Dieci anni fa la mostra alla Fondazione Ferrero
di Maria Teresa Vescio
La città di Alba vanta un ricco patrimonio artistico, e numerosi sono i personaggi della cultura italiana a cui ha dato i natali.Tra i suoi cittadini più noti vi sono Beppe Fenoglio e Pinot Gallizio, fautore del movimento artistico Internazionale Situazionista.
Non meno importante la figura diRoberto Longhi, storico dell’arte di fama internazionale, nato ad Alba nel 1890 da una famiglia di origine modenese. Longhi trascorse nella città delle Langhe la sua intera infanzia, per poi trasferirsi a Torino per gli studi, ma ben poco sappiamo di questi anni. La gran parte delle informazioni proviene dagli stralci di suoi scritti e dalla sua raccolta di opere d’arte.
Longhi fu infatti un grande collezionista, oltre che un eccellente studioso. Raccolse alcuni importanti pezzi – si pensi al Ragazzo morso da ramarro di Caravaggio – ora custoditi in quella che un tempo era la sua dimora fiorentina e che oggi è sede della Fondazione che porta il suo nome.
La Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi raccoglie i dipinti, la fototeca e la biblioteca che lo studioso ha donato, per lascito testamentario, alle nuove generazioni. La presidente Mina Gregori, allieva diretta dello storico, ha collaborato con la Fondazione Ferrero di Alba per realizzare la grande mostra tenutasi nella città piemontese tra il 14 ottobre 2007 e il 10 febbraio 2008, con l’obiettivo di far scoprire la grande raccolta del maestro al grande pubblico.
Grazie a questo sodalizio sono state esposti alcuni dei pezzi più significativi della collezione, che hanno consentito di compiere un viaggio nella storia dell’arte dal Duecento fino al secolo scorso. La mostra, dal titolo La Collezione di Roberto Longhi dal Duecento a Caravaggio a Morandi, nella vastità e nella varietà delle opere esposte riflette gli interessi dello studioso e, ancora oggi, costituisce una fonte importante per la conoscenza degli studi longhiani. I giovani storici dell’arte possono rileggerla grazie al ricco catalogo curato da Mina Gregori e Giovanni Romano, edito nel 2007 da L’Artistica Editrice di Savigliano.
L’evento ha avuto anche il merito di dare attenzione al rapporto tra Longhi e la sua città natale, permettendo di delineare l’ancora sfuggente rapporto tra il maestro e la cultura artistica piemontese. Dieci anni fa, attraverso le settantuno opere sapientemente scelte tra quelle della collezione del maestro, è stato possibile evidenziare l’appartenenza dello studioso alla sua cultura d’origine; permettendo di capire come ebbe inizio “il suo irripetibile itinerario di ricercatore, di personalità civilmente impegnata, di docente e di insuperabile conoscitore”, come spiega nell’introduzione del catalogo Bruno Santi, all’epoca soprintendente per il Patrimonio Artistico ed Etnoantropologico per le province di Firenze, Pistoia e Prato.
Alla vista dei pezzi della scuola trecentesca, come il Cristo in pietà di Vitale da Bologna, s’intuisce il legame di Longhi con il patrimonio della sua città. L’amore per i “primitivi”, ovvero i pittori medievali e del primissimo Rinascimento, dovette emergere in lui sin dalla tenera età grazie alla visione della trecentesca Madonna di Barnaba da Modena, con il quale condivideva le origini modenesi, custodita nella chiesa di San Giovanni in cui egli stesso era parrocchiano.
Fu cosi che nel corso degli anni Trenta, trascorsi a Bologna come professore universitario di storia dell’arte medievale e moderna, Longhi iniziò ad approfondire la pittura trecentesca. L’interesse per questa particolare produzione lo condusse non solo ad allestire mostre sull’arte bolognese ma anche a tenerecorsi universitari sull’arte padana del medioevo. Un ampio studio che gli permise di inquadrare il rapporto di Barnaba da Modena con l’artista a lui più prossimo, Vitale da Bologna; e di scoprire quindi, attraverso le suggestioni del patrimonio artistico della sua città, una fase dell’arte all’epoca ancora sconosciuta.
