L’ex asilo olivettiano a Ivrea ospita l’Archivio Nazionale del Cinema di Impresa
di Eleonora Chiais
Sotto l’occhio della telecamera e dei faretti non c’è posto solo per i film d’amore e i gialli ma anche, soprattutto nel secolo scorso, per il cinema d’impresa. Lo sanno bene ad Ivrea dove, nel 2005, è stato istituito l’Archivio Nazionale Cinema d’Impresa per la conservazione e la diffusione dei documenti visivi realizzati, appunto, in fabbriche e aziende. Largo così alla conservazione e al restauro di pellicole create per raccontare la vita lavorativa degli operai, ma anche per far conoscere agli impiegati l’importanza del loro operato e al mondo esterno la dinamica di produzione.
L’archivio ha sede nell’ex asilo olivettiano progettato da Mario Ridolfi e conserva oltre quattrocento titoli, tra lungometraggi e cortometraggi, realizzati a partire dai primi anni del Novecento e provenienti da ogni parte del mondo, dal muto ai giorni nostri, con un’importante sezione dedicata al cinema italiano. Pellicole firmate da Michelangelo Antonioni, Alessandro Blasetti, Paolo e Vittorio Taviani, Silvio Soldini, Nelo Risi, Valentino Orsini, Ermanno Olmi ma anche nate dall’intuizione di documentaristi meno conosciuti come Giovanni Cecchinato, Vittorio Nevano e Victor de Sanctis. E le imprese committenti non sono meno note: da Borsalino, Breda, Edison, Eni e Innocenti fino a Montecatini, Fiat, Birra Peroni e ovviamente Olivetti.
Il cinema d’impresa ha rappresentato, almeno a partire dagli anni Trenta e fino agli anni Ottanta un settore importante della politica aziendale che, attraverso le migliaia di documentari prodotti all’epoca, rappresenta oggi un punto di vista privilegiato per osservare la storia economica e sociale dell’Italia del secolo scorso. Insomma per mezzo di queste pellicole si può oggi riguardare la memoria aziendale, ma non solo, del nostro tempo. La riscoperta degli archivi industriali, stando ai suoi promotori, consente poi di valorizzare ambiti produttivi del cinema italiano a lungo dimenticati e, facendo gola a molti cinefili, di integrare le filmografie dei cineasti più noti con le opere da loro realizzate proprio per il cinema d’impresa permettendo a quei materiali di non andare perduti.
Ma non solo. Bernardo Bertolucci è stato protagonista del restauro condotto dall’archivio in collaborazione con Eni de La via del petrolio, presentato poi alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nel 2007. Curiosando nell’archivio si trova anche il corto Piccoli calabresi sul Lago Maggiore… Nuovi ospiti della Colonia di Suna, la pellicola, sempre di Olmi, che racconta dell’alluvione in Calabria del 1951 a seguito della quale oltre duecento bambini furono accolti nella colonia della società Edison a Suna. Il filmato, della durata di otto minuti, documenta con dovizia di particolari tutte le attività svolte dai giovanissimi ospiti durante la loro permanenza sul lago Maggiore offrendo uno sguardo sulla vita quotidiana dei piccoli rifugiati.
Negli scaffali dell’ex asilo olivettiano non mancano gli spot più celebri. Primo tra tutti proprio quello della fabbrica di Ivrea creato nel 1969-70 per reclamizzare la macchina per scrivere portatile Valentine. È possibile così calarsi nella Londra dei Beatles e degli hippies per assistere alle avventure della giovane protagonista, fortunata proprietaria di una Olivetti e per questo invidiata da tutti per le strade londinesi.
In Re uranio del 1964 il regista Enrico Franceschelli descrive i procedimenti tecnici, le ricerche geologiche e le analisi chimiche che portano alla scoperta dell’uranio. Spazio poi alla spiegazione del meccanismo di accumulo dell’uranio in natura e alla descrizione dei sistemi utilizzati all’epoca per l’esplorazione mineraria, l’analisi dei campioni e il trattamento del minerale. