La pittura di Guglielmo Meltzeid
di Tamara Cucchiara
“La mia pittura è viva e diversa ogni giorno ogni ora ogni minuto come tu ogni giorno ogni ora ogni minuto “devi” vederla. Io non presento un’opera, la espongo. Io non dipingo un quadro, lo dispongo. Io non impongo uno stato, lo propongo”.
Propone, non impone. Lui, Guglielmo Meltzeid, nasce a Pianezza il 2 febbraio del 1941 da padre ungherese e madre italiana. Pittore figurativo autodidatta, ha il potere d’imprigionare lo sguardo del pubblico grazie ad un linguaggio immediato, d’impronta grafica.
Lo stile pittorico che usa è solo suo. Sono quarantacinque anni che dipinge usando la figurazione come comunicazione istantanea perché l”a figurazione viene capita da tutti, compresi i bambini e, quando capiscono i bambini, capiscono tutti”. È questo il modo di esprimersi di Meltzeid, un modo che arriva dalla pubblicità, una comunicazione dove i messaggi che tramanda, come nel mondo pubblicitario, fa avvertire agli spettatori dei bisogni, ed il pittore, cerca in qualche modo di colmarli, di donare un conforto, suggerendo un senso di ottimismo e di pace, partendo dai dettagli. “Se ti soffermi su un dettaglio di un ritratto, spiega l’artista, riesci ad immaginarti tutto il viso. È il dettaglio a suggerisce il resto”.
Una pittura neorealista, dove Meltzeid utilizza solamente i tre colori fondamentali, giallo, rosso e blu, creando un’articolazione armonica tra tutte le parti che compongono il quadro. “Con questi colori ottieni tutto quello che vuoi. Ogni parte dei miei quadri è costituito dai tre colori. Non si vedrà mai bianco bianco nei miei quadri. Dove ti serve il bianco, ti serve sempre un po’ di giallo un po’ di rosso un po’ di blu. Ed anche in quello che potrebbe sembrare nero, di nero non ce n’è”.
Sono campiture realizzate solamente con i colori acrilici perché sono opachi e asciugano in fretta. Meltzeid non sfuma e non termina, proprio perché l’intento è far terminare i dipinti con gli occhi degli spettatori. Sono questi ultimi a riuscire a vedere i rilievi che l’artista non ha fatto.
La sua pittura è guidata dalle emozioni, ed ha come obiettivo far coincidere l’arte con la vita quotidiana, cercando la reale fisionomia delle cose che dipinge, legandole sempre a una felicità della pittura dove la chiave di lettura è improntata sulla speranza e sull’ottimismo. “I miei dipinti sono la storia della mia vita, racconta. “Un quadro che ho fatto recentemente è un piatto con delle ciliegie. L’ho realizzato perché quel giorno avevo comprato delle ciliegie ed erano veramente buone! Una stupidaggine, che però è diventato un quadro. Anche quando faccio un fiore, di solito un metro per un metro, realizzo proprio il monumento del fiore. Perché il fiore lo concepisco come la natura che si veste a festa, pronta a rigenerarsi. Noi siamo la natura. Il fiore è la vita che continua, ed io la rendo protagonista. Quando invece dipingo un ritratto cerco di ricreare ovviamente la somiglianza fisica, ma soprattutto mi concentro sulla persona, sul carattere. È in quel momento che decido se realizzare solo il viso o il mezzo busto o la figura intera”.
Meltzeid ama dipingere qualsiasi cosa lo emozioni, senza soffermarsi sul “cosa”, e lo fa una sola volta, senza mai ripetere un quadro. “Quando qualcuno ti dice “lui è il pittore dei cavalli” vuol dire che si era limitato a dipingere i cavalli. Io ho sempre rifiutato i mercanti, che fanno vendere ma ti condizionano la produzione, spiega. “Se tu sei riconosciuto per quello che fai, non come lo fai, sei condizionato. Se invece sei riconosciuto per come lo fai, quello è il tuo stile. Solo così sarai riconosciuto. E io dal mio stile non mi sono più liberato. Così riesco a dipingerti di tutto, dalla gallina al neonato. Ogni quadro è la prima volta che lo realizzo, quindi per me ogni quadro è una sfida, e voglio metterci tutto me stesso”.
I quadri che dipinge sono tutti figli suoi. “Quando decisi che questa mia passione sarebbe diventata una professione mi sono detto che avrei dovuto accettare che tutto ciò che creavo sarebbe dovuto essere messo in vendita. Non tenere nascosto nulla per me. Ciò che realizzo è a disposizione di tutti perché altrimenti non avrei venduto mai niente. Ogni quadro sono dieci giorni della mia vita, tutti sono un’emozione”.
Non tenendo nulla per sé, i suoi quadri sono arrivati lontano. In quarantacinque anni di attività ha fatto più di duecentocinquanta personali, in tutto il mondo. Nel 1969 è a Parigi alla storica Galerie Duncan in Rue de Seine. L’anno successivo espone a New York, Philadelphia, Washington, Hartford, Baltimora.
Nel 1971 dipinge la tela dedicata al corridore Nino Farina, ora esposta nella sede dell’Automobile Club di Torino. Nel 1973 firma il primo modello di Suzuki RV 90 importato in Italia. L’esemplare viene presentato alla Fiera di Milano e poi installato nel palazzo della sede della Suzuki, in Giappone. Nel 1983 inizia la collaborazione con l’Unicef con una grande mostra a Roma, alla Castelluccia. Nello stesso anno il suo dipinto diviene il simbolo del Congresso dei Delegati Mondiali dell’Unicef.
Nel 1985 espone, su invito dell’Associazione Francese Bilan de L’Art Contemporaine a Dallas. L’anno successivo esegue la tela per il Convento dei Padri Francescani di Baccanello, raffigurante Papa Giovanni XXIII benedicente. Nel 1987 conosce Ronald Reagan e dipinge il ritratto della First Lady Nancy. Nel 1989 espone al Centre Pompidou e dal 1990 ha un proprio spazio espositivo a Portofino e uno a Santa Margherita Ligure.
Nel 1994 apre uno studio a New York e l’anno successivo vince a Seattle il primo premio all’Artdex International per il miglior messaggio culturale dell’anno con l’opera Insieme per vincere. Nel 1996 espone come ospite d’onore all’Università Hofstra di New York.
Nel 1998 torna ed esporre a Torino dopo quindici anni, nel cinquecentesco Palazzo Scaglia di Verrua. “Di esposizioni ne faccio ancora oggi, tendenzialmente vado dove mi chiamano. La settimana scorsa ho fatto una mostra a Condove. Dalla casa Bianca a Condove” sorride. “La settimana prima ho esposto a Savigliano. A fine settimana sarò a Santa Margherita Ligure e la prossima a Milano. A Punta del Este, in Uruguay, prossimamente s’inaugurerà con i miei quadri una galleria importante. La professione è un passo dopo l’altro”.
Mostre ovunque ma Meltzeid continua a vivere e ad essere legato a Pianezza. “La differenza è che quando sono a Pianezza sono Guglielmo, quando sono in giro nel mondo sono il Maestro. La prima volta che sono andato negli USA è uscito un articolo su un giornale locale dal titolo “Guglielmo va in America”. Vivere a Pianezza è bellissimo perché vuol dire vivere in provincia, e ti arricchisce”.
Questo articolo ha ricevuto una menzione alla IX edizione del Premio Piemonte Mese, sezione Cultura