Tra i dipinti esposti nel 2007 risalta il numero di opere di artisti “minori”. Fu probabilmente per le origini provinciali che nacque nel giovanissimo storico l’interesse per le cosiddette “zone periferiche”. Longhi fu infatti un pioniere nello studio dei piccoli centri artistici d’Italia, nel quale applicò lo stesso entusiasmo e la stessa dedizione che riservò all’analisi delle grandi capitali d’arte. Questo emerge già da uno dei suoi primi scritti, dedicato non a caso a Macrino d’Alba e pubblicato nel 1910 sotto pseudonimo. Il testo non è solo uno dei più antichi scritti di Longhi, non ancora laureato, ma anche uno dei primi saggi nati dalla necessità di potenziare la conoscenza della cultura delle piccole aree con il fine, naturalmente, di tutelarle.
Il suo merito fu quello di aver avvistato territori ignoti e di averne identificato i nessi con le grandi personalità, con le scuole principali e con i grandi ambienti dell’arte italiana. Anche questo insegnamento fu appreso dal patrimonio della sua città. Grazie all’analisi delle opere di Macrino si rese conto della vasta influenza di uno dei pittori da lui più apprezzati, Piero della Francesca.
Numerosi sono i traguardi raggiunti dai suoi studi eche si riflettono nella sua pregevole collezione, ma forse ilpiù importante riguarda Caravaggio. L’imponentelavoroper la rivalutazione dell’arte di questo personaggio, per lungo tempo disprezzato, lo ha legato ancora una volta al patrimonio albese. Nel Palazzo comunale della città è infatti custodito il Concertinodel pittore seicentesco Mattia Preti, la cui scoperta si deve proprio a Longhi, il quale d’altronde acquistò per la sua collezione un dipinto dello stesso genere e dello stesso autore, il Concerto a tre figure, esposto alla mostra di Alba. Lo storico si occupò fin da subito di questo pittore, pubblicando nel 1913 un articolo dal titolo Mattia Preti (critica figurativa pura). Fu però soltanto nel 1943 che riconobbe in quella rappresentazione profana, puramente moderna e pienamente caravaggesca, del Concertinodi Alba la mano del giovane Preti. Fu grazie alla sua insuperabile capacità di individuare i tratti della cultura di appartenenza di ogni opera che Longhi comprese la paternità del dipinto, un capolavoro che la città di Alba custodisce e tutela.
L’esposizione ha dato ampio spazio anche agli interessi longhiani per l’arte contemporanea. Fu infatti lo studio della pittura di fine Ottocento a permettergli di scoprire l’arte di Caravaggio. La tecnica priva di disegno degli Impressionisti e il realismo onesto di Gustave Courbet gli apparvero come rivelatori per la conoscenza dell’arte rivoluzionaria del pittore seicentesco.
Nella sua collezione emerge, come evidenzia anche il titolo della mostra, la predilezione per Giorgio Morandi. Alle opere di quest’ultimo si aggiungono anche quelle di un altro pittore della sua generazione, il piemontese Carlo Carrà. La grandezza dello storico, che si pone nella sua capacità di aprirsi verso contesti spesso inesplorati, è stata ampiamente inquadrata nella mostra della Fondazione Ferrero. Un lavoro memorabile perché, adieci anni dalla sua realizzazione, non ha avuto pari nel sottolineare, con la scelta di Alba come sede e di particolari opere della collezione di Longhi, l’importanza del rapporto tra lo storico e la sua terra d’origine; sottolineando, inoltre, come promuovere la cultura possa incentivare lo sviluppo a livello locale e regionale.
Questo articolo ha ricevuto una menzione alla XI edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Cultura