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L’ostrica meccanica e le sue cinque perle – di Gianluca Bussi

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Torino e i Subsonica

di Gianluca Bussi

Torino è una città unica, ci si trovano tutte le peculiarità della cultura piemontese. Ma quando si pensa a Torino, non si pensa immediatamente al movimento culturale che si è mosso nel suo sottobosco.
Ci si appella alle tradizioni, ai dogmi di una cultura che invece è profondamente cambiata. Quale migliore indicatore di questa metamorfosi sociale se non la musica, che esprime la voglia di scrollarsi di dosso la nomea di città serva della famiglia più potente d’Italia.
Nel 1996 tutti i rimpianti di una generazione che sembrava aver perso il senso della parola “cambiamento” presero il nome di Samuel, Boosta, Max, Ninja e PierFunk. Questi cinque figli di Torino fondarono i Subsonica, una delle principali band italiane che in vent’anni di attività ha avuto la maggior costanza e la grande capacità di sapersi sempre rinnovare.
Non è importante la storia personale di questa band, non è importante essere a conoscenza di tutti i nomi dei loro album, tantomeno di come siano riusciti ad arrivare a riempire costantemente i palazzetti di tutta Italia, è importante capire il messaggio che i Subsonica ormai da due decenni riescono a trasmettere all’interno delle loro canzoni.
La band torinese ha un minimo comune denominatore: i membri fondatori del gruppo sono nati agli inizi degli anni Settanta (a parte Davide Dileo, nato nel 1963). Questo dato pone l’accento su come tutti i membri della band abbiano vissuto il culmine del sommovimento sociale che irradiò Torino durante gli anniOttanta e Novanta dello scorso millennio, e all’interno dei loro testi è letteralmente percepibile.
L’energia, la foga e la voglia di abbattere ogni tipo di frontiera emotiva e concettuale hanno permesso ai Subsonica di racchiudere le ambizioni, il cambiamento, il grido di libertà, la forza di una nuova filosofia all’interno di un determinato numero di accordi e campionamenti da poter riprodurre attraverso un microfono e un sintetizzatore.
Lo scontro, la paura di un amore automatico, la voglia di affrontare delle tematiche profonde e complicate come la dipendenza dalle droghe, la depressione e la serializzazione delle emozioni ha permesso a Samuel e compagni di diventare uno dei punti di riferimento della musica italiana. Questo messaggio però arriva dal profondo.
Ciascun componente è segnato da storie personali alcune volte complicate, alcune volte serene e collaudate, ed è proprio per questo motivo che i magnifici cinque del panorama musicale piemontese sono lo specchio perfetto di quello che voleva dire vivere a Torino e in Piemonte durante la grande esplosione culturale che la città ha registrato all’inizio degli anni Novanta.
L’amore tra il pubblico e i Subsonica fu immediatamente folgorante.
Dopo le prime esibizioni nei club che stavano nascendo nel sottobosco torinese, ci furono gli anni della ribalta mediatica, le partecipazioni a Sanremo e i grandi palcoscenici in Italia e in Europa.
Il messaggio che si riesce a percepire nelle parole recitate da Samuel sono la perfetta sintesi di una società che sta ribollendo, che ha permesso a Torino di diventare una delle capitali della movida italiana, e alla vita notturna di evolversi costantemente anche grazie all’incredibile proliferare d’iniziative e di comunità, venutosi a creare dopo questo movimento multiculturale che ha travolto Torino.
I Subsonica sono solamente uno, anchese forse il migliore, esempio di cosa si nasconda dietro alla serializzazione di Mirafiori, di cosa si riesca a muovere sotto la Mole, di come una città che nasce dalla fecondazione industriale di massa del dopoguerra possa crescere in maniera diversa: ringraziando i propri genitori ma riuscendo ad intraprendere una strada coraggiosa e ricca di cambiamento.
Subsonica nasce dalle parole “Subacqueo” e “Sonica”: qualcosa che si muove sotto la superfice, ma alla velocità del suono. Poteva esistere una migliore bandiera per definire le emozioni delle generazioni post industrializzazione che era nata a Torino all’inizio degli anni Settanta?
La musica è l’anima di una comunità, qualsiasi comunità. I Subsonica sono una delle migliori perle uscite dall’ostrica piemontese, che rappresenta cosa voglia dire “vivere a Torino”, che permette di respirare con le loro canzoni l’aria che solo a Torino è possibile respirare.
Probabilmente chi non apprezza la musica dei Subsonica riesce con fatica a entrare all’interno di questo dualismo che si è creato tra il gruppo musicale e la città stessa, ma oltre alla pura emotività sono presenti i dati che tentano di aiutare chi non riesce a comprendere questo legame.
Durante il tour invernale della band nel dicembre del 2015 fu messa in programma una sola tappa a Torino. Dopo pochi giorni dall’annuncio diventarono due. Alla fine ne fecero tre.
Tre date. Tutte consecutive. Tutte sold out dopo 20 anni di attività.
Che cosa rappresenta meglio una comunità, se non l’amore incondizionato verso gli artisti chela rappresentano?

Questo articolo ha ricevuto una menzione alla IX edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Cultura

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