribile è che l’idea venne all’autore dalla guerra, dai corpi smembrati dai bombardamenti”.
Una di queste ricchezze su cui punta molto Vagliani sono i frequentatissimi laboratori, soprattutto Scriviamo in bella scrittura, dove i ragazzi, seduti su banchi d’epoca e alle prese con pennini, calamai, inchiostro e carta assorbente, si trasformano in perfetti alunni del passato.
Poi magari, usciti dal Museo, riprenderanno a smanettare sul loro iPhone e a mettere post su Facebook, ma questa è un’altra storia.
Fondazione Tancredi di Barolo
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MUSLI – Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia
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