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Città contemporanee: la sfida di Torino – di Luisa Calderaro

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Cittá contemporanee
la sfida di Torino

di Luisa Calderaro

Mille sfide e cambiamenti per la poliedrica città di Torino, unica meta italiana consigliata dal New York Times nel 2016 e premiata per la sua opera di riqualificazione urbana. Negli ultimi anni il capoluogo piemontese ha dimostrato di essere al passo con i tempi e di avere il coraggio di essere una città contemporanea. Un cambiamento che si nota anche guardando il centro urbano attraverso i suoi palazzi e il suo skyline. Il grattacielo progettato da Renzo Piano che ospita gli uffici di Intesa San Paolo sintetizza il grande cambiamento (amato e criticato al tempo stesso), in atto a Torino e cambia la prospettiva della città. L’edificio svetta come una scheggia di ghiaccio tra gli altri palazzi torinesi, distinguendosi insieme alla Mole Antonelliana per dar vita ad un nuovo suggestivo panorama che unisce antico e moderno. Una scommessa ma anche una sfida quella dell’architetto genovese, convinto che la modernità possa diventare una forma di arricchimento per le città italiane senza oscurarne la storia e i simboli del passato.
Il suo grattacielo o meglio “la Torre”, come preferisce definirla, è uno dei palazzi più green d’Europa ed è stato eletto Building of the Year 2016. Situato in una zona semi-centrale, tra Corso Inghilterra e Corso Vittorio Emanuele, l’edificio alto 166 metri (due in meno rispetto alla Mole Antonelliana), è un edificio all’avanguardia, ha un’alimentazione geotermica, illuminazione a led. Lo stesso architetto lo ha definito “un edificio che respira”, perché consuma pochissima energia; ma soprattutto è una struttura in armonia con l’ambiente circostante: la torre è stata pensata guardando la città e la sua scenografia naturale, le catene montuose che circondano e rendono unica Torino. Proprio guardando quelle montagne innevate, tra le quali svetta il Monviso, l’architetto ha dato vita ad una struttura leggera e luminosa dove si alternano giochi di trasparenza ed elementi innovativi. Le facciate est e ovest sono rivestite con lamelle mobili che creano un cuscinetto termico, garantendo ventilazione in estate e isolamento in inverno. Quella meridionale è coperta da un campo fotovoltaico di circa 1.600 metri quadrati e in cima al grattacielo si trova una serra bioclimatica, un giardino verde con piante rampicanti e arbusti che contribuiscono al mantenimento del clima temperato all’interno e a filtrare la luce proveniente dall’esterno. Da qui si può anche osservare uno splendido panorama della città. L’edificio è un vero e proprio spazio urbano in verticale: oltre agli uffici ospita un auditorium, una sala destinata a mostre d’arte e attività culturali e un ristorante. L’area che si sviluppa intorno all’edificio è facilmente raggiungile e servita dai mezzi pubblici.
Il grattacielo di Piano ci ricorda la sfida che è in atto nelle grandi città italiane che non devono essere pensate come musei imbalsamati nel loro passato, ma come centri urbani in continua trasformazione, pronti a raccogliere anche le sfide architettoniche del futuro, diventando culle contemporanee dove antico e moderno si incontrano e si fondono nel rispetto dell’ambiente circostante.
 Torino negli ultimi anni è riuscita a fare proprio questo: ha saputo rinnovarsi dimostrando mille risorse e capacità. Luogo d’arte e di storia con musei unici come l’Egizio o il nazionale del Cinema all’interno della Mole, culla del barocco, città dell’auto, cuore della pasticceria e cioccolateria, la città ha saputo scommettere anche sulla modernità dimostrando di sapersi rinnovare. Dalla Torre di Renzo Piano – aperta al pubblico e con l’obiettivo di diventare parte integrante della comunità torinese – allo Juventus Stadium, il primo stadio eco-compatibile e privo di barriere architettoniche costruito sulle ceneri dello Stadio delle Alpi, utilizzando tutto il materiale riciclato frutto della demolizione del vecchio impianto. Dal Palaghiaccio costruito in occasione delle Olimpiadi 2006, al Lingotto, sede produttiva della FIAT fino al 1982, oggi polo multifunzionale grazie all’intervento di Renzo Piano.
E poi ci sono i progetti di riqualificazione urbana che uniscono centro e periferie. Perché, come sostiene ancora Piano, la sfida della modernità deve essere accompagnata anche da un lavoro “di rammendo” delle periferie, vero cuore pulsante delle metropoli. Occorre ripartire da qui se si vogliono centri urbani più sostenibili, di qualità e al tempo stesso moderni, innovativi e accoglienti. È nelle periferie che si concentra l’abitare, per questo è importante valorizzarle aumentando il verde e i luoghi di aggregazione. Abbiamo bisogno di città più verdi, capaci di respirare sia in termini fisiologici sia in termini urbanistici, e di riscoprire il contatto con la terra sempre più fragile anche a causa dei cambiamenti climatici.
Torino sta dimostrando di andare proprio in questa direzione. Tra i progetti legati alla riqualificazione urbana c’è il celebre “Number 6” realizzato dal Gruppo Building di Piero Boffa, che ha trasformato lo storico Palazzo Valperga Galleani in un moderno stabile di 36 appartamenti con bassi consumi energetici. E che dire della “Nuvola” di Cino Zucchi nell’area dell’ex Centrale Enel nel quartiere Aurora? Si tratta del “Progetto Lavazza”, che prevede la creazione del nuovo centro direzionale della multinazionale del caffè che sta per cambiare il volto della città tra corso Palermo, via Bologna, via Ancona e via Pisa, ma anche delle strade circostanti, dato che il progetto prevede anche la sistemazione dell’isolato.
C’è poi grande fermento dietro un altro simbolo di Torino, il Motovelodromo di corso Casale, storico circuito intitolato a Fausto Coppi abbandonato da anni, ma ora in fase di rinascita grazie ad un bando che darà in gestione la struttura per sei mesi a chi vincerà il concorso.
Ma il cambiamento che è in atto nella città piemontese parte anche dal basso, coinvolgendo prima di tutto i cittadini, sempre più attenti e sensibili alle tematiche ambientali. Crescono,  ad esempio, i progetti di condivisione come quelli legati agli orti urbani; le iniziative contro lo spreco alimentare come il Last minute market. C’è poi la scommessa lanciata da Pony Zero Emissioni, una realtà che ha preso il via a Torino grazie alla Pony Zero, società nata nel 2013 con l’obiettivo di rivoluzionare il settore delle spedizioni usando la bici, contribuendo a ridurre le emissioni inquinanti della logistica urbana (buona pratica premiata da Legambiente nel 2014). Senza dimenticare l’impegno portato avanti dalla Casa del Quartiere di San Salvario, un laboratorio di idee per un quartiere in trasformazione e quello dei tanti volontari che durante l’edizione 2016 di Terra Madre hanno informato i cittadini sulla raccolta differenziata.
Un cambiamento sociale, in atto nel capoluogo piemontese, che fa ben sperare perché, come diceva Socrate, “il segreto del cambiamento è nel focalizzare tutta l’energia non nel combattere il vecchio ma nel costruire il nuovo”.

Questo articolo ha ricevuto una menzione alla X edizione del Premio Piemonte Mese, sezione Cultura

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