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Borghi alpini, una nuova vita è possibile: parola di Uncem Piemonte – di Alessandra Leo

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Borghi alpini, una nuova vita è possibile ed auspicabile: parola di Uncem Piemonte

di Alessandra Leo

Il Piemonte di cui spesso tanto si parla nel mondo non è che la verdeggiante terra delle Langhe, del buon vino e dei prodotti gastronomici di alta qualità. Eppure sono molte altre le aree in cerca della propria voce: ad esempio i borghi alpini, che da sempre paiono relegati ai margini dell’offerta turistica. È stato a Restructura, la fiera dedicata ai temi della riqualificazione, del recupero e della ristrutturazione tenutasi all’Oval dal 24 al 27 novembre 2016, che questi comuni montani hanno manifestato la loro volontà di emergere.
Portabandiera delle terre alte è l’Uncem Piemonte, che durante l’ultima giornata della manifestazione ha affrontato l’argomento in una conferenza dal titolo emblematico: “Borghi alpini, una rivitalizzazione è possibile – Ripartire dagli spazi liberi per rigenerare il territorio”.
L’Unione Nazionale delle Comunità e degli Enti Montani, un vero e proprio “sindacato del territorio montano”, da sessant’anni si occupa di coordinare le attività delle borgate montane e degli enti con lo scopo di promuovere lo sviluppo socio-economico di tali territori. Ma non solo. Paola Vercellotti, vicepresidente dell’associazione, evidenzia l’importanza di rendere agevoli (ed agibili) tali territori anche per i residenti: “Lottiamo per contrastare l’abbandono e l’incuria di queste aree, in cui spesso i principali servizi non raggiungono una qualità sufficiente. Coadiuvati dai GAL-Gruppi Azione Locale, dalla Regione Piemonte e dalle province cerchiamo di attirare investitori privati e rendere la qualità della vita equiparabile a quella della metropoli”.
Servizi di trasporto non sufficienti, mancanza di reti wireless, scarsa efficacia della rete dati, riscaldamento difficilmente fruibile, acquedotti e fognature di bassa efficienza, e altro ancora. Sono elementi che incidono negativamente sull’attrattiva di questi territori, tanto che gli stessi abitanti tendono ad abbandonarli. Emblematico è il caso di Bourcet, in Val Chisone: conta un singolo abitante. Sono Alessandra Milanese e Marta Terrando, laureate in architettura, a raccontare la storia di questa semisconosciuta frazione di Roure: “L’unico abitante di Bourcet si autosostenta dedicandosi all’agricoltura. È tipico delle comunità locali, dove abbondano frumento, ortaggi, orzo e segale. Le principali opportunità lavorative sono costituite dalle miniere presenti nella zona”. Uno stile di vita eccessivamente minimalista, che oltre a non generare ricchezza rende improduttivi i cosiddetti “spazi liberi”, che tanto potrebbero fruttare all’economia del Piemonte.
Cosa si intende per “spazio libero”? Questo e molto altro domandiamo a Marco Bussone, anch’egli vicepresidente dell’Uncem. “Gli antropologi ci raccontano di come nelle aree rurali e montane esistano questi cosiddetti “spazi liberi”, ossia territori dalle enormi potenzialità e facilmente adibibili alla sperimentazione. È un’importante peculiarità di queste zone: le città sono molto spesso già sature di idee, di proposte, di opportunità. Ritagliarsi un posto tra le maglie di un simile tessuto può risultare difficoltoso e stressante. Uno spazio non è esclusivamente un luogo tangibile, ma anche astratto, in cui prendono vita nuove forme culturali. È facile capire come in simili spazi possa essere agevole sviluppare nuove imprese. Sono tele bianche, tutte da dipingere”.
Quali sono le principali resistenze che gli imprenditori possono riscontrare nell’investire capitali in un territorio montano?
La principale problematica è la scarsa snellezza della burocrazia. Come Uncem Piemonte abbiamo il compito a semplificare le varie procedure che tanto spesso scoraggiano gli investitori: rappresentiamo ben 553 Comuni montani del Piemonte, a loro volta raggruppati in 56 unioni montane di Comuni. Siamo i loro portavoce a livello regionale, presso gli organi competenti per l’esame dei provvedimenti di interesse montano. Dobbiamo essere noi ad attrarre i capitali mettendo in atto un’operazione di sburocratizzazione”.
La montagna viene spesso demonizzata dall’industria del turismo a causa delle sue barriere architettoniche.
Ciò è naturale, è un fattore geologico! Certo, le strutture recettive devono essere adeguatamente attrezzate ad accogliere le categorie protette, ma determinate barriere sono inevitabili. La flessibilità da parte dei fruitori del servizio gioca un ruolo molto importante. Tuttavia è indispensabile rimanere sempre aggiornati sulle norme vigenti, e soprattutto rispettarle, alla fine di offrire un prodotto turistico migliore. Ne va della rispettabilità della località stessa”.
Quali sono altri punti di forza del territorio montano rispetto a quello metropolitano?
Non solo gli spazi liberi. Le borgate creano un nuovo tipo di turismo, un turismo smart, veloce. Questa tipologia di turismo intelligente mira ad un contatto mordi e fuggi con il territorio, senza contaminarne così l’autenticità. I villeggianti non soggiornano qui per lunghi periodi, vi restano solo qualche giorno, ma abbastanza per scoprire le bellezze uniche delle nostre vallate e apprezzarne l’artigianato, le tradizioni, le feste patronali. Ed anche i prodotti autoctoni, orgoglio di piccoli e medi impresari locali”.
Attirare risorse pubbliche e private, stimolare la comunicazione, generare un marketing territoriale e creare dei brand unici nel loro genere. La riqualificazione dei borghi dimenticati è possibile e può generare nuovo sviluppo economico, grazie sia a interventi pubblici (con i finanziamenti europei ad esempio) sia privati, a beneficio di tutto il Piemonte.
Rendere competitivi i piccoli paesi aumenta il senso di comunità, quella pulsione innata che spinge l’uomo a salvaguardare i valori, gli usi e costumi della propria cultura: ecco il valore aggiunto che rende i borghi alpini così appetibili per i capitali degli investitori, senza scordare il plus di un ambiente salutare per lo corpo e per la mente, oltre che per il portafogli. A rendersene conto è stata anche la Regione Piemonte che, su iniziativa dell’assessore Giorgio Ferrero, grazie al Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 ha stanziato 15 milioni di euro al fine di dare nuova vita agli agricoltori di montagna e alle porzioni di territorio da loro curati.
Queste terre custodiscono ingenti risorse ambientali, agrarie, forestali, idriche e paesaggistiche; ma sono al contempo fragili e bisognose di tutela, hanno le potenzialità di contribuire alla ricchezza ed al benessere nazionale. Una tutela che un paese come l’Italia, tramite l’azione dei suoi enti regionali, non può permettersi di non garantire.

Questo articolo ha ricevuto il terzo premio alla X edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Economia, Turismo, Ambiente

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