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La rivoluzione della luce. Al Castello Visconteo Sforzesco di Novara fino ad aprile una grande mostra sul Divisionismo

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DIVISIONISMO
La rivoluzione della luce
Fino al 5 aprile 2020
Novara, castello Visconteo Sforzesco

 a cura di Irene Sibona

La grande mostra visitabile fino al 5 aprile 2020 al Castello Visconteo Sforzesco di Novara, la più importante del settore degli ultimi anni, è curata da Annie-Paule Quinsac, tra i primi storici dell’arte ad essersi dedicata al Divisionismo sul finire degli anni Sessanta, esperta in particolare di Segantini, Fornara e Grubicy de Dragon, ai quali ha dedicato fondamentali pubblicazioni.

Emilio Longoni, Ragazzina col gatto, 1893-96, olio su tavola 24×33 cm

Il Divisionismo nasce a Milano, sulla stessa premessa del Neo-Impressionnisme francese, meglio noto come Pointillisme, senza tuttavia che si possa parlare di influenza diretta. Muove dall’idea che lo studio dei trattati d’ottica, che hanno rivoluzionato il concetto di colore, debba determinare la tecnica del pittore moderno. Si sviluppa nel nord Italia grazie al sostegno di Vittore Grubicy de Dragon, mercante d’arte, critico, pubblicista e pittore, che con il fratello Alberto gestisce dal 1876 una galleria d’arte a Milano. È Vittore a diffondere tra i pittori della sua scuderia il principio della sostituzione della miscela chimica dei colori tradizionalmente ottenuta sulla tavolozza con un approccio diretto all’accostamento dei toni complementari sulla tela. Da dato chimico, il colore diventa fenomeno ottico e alla dovuta distanza l’occhio dello spettatore può ricomporre le pennellate staccate in una sintesi tonale, percependo una maggior luminosità nel dipinto.
Presto il Divisionismo si allarga al Piemonte: la pennellata divisa è destinata a diventare strumento privilegiato nella traduzione di una poetica della natura o di una messa a fuoco delle tematiche sociali. Solo Gaetano Previati, antirealista sin dagli esordi, elabora una visione simbolista che scaturisce dal mito, da un’interpretazione visionaria della storia o dall’iconografia cristiana, agli antipodi di quella di Segantini sempre legata alla radice naturalista di una percezione panica dell’alta quota.
La mostra propone settanta opere provenienti da importanti musei e istituzioni pubbliche e da collezioni private, e si articola in otto sezioni.
Il prologo
La mostra si apre con gli artisti della galleria Grubicy: Tranquillo Cremona con Pensierosa (1872-73), Daniele Ranzoni con Il bambino Morisetti (1885), Giuseppe Pellizza da Volpedo con Le ciliegie (1888-89), Angelo Morbelli con La partita alle bocce (1885), Gaetano Previati con Le fumatrici di hashish (1887), Emilio Longoni con Le capinere (1883), Grubicy

