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Aria buona e buona impresa – di Valeria Bugni

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Il progetto di Borgata Valliera

di Valeria Bugni

Il settore agroalimentare, considerato maturo da tempo, si rivela oggi sempre più innovativo per quanto riguarda processi di trasformazione, tecniche colturali e pratiche di allevamento. Non è un caso che a livello europeo sia stata coniata l’accezione di “agricoltura multifunzionale”, una rivisitazione del concetto tradizionale che presuppone un’agricoltura pronta ad offrire servizi aggiuntivi rispetto alla propria attività principale. In questo ambito, alla base delle maggiori best practices sono presenti diversi fattori concomitanti: la crescente domanda di qualità del prodotto, l’importanza della sostenibilità ambientale nella produzione di beni e servizi e la necessità di regolamenti precisi come disciplinari, certificazioni, marchi, norme di igiene e sicurezza, che impongono un’elevata formalizzazione dei processi. 
Tutto ciò comporta uno sforzo notevole per il mondo contadino, al quale è richiesto un cambiamento culturale non indifferente. D’altro canto però, esistono già molte imprese agricole dinamiche, gestite da giovani, da donne, e sempre più si riscontrano iniziative di agricoltura sociale, di didattica e di filiera corta, che danno luogo ad uno sviluppo locale diversificato. Inoltre, il radicamento territoriale rappresenta un elemento cruciale per l’integrazione tra attività agricola e attori locali. Oggi il territorio offre ancora risorse notevoli per innovare nel settore: tipicità, tradizioni ed identità sociale, ad esempio. I prodotti agroalimentari di qualità si configurano, quindi, come un potenziale caposaldo per l’economia italiana, grazie all’opportunità d’instaurare rapporti economici con l’industria di trasformazione, con il settore commerciale e con il sistema turistico.
valliera-1 In un’Italia attanagliata da una crisi feroce, con un’agricoltura caratterizzata sì da squilibri territoriali, ma anche da radici storiche, culturali ed identitarie consistenti, non mancano le iniziative coraggiose in materia. Proprio di questo infatti, si sta occupando un manipolo di imprenditori di origine langarola che ha preso d’assalto un’area incontaminata situata nella parte occidentale della provincia cuneese, la Val Grana. Questa zona è stata definita come “svantaggiata” dal Piano di Sviluppo Rurale della Regione Piemonte 2007-2013, elemento che rende ancora più importante l’intenzione del progetto imprenditoriale, finalizzato a valorizzare e tutelare questo territorio che, stretto tra le valli Maira e Stura, è da sempre sinonimo di natura e patrimonio paesaggistico. Con una morfologia tipicamente prealpina, è un susseguirsi di fitti boschi, pascoli, dolci declivi e costoni rocciosi. La valle inoltre fa parte dei territori dell’Occitania, ragion per cui è caratterizzata da una forte identità culturale, storica e religiosa. E da una peculiare tradizione gastronomica. Basti pensare al formaggio Castelmagno Dop, qui prodotto sin dal Medioevo, alle erbe officinali, al miele, ai piccoli frutti… 
Partendo da un connubio enogastronomico di spicco, vino e formaggio, e dalla volontà di rivitalizzare antiche borgate montane, alcuni imprenditori di Alba hanno deciso, nel 2007, di unire le proprie forze in un progetto comune che rappresentasse una concretizzazione di un’idea e, al contempo, una sfida personale. Così nel 2011 nasce la Società Agricola Valliera, di cui fanno parte dieci soci, tra i quali sei produttori di vino (Barolo e Barbaresco Docg) e quattro liberi professionisti. La società, operante nell’omonima borgata del comune di Castelmagno, a 1507 metri sul livello del mare, in un ambiente dove le costruzioni hanno saputo rimanere fedeli al paesaggio circostante, ha avviato un piano di recupero di casolari, pascoli e alpeggi. La borgata ha infatti sofferto, negli anni, del grave degrado causato dall’abbandono delle montagne. 
Per avere le idee più chiare sul caso, sono bastate una fitta chiacchierata con Elisa Fantino, giovane imprenditrice vitivinicola rappresentante legale della società, ed una visita estiva in loco, su su per l’impervia stradicciola che giunge ad una manciata di case in pietra, dalle quali si possono ammirare pascoli, alpeggi, ed un panorama mozzafiato. Qui lavora instancabilmente la giovane Ilaria Tomatis, impeccabile e scrupolosa casara diplomata all’Istituto Lattiero Caseario di Moretta, con orari e ritmi davvero lungi dai choosy o dai bamboccioni che, in fondo, sanno tanto di luogo comune.
Così, nel 2010 s’iniziano le opere di restauro di quei casolari abbandonati e che sono stati trasformati in un albergo diffuso con tanto di connessione wi-fi e un laboratorio caseario. Successivamente, con l’acquisto di una ventina di vacche da latte, comincia la produzione di formaggio d’alpeggio, molto simile al Castelmagno ma che in via sperimentale, è nato con la denominazione di Unico di Valliera. Tutte le circa 190 forme prodotte nel 2011 sono state  vendute. Il 2012 ha visto un incremento della produzione, grazie all’acquisto di nuovi capi (da 20 si è passati a 150) in collaborazione con altre aziende presenti sul territorio (La Meiro srl, capostipite del Presidio Castelmagno Slow Food, e la società agricola semplice Chandarfei, di recente costituzione). Si sono così create le prime reti d’impresa tra produttori. 
La produzione del 2012 si attesta a 200 forme circa di Unico di Valliera e 500 forme di Castelmagno d’alpeggio Dop certificato. La società gode di canali di vendita particolarmente privilegiati, vista la stretta correlazione del formaggio con i vini di altissima fascia quali il Barolo ed il Barbaresco, che garantiscono una cospicua clientela fidelizzata, nonché piuttosto elitaria. Già si esporta in Germania, e ci sono nuove mire verso Stati Uniti, Russia e Brasile.
Nel corso del 2012 la s.a. Valliera è stata premiata con la Bandiera Verde della Cia per il suo progetto, e si sono sviluppate solide reti con altri imprenditori in loco: acquistando capi di bestiame in comune, coltivando piccoli frutti, erbe officinali ed installando apicolture, ad esempio; così facendo è possibile sostenersi reciprocamente, ampliare le rispettive attività e portare ricadute positive per tutta la valle.
Dal 2007 ad oggi i progressi sono stati tanti. “E non sempre abbiamo avuto vita facile”, commenta Elisa. Spesso ci si scontra con una mentalità locale refrattaria alle novità che la società Valliera intende promuovere, forse per i soliti timori che accomunano i popoli “dimenticati” da tempo, che temono di passare in secondo piano rispetto all’arrivo di forestieri. “Tra i nostri obiettivi principali c’è quello di reinvestire i proventi nel restauro di altri casolari, rinnovando così l’immagine della Valle che diventerebbe più attraente per potenziali turisti, con la possibilità di creare nuove posti di lavoro e ripopolare la valle”
Che dire, in bocca al lupo! “E che il lupo stia lontano dalle mucche, soprattutto!”.

Questo articolo ha vinto ex aequo la VI edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Economia e Artigianato

 

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