(Piazza) Statuto 1983-2018
Trentacinque anni di contro-cultura nella capitale del mod italiano
di Federica Liparoti
È l’inverno del ’79. Nelle sale italiane esce Quadrophenia, il film diventato cult che consacra sullo schermo la cultura mod. Anzi, lo stile. Perché essere Mod è soprattutto una questione di stile, non solo estetico.
Oltre agli abiti a tre bottoni, ai pantaloni senza pinces, ai parka, c’è la voglia di “vivere pulito in circostanze difficili”, come dice Peter Maeden, il manager degli Who. Quella voglia di “vivere pulito” contagia i giovani italiani. O meglio, torinesi. Così, camminando il sabato pomeriggio negli anni ’80 in Piazza Statuto, cuore del capoluogo piemontese, si ha l’impressione di trovarsi a Londra, in Carnaby Street.
Anche oggi, a distanza di quasi quarant’anni, in piazza si vedono ragazzi in completo, Lambretta e giaccone verde militare. “L’idea di trovarsi proprio lì, racconta Oskar il cantante degli Statuto, il più celebre gruppo mod italiano, è nata perché eravamo tutti minorenni e Piazza Statuto era, allora come oggi, la più semplice da raggiungere con i mezzi pubblici. Poi ha continuato a essere il nostro punto di riferimento. Quattro generazioni di mods si ritrovano ogni sabato in Piazza Statuto”.
Una tradizione che si è radicata nel tempo ed è diventata parte della cultura metropolitana della città. “Non siamo legati a partiti o gruppi religiosi, non ci siamo lasciati sedurre da iniziative commerciali”, continua Oskar. “La nostra libertà attrae i più giovani, anche chi nel ’79 non era nato”.
Perché proprio Torino? “La cultura mod parte dal basso. Torino, in quegli anni come adesso, è una città proletaria. E di Torino parliamo in molte delle nostre canzoni, perché viviamo la strada, viviamo la città”.
Da un lato la metropoli, dall’altro la musica che da trentacinque anni tiene unita questa band, una delle più longeve della musica italiana. “Siamo un gruppo mod”, sottolinea Oskar. “In questi anni siamo passati da dischi più caratterizzati da sonorità ska a suoni più soul, con tanta spontaneità. Siamo soddisfatti di esserci evoluti, rimanendo però fedeli al nostro stile”.
Testi sfrontati, impegnati e ironici, accompagnati da sonorità ska, soul e powerpop: gli Statuto sono una realtà non catalogabile e immediatamente etichettabile nel panorama italiano.
Nati nel 1983, tra le prime band ska a cantare in italiano, dopo un decennio di gavetta passato a suonare soul nei club più underground d’Italia, nel ‘91 vengono scritturati dalla EMI che pubblica il singolo “Qui non c’è il mare” e nel 1992 raggiungono la grande popolarità nazionale grazie alla partecipazione al Festival con il brano “Abbiamo vinto il Festival di Sanremo”. La fama non snatura gli Statuto, che rimangono legatissimi a Torino e per i vent’anni di carriera pubblicano l’antologia I campioni siamo noi devolvendo i proventi dei diritti SIAE al Fondo per i Cassintegrati e Licenziati di Mirafiori.
Quella con la città è una grande storia d’amore che, come ogni storia d’amore, vive anche momenti di tensione. Nel 2004 gli Statuto si auto-esiliano e decidono di non suonare più a Torino, denunciando il boicottaggio da parte di cosiddetti poteri forti della cultura e della musica torinese a causa del loro impegno sociale e politico.
Solo sei anni più tardi, con la partecipazione al Traffic Torino Free Festival nel luglio 2010 alla Reggia di Venaria insieme ai The Specials e a Paul Weller, cominciano un ritorno in grande stile nell’ambiente musicale cittadino.
Oggi la band – composta da Oskar (voce), Naska (batteria), Enrico Bontempi (chitarra), Rudy (basso) e Diego Borotti (sax) – per i trentacinque anni di carriera e il venticinquesimo anniversario dall’uscita di “Zighidà”, ne pubblica una versione rimasterizzata, ma con tre tracce inedite: il nuovo singolo “Noi duri”, la versione di “Abbiamo vinto il festival di Sanremo” con il tenore Romano Doria e featuring Caparezza in “Qui non c’è il mare”. “Zighidà è l’album che ha consegnato la nostra musica grande pubblico, spiega Oskar, portandoci dai locali indipendenti al palco dell’Ariston e del Festivalbar. Il suono è originale, di facile ascolto ma mai banale, semplice ma con ricchi arrangiamenti di fiati e tastiere”.
Dalle canzoni di “Zighidà” si delinea il ritratto di una dimensione urbana che forse oggi a un occhio distratto sembrerebbe essere sparita. Secondo Oskar, invece, nonostante il restyling che l’ha resa più bella, la Torino di oggi non è poi così lontana dalla città di “Qui non c’è il mare”.
“Abbiamo qui la fabbrica più grossa d’occidente, il padrone screanzato e prepotente, grandi piazze dove andiamo a passeggiare e quando arriva agosto e fa un gran caldo e qui non c’è il mare. Abbiamo una collina con le ville dei signori, abbiamo dei quartieri straboccano i bollori, abbiamo un grande stadio dove non si vede niente, e quando a agosto il sole è prepotente” cantavano gli Statuto agli inizi degli anni Novanta e continuano a cantare oggi. “In questi anni Torino è cambiata. La fabbrica più grossa d’occidente non è più il cuore della città, ma c’è un filo rosso che lega i giovani di oggi a quelli di un tempo”, spiega Oskar. “È la voglia di inventarsi qualcosa da fare. Dal rifiuto di una città vissuta come dormitorio della Fiat è nata una spinta creativa che non ha avuto eguali in Italia. È sempre stata una città–laboratorio, che ha precorso i tempi in fatto di musica, di arte e modi di appropriarsi del tempo libero. Oggi è una città a misura di studenti, anche se negli ultimissimi anni noto una regressione. La situazione si è ribaltata: è il lavoro in linea con le aspirazioni dei ragazzi che manca in questa città”.