Gaetano Previati, Maternità, 1890-91, olio su tela cm 175,5×412

con La portatrice d’acqua (1886) e Segantini con Dopo il temporale (1883-85). Quest’ultimo è prevalentemente uno studio di luce: non ancora divisionista, è giocato su ricchi toni argentei, verdi e gialli modulati sulla tela in impasti fluidi di vario spessore a suggerire lo squarcio di luce che irrompe tra i nuvoloni, l’umidità del terreno, la lana bagnata delle pecore, l’effetto del vento.
La I Triennale di Brera. Uscita ufficiale del Divisionismo italiano
La seconda sezione è dedicata alla prima Triennale, tenutasi a Milano nel 1891 e in cui furono presentati esempi di pittura divisarealizzati dai principali esponenti del gruppo.
Al piano terra è esposta la grandiosa Maternità (1890-91) di Previati: proprietà del Banco BPM, non è mai stata esposta a Novara e si può ammirare con ingresso gratuito. È una reinterpretazione del tema rinascimentale della Madonna col bambino circondata dagli angeli e propone la visione della prima madre che allatta il suo bambino, appoggiata ad un melarancio spoglio in un giardino dalle folte erbe. Ilconnubio tra Divisionismo e Simbolismo ne fece l’opera più controversa della I Triennale e suscitò l’accanimento della critica.
Al primo piano sono esposte alcune tra le opere più celebri presentate a quella Triennale, lavori già divisionisti, oppure appartenenti ad artisti che a breve avrebbero sperimentato questa nuova tecnica: Vacca bagnata (1890) di Segantini, Un consiglio del nonno – Parlatorio del luogo Pio Trivulzio (1891) di Morbelli, Bosco (1887-1891-1912) di Grubicy, Il mediatore (1891) di Pellizza da Volpedo e Fuori di porta (1891) di Sottocornola. L’oratore dello sciopero (1890-91) di Longoni è uno dei manifesti del divisionismo per la composizione di straordinaria ampiezza e il crudo realismo del cromatismo che rivela una volontà di fare della pittura uno strumento di militanza politica.
L’affermarsi del divisionismo
Nella terza sezione trovano spazio, fra gli altri, capolavori come All’ovile (1892) di Segantini, dipinto da tempo assente

Angelo Morbelli, Sogno e realtà, trittico, 1905, olio su tela cm 112×77, 112 x 79, 113×77

dalla scena espositiva, Fontanalba (1904-1906) di Fornara, Riflessioni di un affamato (1894) di Longoni, La Diana del lavoro (1893) di Nomellini, Sogno e realtà (1905) di Morbelli proveniente dalla Fondazione Cariplo, Gallerie d’Italia.
All’ovile di Segantini fa parte di un ciclo di tre opere dedicate agli effetti della luce di una lanterna in un ambiente buio. Queste tele traspongono in un linguaggio sperimentale moderno gli stilemi della tradizione luminista seicentesca, da Caravaggio a Le Nain senza dimenticare i fiamminghi o gli effetti luministi delle acqueforti di Rembrandt, che Segantini ben conosceva.
Fontanalba di Fornara conclude il ciclo dedicato all’alpeggio estivo della valle Vigezzo: Fornara dà presenza al cielo sconfinato e al lago creando uno spazio pittorico di trasparenza e riverberi, una natura trasfigurata che dimostra come Fornara avesse assimilato la lezione di Segantini, pur senza essere schiavo della sua visione.
Il celeberrimo Riflessioni di un affamato di Longoni colpisce per la tessitura raffinatissima di segni senza spessore che catturano la luce bianca di un giorno nevoso e i suoi riflessi. Il taglio compositivo è da illustrazione, ma la voluta freddezza del linguaggio coloristico esprime senza cadere nel pathos, e con forte denuncia sociale, l’estraneità del ragazzo affamato e infreddolito che guarda la coppia benestante a tavola, al caldo.
Pellizza da Volpedo. Tecnica e simbolo

Giuseppe Pellizza, Sul fienile, 1893-94, olio su tela 133×243,5 cm

La quarta sala è interamente dedicata a Pellizza da Volpedo, con cinque opere fondamentali nel percorso dell’artista: Il ponte (1893-94), considerato il primo dipinto pienamente divisionista di Pellizza; Il roveto (Tramonto), (1900-03), La processione (1893-95), Sul fienile (1893-94), una delle opere più commoventi dell’artista, meditazione sulla morte senza sovraccarico ideologico; e Nubi di sera sul Curone (1905-06).
Il colore della neve
La quinta sezione propone un focus sul tema della neve, con Savognino sotto la neve (1890) di Segantini, che non viene esposto dal 1970: è un’opera che ha fatto versare molto inchiostro e di cui esistono alcuni falsi, uno dei suoi rarissimi paesaggi puri, con un che di espressionista non riscontrabile altrove nel corpus dell’artista e una forte valenza emotiva nella visione della neve come morte di tutte le cose.
La sezione include anche Vespero d’inverno (1912-14) di Fornara, restaurato per la mostra, e opere di Maggi, Morbelli, Matteo Olivero, Tominetti, ai quali si aggiunge La neve. Crepuscolo invernale (1906) uno dei paesaggi più lirici di Pellizza, una veduta in cui la neve si carica di tutte sfumature del prisma, articolata su una composizione serrata. È uno degli ultimi

