Vi sorgeva la Paramatti, ora il cuore di Settimo è, letteralmente, la sintesi della storia e della vocazione innovatrice della città
di Viviana Vicario
A sette chilometri dalla metropoli piemontese c’è una città dinamica e produttiva. I suoi stessi abitanti, consapevoli della volontà che Settimo Torinese ha di costruire il futuro, la rispettano e s’impegnano ogni giorno, perché il seme dell’innovazione proliferi in un territorio che, da sempre, ne è fertile.
Ma è piazza Campidoglio ad aggiudicarsi il primato assoluto d’innovazione targata Settimo Torinese. Questa piazza è ora il centro nevralgico della vita sociale e della cultura settimese, rappresentata da “Archimede”, una fra le biblioteche multimediali più innovative d’Italia.
Essa accoglie in silenzio le risate di bambini, che nelle giornate estive giocano a rincorrersi; offre un muretto dove sedersi agli avidi di cultura che, usciti dalla biblioteca, hanno fretta di tuffarsi nella lettura del nuovo libro appena preso in prestito; riflette le ombre lunghe degli innamorati di diverse generazioni, che passeggiano mano nella mano sul finire del giorno.
Piazza Campidoglio fa da sfondo a queste poetiche immagini di vita quotidiana. Non proprio lo stesso sfondo percepito dagli occhi dell’osservatore d’inizio Novecento, di fronte ai quali sbuffava il fumo della famosa ciminiera della Paramatti, e i suoi operai andavano e venivano in un ritmo frenetico, con viso e corpo consumati dal duro lavoro quotidiano. Era una fabbrica innovativa. Fondata nel 1849, la Paramatti è al centro di una storia di vite legate dal destino, e ricucite dallo stesso.
In un’atmosfera scandita dal ticchettio di un orologio, il cortometraggio inizia con un viaggio in locomotiva, che segna l’immaginario arrivo dei soci nella Settimo dei giorni nostri, intenzionati a ritrovare la loro fabbrica. I due soci dialogano con Giulia e Federica, gemelle e figlie di Enzo Filippone.
“Scusi, stiamo cercando Borgata Campidoglio” chiede Annibale Paramatti a Federica.
“Beh, in effetti questa è piazza Campidoglio” risponde lei.
L’origine di questa affermazione risiede nella lunga storia della fabbrica. Si trovava in Borgo Campidoglio, a Torino, e portava il nome dei due soci “Ratti & Paramatti”. A causa del nuovo piano regolatore d’ampliamento imposto dal Comune di Torino nel 1882, la fabbrica si sarebbe dovuta trasferire oltre le mura della città. La Paramatti resistette nella borgata il più possibile, ma agli inizi del Novecento, arrivò il momento di lasciare la città in espansione. Nel 1913 fu inaugurato a Settimo il nuovo stabilimento in quella piazza che ora porta il nome di borgata in cui affondavano le radici della Paramatti.
Il filmato continua e le gemelle mostrano ai due storici imprenditori con quale cura dei dettagli il padre, l’architetto Filippone, ha preservato la storia della Paramatti. Alcune tracce inconfondibili ne sono la testimonianza: i mattoni della ciminiera sono stati utilizzati per costruire la biblioteca Archimede; le colonne che sorreggono gli edifici progettati da Filippone, invece, sono identiche a quelle che un tempo si trovavano all’interno dello stabilimento.
Fu proprio davanti alla sua piazza Campidoglio che l’architetto, quando ormai non ci fu più nulla da fare, cadde e posò le sue mani a terra, gli occhi rivolti verso la piazza. Il genio settimese riuscì a vedere finito soltanto il 70% della piazza, in quanto venne a mancare il 29 marzo 2010.
Le ultime scene di La nascita di una piazza sfilano davanti agli occhi dello spettatore, emozionato alla vista della targa commemorativa mostrata dalle due figlie e posta in onore di Enzo Filippone in piazza Campidoglio.
Scolpite nella pietra si leggono le parole con cui Settimo ha deciso di portarsi Enzo nel cuore: “…e qui si fermarono le mie mani”.