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Gavi: da prigione a luogo di cultura – di Giulia Dellepiane

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Da prigione a luogo di cultura

di Giulia Dellepiane

“L’episodio che appassiona di più i visitatori? Per i bambini è quello della principessa Gavina: si narra che fosse scappata dal palazzo del padre per amore di un giovane non nobile e che i due si fossero trasferiti sulla collina dove oggi sorge la parte alta del forte. Un racconto molto romantico, ma purtroppo solo una leggenda”, spiega Andrea Scotto, guida turistica tra le più esperte. “I ‘grandi’ invece ultimamente chiedono molto le storie della seconda guerra mondiale e soprattutto la fuga della primavera del 1943. All’epoca il Forte era il famigerato Campo 5, utilizzato dagli italiani per rinchiudere gli ufficiali anglo-americani che già avevano tentato la fuga da altri campi. Nonostante tutte le precauzioni, nella primavera del 1943 un gruppo di undici fuggiaschi, comandato da Jack Pringle, riuscì ad evadere dalla fortezza e lo stesso Pringle riuscì ad arrivare al confine svizzero poco prima di essere catturato e riportato nel forte. Passarono nuotando attraverso una cisterna sotterranea, raggiunsero la parete esterna, si calarono da un tetto e poi saltarono da un muro alto più di 10 metri. Lo stesso Pringle, tornato qui dopo la guerra, si sorprese di aver saltato da un muro così alto”.
gavi-3  Il forte in questione, per chi non l’avesse riconosciuto, è quello di Gavi: di tutto l’Oltregiogo è uno degli edifici più importanti, ma è anche tra quelli più intrisi di storia di tutto il Piemonte. Si tratta di un’imponente e antichissima costruzione che sorge su una rocca naturale a strapiombo su Gavi, si estende per circa 30.000 metri quadrati e conta sei bastioni, tutti con un nome proprio: San Bernardo, Stendardo, San Tomaso, Mezza Luna, San Giovanni Battista e Santa Maria. San Giovanni Battista e San Bernardo sono anche santi protettori di Genova.
Il più antico documento che dimostra l’esistenza del Forte è datato 973. All’epoca era un castello molto più piccolo ma aveva già funzione difensiva: era una porta della Repubblica di Genova per controllare i traffici commerciali, come dimostrano i documenti che sono riuscito a trovare”, spiega lo storico Armando Di Raimondo, autore del libro Il Forte del Castel di Gavi (1528-1797).
La Repubblica lo detiene per duecento anni poi, per una serie di passaggi feudali, il castello va alla famiglia Guasco, originaria di Gavi che lo tiene fino al 1528, quando la Repubblica se lo ricompra. Da quel momento resta di sua proprietà fino all’invasione di Napoleone. Dopo il dominio francese infatti non sarà più necessario, visto che la Repubblica di Genova è annessa al Regno di Sardegna.
Il momento più importante nella storia di questo edificio è il 1625: i Piemontesi lo espugnano, i Genovesi lo riconquistarono subito dopo e decidono di trasformarlo in forte. “E qui siamo al 1626: inizia la costruzione che dura quattro-cinque anni e nella parte alta ci sono ancora i resti dell’antico castello. Oggi è esattamente come fu rifatto allora”, aggiunge lo studioso.
Nel 1859 il forte è stato smantellato e i cannoni spostati a Torino. Cinque di questi esistono ancora: li ha trovati proprio Di Raimondo. “Sono di proprietà del Museo di Artiglieria e giacciono in un deposito”, continua lo storico. “Sono di bronzo e pesano 3 o 4 tonnellate ciascuno. Per ogni bastione all’epoca ci saranno stati 4 o 5 cannoni: se li si moltiplica per i 6 bastioni si ottiene un’artiglieria potentissima”.
Ma la storia del forte non finisce con il suo smantellamento: viene trasformato prima in carcere civile e poi militare: nella prima guerra mondiale è usato per i soldati austriaci, nella seconda ci sono rinchiusi i prigionieri di guerra inglesi e, dopo l’8 settembre, quelli italiani. Nel dopoguerra è stato consegnato alla Soprintendenza per i Beni ambientali e architettonici del Piemonte.
Il sito culturale nasce quindi come museo di se stesso, spiega l’architetto Marco Motta, direttore del forte, ma attraverso un programma integrato di interventi sia di tipo puntuale che diffuso abbiamo recuperato e dotato di impianti gli edifici e i piazzali nell’intero basso forte, la cappella e l’ex polveriera, creando anche una sala convegni per 130 persone, sale espositive e per mostre, ascensore, biglietteria e servizi. Organizziamo tutto l’anno ricostruzioni storiche in costume, convegni culturali e professionali, mostre d’arte ed eventi turistici ed enogastronomici”.
Il Forte oggi ha quasi diecimila visitatori l’anno, ma l’architetto Motta è sicuro che possa essere valorizzato ancora di più: “Il nostro ufficio ha pronti i progetti esecutivi per continuare i restauri degli ultimi anni, in particolare per il recupero dell’Alto Forte, ma mancano i finanziamenti che, come per la stragrande maggioranza dei musei statali, sono attualmente ridotti alla manutenzione essenziale. Non sono in grado di prevedere quando questa situazione potrà mutare più favorevolmente”.
Un contributo fondamentale alla promozione dell’edificio viene dall’associazione “Amici del Forte di Gavi”, di cui anche Andrea Scotto fa parte. Il suo presidente, Nicola Galleani d’Agliano, ricorda: “L’associazione è nata nel 2007 su impulso della Sovrintendenza, la quale sollecitava i rappresentanti del territorio a valorizzare il Forte e, di conseguenza, l’Oltregiogo. Quindi i nostri soci, che sono una trentina e sono tutti operativi, promuovono eventi sulla storia e lo studio dell’edificio e proprio in quest’ottica organizzano anche visite guidate oltre a quelle gestite dalle guide della Sovrintendenza. Noi interveniamo quando ci sono richieste particolari come studiosi in visita o gruppi numerosi. Un altro nostro compito importante è quello di aiutare enti e associazioni del territorio ad organizzare eventi nel Forte, occupandoci della parte burocratica”.
I turisti sono principalmente famiglie con bambini: “Ma stiamo puntando a potenziare anche un turismo culturale di un certo livello, interessato alla storia”, precisa Galleani. “Un turismo d’élite che richiede una grande qualità. Anche per questo continuiamo a promuovere il Forte con convegni in Italia e all’estero”.
Ma qual è il miglioramento che più inciderebbe sulle capacità attrattive del Forte? La guida Andrea Scotto non ha dubbi: “La domanda che tutti i turisti mi fanno è: dove sono finiti le armi, gli arredi eccetera? In realtà tutto è andato perduto nelle successive trasformazioni da fortezza a prigione prima civile e poi militare”. Per questo l’Associazione sta cercando i fondi per creare un allestimento che renda visivamente come si viveva nel Forte. Ma soprattutto lancia un appello per riavere i cinque cannoni originali che si sono salvati: tirarli fuori dai polverosi depositi per rimetterli in cima ai poderosi bastioni dell’edificio valorizzerebbe certamente l’uno e gli altri.
Chi vuole aiutare l’associazione, o visitare il Forte, può consultare il sito www.fortedigavi.it.

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