Lo scopritore/inventore della nitroglicerina era in realtà sinceramente votato al bene dell’umanità
di Gabriella Bernardi
Tutto ebbe inizio con un gran botto. Ne seguì ovviamente un grande spavento e ci furono anche due feriti, non gravi per fortuna, ma notevolmente impressionati del potere di quelle piccole gocce. E in quel momento, si può dire che scoprirono la nitroglicerina e assistettero alla nascita della futura industria degli esplosivi.
Certo, se si pensa alla dinamite viene subito in mente Alfred Nobel, ma se si legge nitroglicerina quanti conoscono la targa sotto i portici di Via Po a Torino che ricorda il chimico dell’Ottocento che la scoprì? Ascanio Sobrero, appunto, uno dei due testimoni presenti a quella esplosione. Come rivelano le sue memorie, in laboratorio si rese conto immediatamente della potenza esplosiva della scoperta e ne fu profondamente turbato: ”Volli decomporne una goccia in un tubo di vetro: una detonazione ridusse in polvere il tubo sicché più nulla non me ne rimase fra le dita, alle quali provai una violentissima commozione. Molte schegge di vetro mi ferirono la mano ed il viso: un mio amico che era presente ed a più d’un metro di distanza ne ebbe il viso ferito in più luoghi.
Quali siano le possibili applicazioni di questo corpo liquido detonante, non si può ancora presumere”.
Oltre alla chimica, Sobrero nella sua lunga carriera si interessò di acque, della produzione del ghiaccio, dell’inquinamento, di agricoltura… ma andiamo con ordine.
Originario del Monferrato, nacque nel 1812 a Casale Monferrato nel giorno, neanche a farlo apposta, di un’altra scoperta, il 12 ottobre. Famiglia di notabili di Cavallermaggiore – una nipote avrebbe sposato Giovanni Giolitti – padre medico che divenne segretario della Regia Università. Insomma, la via pareva già segnata.
Sobrero, infatti, si laureò in medicina nel 1832 e tre anni dopo presentò una tesi di 160 pagine, molto apprezzata in Italia e all’estero, sui nervi, le loro funzioni e le caratteristiche patologiche. Purtroppo non servì a ottenere il desiderato titolo di “Dottore aggregato all’Università di Torino” e questo iniziale insuccesso diede una svolta decisiva alla sua carriera, portandolo verso la chimica e quindi alla sintetizzazione della nitroglicerina. Supportato da altri scienziati, fra cui lo zio, Carlo Raffaello, direttore del laboratorio chimico dell’Arsenale di Torino, e un altro chimico, Vittorio Michelotti, accantonò la medicina per dedicarsi completamente alla chimica.
A 28 anni, dato che l’ambiente di ricerca torinese non era particolarmente vivace, andò a Parigi nel laboratorio di Théophile Pelouze e poi a Giessen in Germania, in quello di Justus von Liebig, noto per la legge che porta il suo nome, ma soprattutto come inventore del dado da brodo.
Durante la permanenza parigina Sobrero indirizzò i suoi studi verso l’acido nitrico e i suoi effetti sui diversi corpi organici. Tornato in patria frequentò il laboratorio dello zio e assunse l’incarico di assistente alla cattedra di Chimica generale e docente di Chimica presso la Scuola di Meccanica e Chimica applicata alle Arti.
Furono anni molto proficui, e nel 1846 scoprì la nitromannite, un nuovo esplosivo che si presentava meno pericoloso da fabbricare, da conservare e da manipolare rispetto al fulminato di mercurio.
Ma le sue scoperte non terminano qui: nello stesso anno scoprì analoghe proprietà nello zucchero di canna nitrico, o saccarosio fulminante, che nel 1874 Nobel chiamò Vixorite.
Ancora più esplosivo, letteralmente, fu l’anno successivo, quando Sobrero sintetizzò la piroglicerina, che poi chiamò nitroglicerina, il più potente di tutti gli esplosivi. A febbraio di quell’anno presentò all’Accademia delle Scienze di Torino un campione di ben 300 grammi, facendo notare le difficoltà dell’uso, mostrando cosa succedeva a battere col martello solo alcune gocce messe su un’incudine.
L’industria degli esplosivi inizia la sua corsa.
Sobrero considerava le sue ricerche soprattutto utili all’industria, pensando ad applicazioni non militari come l’apertura di gallerie o di canali e la demolizione di ostacoli. In più, in quanto medico per formazione e sofferente di cuore e di disturbi circolatori, intuì una possibile applicazione medica del composto. Infatti ancor oggi la nitroglicerina è usata per trattare l’angina pectoris. Sempre rimando in campo medico nel 1851 creò l’idrato di pirrolo, successivamente rinominato Sobrerolo in suo onore, usato come stimolante respiratorio.
Sobrero non sembrava molto interessato al miglioramento della manipolazione dell’esplosivo appena scoperto, ma c’era chi lo era: Alfred Nobel, sotto l’indicazione del padre Emanuel, fabbricante d’armi, trovò il modo di imbrigliarne il potere esplosivo miscelandola con polvere inerte, creando la dinamite e poi la balistite, ancora più potente della polvere nera. Si arricchì, ma rimase riconoscente nei confronti dello scopritore piemontese, tanto da versargli una pensione vitalizia come ringraziamento. E nella sua villa di Sanremo, dove morì, è ancora conservata l’ampolla con il campione della scoperta di Sobrero assieme ad un suo busto marmoreo.
Però Sobrero non ammise mai di aver inventato mezzi di distruzione e fino alla sua morte avvenuta nel 1882 ribadì che “non è il mezzo usato dall’uomo al servizio della sua cattiveria da Caino in poi” da condannare, ma la cattiveria stessa dell’animo umano.
L’anno successivo alla scoperta della nitroglicerina, Sobrero insegnò chimica all’Università di Torino e dal 1860 al 1882 insegnò alla Scuola di Applicazione per Ingegneri. Divenne membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze e si dedicò anche allo studio delle acque minerali, in particolare alle fonti di Montecatini.
Soprattutto studiò la produzione del ghiaccio, e nei suoi scritti sottolinea la necessità di “possedere ghiaccio in tutte le stagioni per conservare cibi e mitigare la temperatura del corpo. Le esperienze di questi ultimi quarant’anni, dacché fummo visitati dal colera, hanno evidenziato la necessità di avere ghiaccio da somministrare abbondantemente agli infermi di questa tristissima malattia”. Tuttavia rilevò anche che “i cibi congelati, allorquando disgelano, si trovano tutti scomposti, né possono conservarsi siccome tali e si guastano tosto, perché le cellule che contengono gli umori vegetali sono alterate e rotte”. E mise in guardia i futuri ingegneri sulle conseguenze del gelo: “Se voi ricoprite un muro con una arricciatura di malta e calce e, se dopo l’operazione sopravviene il gelo, vedrete nella primavera questa arricciatura staccarsi e cadere. Ecco perché i muratori, durante l’inverno, vanno cauti a compiere certi lavori”.
Nel 1872 divenne presidente della Real Accademia di Agricoltura. Durante una perdurante siccità fece notare l’importanza della rotazione delle colture agrarie, l’utilizzo della solforazione delle viti e il miglioramento degli attrezzi agricoli.
In un’epoca non certo sensibile alle tematiche ambientali, non gli sfuggirono le conseguenze delle lavorazioni industriali. Scrisse infatti: “Nei corsi d’acqua, nei quali la macerazione della canapa si pratica muoiono tutti gli animali acquatici e ciò per l’acido solfidrico che proviene dalla putrefazione e per il diluirsi nelle acque di quel principio narcotico che caratterizza le piante del genere cannabis. Dopo il periodo di macerazione i torrenti non hanno più pesci e se non si corre ai ripari a poco servono le restrizioni alla pesca e gli incoraggiamenti alla piscicoltura. Inoltre, le infiltrazioni avvelenano le acque dei pozzi, che si arricchiscono di germi di crittogame, con danno per la salute umana”. E sempre ricordandosi di essere un medico mise in evidenza la contaminazione del sottosuolo provocata dall’infiltrazione degli oltre quattromila pozzi neri presenti a Torino, a scapito della falda idrica.
Insomma, l’inventore del più potente degli esplosivi fu in effetti uno scienziato che lavorò sempre pensando al miglioramento e non alla distruzione dell’umanità.