Enter your email Address

Il mondo perduto di Carla Reni – di Marco Doddis

0

Incontro con Carla Reni

di Marco Doddis

Passando davanti a casa sua, nessuno sospetterebbe quali tesori vi siano nascosti. Si percorre una stradina, un’arteria periferica di Moncalieri. Torino è là, a due passi, ma da quell’eremo incastonato nel cemento sembra un mondo perduto, morto. carlareni-1
Peccato che il ventunesimo secolo fagociti certe meraviglie: Internet, mister Web 2.0, corre troppo veloce per vecchi carrozzoni polverosi, lumache come la pittura e la poesia. Sta a loro, dunque, provare a tenere il suo passo. Almeno se non vogliono rimanere nell’ombra.
Sto imparando adesso a usare il computer. Voglio entrare su Facebook”.
La risata di Carla Reni ci fa pensare a tempi andati. Da piccola, Carla dipingeva (“il mio primo disegno dal vivo, un uccellino su un filo, risale a quando avevo sei anni”) e ha continuato a farlo per il resto della sua vita: non proprio un’attività da social network. Ora, che di anni ne ha più di sessanta, vuole rendersi popolare, il più possibile.
Fa bene: la sua casa-atelier meriterebbe un biglietto di ingresso per la bellezza dei quadri esposti. C’è di tutto: nature morte, cieli azzurri, mari infuriati, tramonti di fuoco e indecifrabili tempeste di colore. Dal figurativo un po’ scolastico della gioventù alle astrazioni informali della maturità, che la divertono tanto. Colpisce la costante dei fiori. Sono ovunque, compaiono sull’uscio di casa e si riproducono a decine nelle sue tele. Non possiamo esimerci dal domandarle il motivo. “Amo i fiori perché amo la vita” ci dice: Lo avevamo sospettato.
La sua vita, nonostante i dolori e le angosce che spesso germogliano in animi sensibili, è piena di colori. Come i fiori. 
Si comincia con i toni fumé di Moncalieri, dove è nata e dove ha lavorato per tanti anni come insegnante. Si prosegue con quelli chiari ma un po’ inquieti di Pordenone, dove ha trascorso la prima metà degli anni Ottanta per assecondare le sorti lavorative del marito. Si continua con quelli magnificamente cerulei di Volos, Grecia, paese che l’ha ospitata per otto anni e che si è rivelato decisiva per la sua crescita artistica.
Avevo già fatto la Scuola d’Arte, ma quell’esperienza fu determinante. Là conobbi Petros Papavassiliou, grande pittore e amico di Picasso e De Chirico, che, tra l’altro, era proprio di Volos. Petros divenne il mio maestro e, grazie a lui, ottenni i miei primi importanti riscontri”.
Non sorprende che un artista italiano trionfi prima all’estero che in patria. Non è la prima volta. In Grecia, dopo aver partecipato a un paio di collettive, Carla ebbe la soddisfazione di esibire le proprie opere in una mostra personale. Era il 2004. “Quello fu un successo. Ne parlò anche la televisione”.
Il ritorno a casa, nel 2008, le riservò gioie (la nascita di un nipotino) e dolori (la perdita dell’amata madre). Soprattutto, però, le offrì la consapevolezza di aver raggiunto la propria maturità pittorica. Le mostre conquistarono i positivi giudizi della critica. Alcune tra le più importanti penne della pubblicistica specializzata ne esaltarono i quadri. Si accorsero di lei i giornali locali (La Guida di Cuneo, Il Mercoledì di Moncalieri) e quelli nazionali: La Stampa le dedicò un pezzo in occasione di una personale tenuta a Monterosso Grana, TorinoSette segnalò la mostra di Moncalieri del dicembre scorso, quella del suo ritorno a casa (“Sono rimasta molto soddisfatta, soprattutto perché non mi sarei immaginata una tale partecipazione del pubblico, visto che si era anche sotto le feste di Natale”).
Per Carla, tuttavia, gli attestati di ammirazione più graditi sono quelli dei non addetti ai lavori. Significa che sa fare breccia in tutti i cuori, trasversalmente.
Ogni volta riesco a vendere qualche quadro. Però, sorride, solo a chi mi sta simpatico”.
E i cuori che si accendono sono anche quelli celebri.
Alla mostra di Moncalieri ho incontrato Ricky Tognazzi e Simona Izzo, due persone splendide che hanno dimostrato grande interesse verso di me. A Monterosso ho conosciuto Elisa Isoardi, la presentatrice della Rai, a cui ho fatto un ritratto e ho regalato un quadro. Poi, sono venuti anche alcuni esponenti della Lega Nord, tra cui Cota”.
Nessun altro? “Sì. A quel proposito, mi è anche stato chiesto di fare un quadro per Bossi. Ho rappresentato il Monviso, con la sorgente del Po e il simbolo della Lega”.
Cinema, televisione, politica. Mancano solo le alte gerarchie ecclesiastiche. Naturalmente, facciamo a Carla la battuta. Ma lei ci stupisce ancora una volta.
È vero: Dimenticavo che all’inizio dell’anno ho donato un quadro al Cardinal Poletto. Gli avevo già mandato gli auguri di Natale, scrivendogli una poesia che gli è piaciuta moltissimo”.
Chissà cosa ritraeva il quadro.
Padre Pio. Semplicemente Padre Pio, a cui mi sento molto legata. Diciamo che la fede è una delle componenti più importanti della mia vita. Tempo fa, per esempio, dipinsi anche un’Annunciazione e un Concepimento”. Oltre a indicare i due quadri, Carla ci fa la cortesia di spiegarceli, visto che si tratta di interpretazioni del tutto originali che ci sfuggono un po’. Purtroppo, noi siamo rimasti a Leonardo da Vinci.
Intanto, mentre scrutiamo sempre più incuriositi le pareti del suo salone, notiamo qualcosa di strano. Tra volti, melograni, vasi di fiori e tramonti più o meno ermetici, spuntano dei pezzi di carta, anch’essi incorniciati. Di che si tratta? Semplice: si tratta della testimonianza di una donna poliedrica, di un’artista completa che ha sperimentato una multimedialità particolare. Non certo originale, ma sicuramente particolare.
La scrittura è l’altra mia grande passione. Scrivo di tutto, ma soprattutto poesie. E abbino ad ogni poesia un quadro. Mentre dipingo, di notte, le mie emozioni si traducono subito in parole. Oppure, succede il contrario”.
Leggendone qualcuna, si percepisce la stessa urgenza comunicativa: i suoi pensieri girano attorno all’amore, al dolore, alla felicità: insomma, alla vita. Un’altra volta.
Nel sentirla snocciolare i propri successi, anche in questo campo, è bello non scorgere in lei nemmeno l’ombra della falsa modestia. Per una che, nel 1982, veniva inserita in un’antologia chiamata Poeti del Novecento, la tentazione sarà dietro l’angolo.
Si definisce “una persona molto estemporanea, che fa le cose quando le sente”. Certo, deve avere un minimo di organizzazione per giostrarsi tra pitture, incisioni, poesie e musica (“sono soprano: anni fa cantavo in due cori”). Tra viole e girasoli. Tra clienti sempre più esigenti che vogliono un ritratto o un’incisione (e, magari, le stanno pure antipatici). Tra un marito, un figlio, una nuora e un nipote. In fondo, sono proprio questi ultimi i tesori più preziosi di questo incredibile atélier di Moncalieri. Ma non diciamoglielo forte: non vuole che i quadri si ingelosiscano. 

Comments are closed.

Exit mobile version