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Vivi gli animali: la fattoria in cui nessuno è più uguale degli altri – di Federica Vivarelli

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A Collegno un rifugio per gli animali scampati ai maltrattamenti o al macello

di Federica Vivarelli

Ci son due mucche, tre maiali, cinque pecore, due piccoli agnellini, non manca più nessuno.
A parte l’asinello che vive con i cavalli, il toro che gironzola tranquillo e i gatti che si appisolano all’ombra. Per non parlare delle galline, pronte a controllare chi entra e chi esce. Nessun remake di filastrocca in vista: sono semplicemente gli abitanti di una fattoria alquanto speciale. “Ci stupisce vedere degli animali così protagonisti perché solitamente li vediamo come un oggetto, sottolinea Michele Suma, presidente dell’associazione “Vivi gli animali onlus”, e quindi legati a un nostro tornaconto: devono stare alle nostre regole, devono darci il latte, devono essere domati. Qui invece gli animali sono liberi di tornare al loro stato di natura”.
Ed è esattamente così: nella grande fattoria a Collegno, in strada Possasso, gli unici abitanti sono gli animali.
Passeggiano, giocano, si rotolano per terra. Sono liberi di brucare dove vogliono, di fare ciò che desiderano. Gli umani sono gli intrusi, e in maniera volontaria si limitano a pulire, giocare con loro e preparare piatti succulenti da mangiare. Alzi la mano a chi non è venuta in mente un’altra fattoria, quella di George Orwell: in questa storia dalle forti metafore politiche, un gruppo di animali riesce a sfuggire al padrone, per vivere in comunità. Salvo poi ricreare la stessa gerarchia anche tra di loro.
A capo di tutto si ritrovano i maiali, mentre in realtà qui a Collegno “i maiali sono gli animali più coccoloni”, racconta Cristina, volontaria da novembre. “Betty, la femminuccia, è sempre pronta ad accogliere a pancia all’aria chi passa, per farsi grattare un po’. Poi c’è Fred che canta sempre, e gira contento pensando di essere apprezzato per i suoi concerti. E poi Pippo, che non si vuole rassegnare al fatto di essere a dieta”.
Gli animali infatti sono liberi, ma sono comunque controllati: la veterinaria ha appena finito la visita settimanale. Stanno tutti bene, a parte Susy la gallina che sembra un po’ debilitata. Le è stata prescritta una cura ricostituente: un integratore, un po’ d’uovo sodo.
La giornata-tipo qui? Sveglia al mattino presto, poi vita libera fuori. Al tramonto, si ritorna a dormire. Ciascuno è libero di brucare l’erba fresca o il fieno dove preferisce. Le pappe sono preparate dai volontari. É quasi ora di cena, e tra i volontari c’è un viavai di pentole e piatti da lavare o preparare. Cristina in questo momento sta preparando il menu dei maiali: un bel pentolone ciascuno con verdure fresche di stagione. “A Pippo per esempio non piacciono le carote, mentre tutti sono ghiotti di frutta”.
Se stupisce il modo in cui vivono questi animali, dovrebbe colpire ancora di più il perché sono qui: “Difficile fare un elenco, ma le loro vite sono tutte legate da un fil rouge che è quello della violenza e dei maltrattamenti”, racconta Michele Suma. Quando questi animali sono arrivati qui non avevano idea di cosa significasse vivere senza essere legati tutto il giorno in un minuscolo spazio a disposizione, o subire maltrattamenti fisici perché non rispettavano le regole”.
Le mucche sono in sequestro giudiziario dai proprietari, i tre maiali sono stati presi da una situazione terribile: erano piccoli, e quando sono stati salvati dai Nas cercavano ancora di ciucciare il latte dalla mamma morta di stenti. L’unico fine dei proprietari era l’accoppiamento per la vendita. Stessa storia anche per il toro e per i cavalli.
Anche le galline hanno visto la luce del sole solo quando è intervenuta l’associazione: ora sono belle, pasciute e piene di piume ma “quando sono arrivate qui la loro situazione era ben diversa. E purtroppo non tutte ce l’hanno fatta”, continua Michele. “Sappiamo di essere solo una goccia nel mare, ma vogliamo essere d’esempio per una vita migliore. Il problema è che non ci chiediamo più cosa ci sia dietro un bell’esercizio da vedere al circo o allo zoo, o dietro una confezione di carne al supermercato. Avrei potuto affiggere qui delle foto di questi animali quando sono stati salvati dalle forze dell’ordine prima di essere consegnati a noi. Ma ho preferito tenere semplicemente queste”, e indica degli anelli di ferro attaccati al muro in quella che era la vecchia stalla quando la fattoria veniva utilizzata dagli umani. Sono tanti questi anelli, quindici da una parte e quindici dall’altra su una parete di qualche metro appena, e delimitavano lo spazio destinato alle mucche. Difficile immaginarsi come potessero starci, se non una stipata sull’altra.
L’idea di una fattoria completamente dedicata agli animali “ce l’avevo da tempo, così come sin da bambino avevo dentro di me un profondo rispetto per gli animali, continua Michele Suma, così inizialmente mi ritrovo a collaborare con il canile di questa zona”. E poi arriva una sorpresa inaspettata: una signora lascia all’associazione l’eredità di questa fattoria posta tra la tangenziale e il cimitero, composta da una vecchia casa padronale e diversi ettari di terreno immersi nella tranquillità. Qui nessuno si lamenta dei canti del maiale o del gallo. Il posto è ormai attivo da cinque anni e a segnare il tempo che passa c’è Ben, l’agnello: “La fattoria non era ancora pronta ma eravamo riusciti a salvare Ben da una mattanza di Pasqua, così per i primi tempi l’ho accolto in casa mia. Ora è un po’ la nostra mascotte, il simbolo di quanto fatto finora”, continua il presidente.
Gli animali arrivano alla fattoria su segnalazione delle forze dell’ordine, oppure ceduti dagli stessi proprietari: vengono salvati così dal macello quando sono troppo vecchi o non rendono abbastanza. I costi per la gestione delle loro vite sono possibili grazie ai volontari: c’è chi contribuisce con il proprio tempo, per pulire le postazioni o raccogliere l’erba. Chi con un’offerta, anche durante gli aperitivi di conoscenza che vengono organizzati alla fattoria. “Quando gli animali arrivano qui l’inserimento è naturalmente graduale: spesso perché in preda a stati emotivi di paura e terrore, o per dare a loro e agli altri il tempo di conoscersi e capire che ciascuno manterrà il proprio spazio vitale”.
Succede così che il toro stia insieme alle pecore e alle galline. O che l’asinello inizialmente avesse legato con le mucche, “ma evidentemente non dovevano essere molto simpatiche, racconta un volontario, così per caso si ritrova a conoscere i cavalli, e adesso sono inseparabili. Forse si crede anche lui un cavallo”. Gli stessi cavalli sono arrivati a un livello di fiducia fuori dal comune: “È un animale per natura è diffidente. Basta vedere come si addormenta, sempre in piedi. Qui invece per fare ginnastica o per giocare si rotola addirittura per terra”.
Ma soprattutto, sono in grado di vivere insieme: “Siamo noi umani che abbiamo inculcato una cultura dello specismo. Gli ovini da una parte, le ovipare dall’altra”, conclude Suma. Nessun contatto con la natura, se non con l’uomo per fornire latte e carne. Per loro non c’è più neppure la possibilità di curarsi con le piante, perché la loro vita è fatta di gabbie chiuse, di spazi angusti. Noi cerchiamo di ridare la natura alle loro vite”.

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