Giovanni Segantini, Savognino sotto la neve, 1890, olio su tela cm 35×50

lavori di Pellizza, che il 14 giugno 1907, non reggendo alla morte della moglie e del figlio neonato, si impiccò nel suo studio. Il dipinto fu esposto alla mostra postuma organizzata da Ugo Ojetti e Morbelli alla Biennale di Venezia del 1909.
Previati verso il sogno
Nel corridoio di accesso il grandioso Migrazione in Val Padana (1916-1917) di Previati introduce altre quattro splendide opere dell’artista tra cui le tre Marie ai piedi della croce (1888), mai più visto dal 1920, il magnifico trittico Sacra famiglia (1902) e Il vento o Fantasia (1908) prestato dal Vittoriale di Gardone Riviera.
Migrazione in Val Padana, proveniente dalla collezione del figlio Alberto, dalla metà degli anni Trenta è parte della collezione Enel di Genova e la sua ultima esposizione risale all’antologica di Palazzo dei Diamanti a Ferrara nel 1969. Il trittico, la cui luce visionaria ne demarca la natura onirica e simbolista, evoca i tramonti autunnali della campagna e del paesaggio ferrarese, una “migrazione” spazio-temporale verso il passato per uno sguardo oltre il visibile, “l’eterna peregrinazione dell’umanità che va lentamente verso la luce della perfezione”.
Segantini. Il gioco dei grigi
Nella sesta sala protagonisti sono sette disegni di Segantini, fra cui Ave Maria sui Monti (1890), Vacca bianca all’abbeveratoio (1890) Rododendro (1898), che riappare in pubblico dopo più di un secolo, e La natura, disegno di presentazione (1898). Quest’ultimo è un monumentale foglio, assoluto capolavoro del disegno simbolista di fine secolo. Non è uno studio per il dipinto centrale del Trittico della Natura (Museo Segantini, Saint Moritz) bensì un disegno di presentazione che ne riprende ogni particolare, traducendone il cromatismo e la materia in sfumature di grigio, neri e biancastri, giocati contro il giallo/marrone della carta grezza in infinite variazioni di tratti. Il disegno mantiene le stesse proporzioni e traduce la strabiliante monumentalità dell’opera ad olio, che fece poi parte, con i due pannelli laterali La Vita e La Morte, del Trittico della Natura esposto all’Esposizione Universale di Parigi del 1900.
Il nuovo secolo. Gli sviluppi del divisionismo
L’ultima sezione segue l’evoluzione del Divisionismo nei primi decenni del Novecento con imponenti opere dei principali interpreti: Primavera della vita (1906) e Sorriso del lago (1914) di Longoni, Alba domenicale (1915) e Meditazione (1913) di Morbelli, Baci di sole(1908) e Sole e brina (1905-1910) di Nomellini, Ora radiosa (1924-1925) di Fornara, cui si aggiungono tele di divisionisti meno noti e legati al territorio lombardo-piemontese quali Angelo Barabino, Carlo Cressini, Cesare Maggi, Filiberto Minozzi e Matteo Olivero.
Un catalogo scientifico accompagna l’esposizione. Il saggio della curatrice è corredato da schede biografiche degli artisti, con schede critiche delle singole opere affidate agli specialisti di riferimento e apparati bibliografici ed espositivi.
Castello Visconteo Sforzesco, piazza Martiri della Libertà 3, Novara
Orario: Martedì-domenica ore 10-19 (la biglietteria chiude alle 18,30). Aperture straordinarie domenica 8, lunedì 23, giovedì 26 e lunedì 30 dicembre; mercoledì 1, lunedì 6 e mercoledì 22 gennaio
Biglietti: intero 10 euro, ridotto 8 euro, scolaresche (minimo 15 studenti con accompagnatore) e ragazzi 6-17 anni 5 euro, gratuito per minori di 6 e aventi diritto. 
Audioguide 3 euro
Info e prenotazioni visite guidate: tel. 0321 394059, info@turismonovara.it, www.metsarte.com

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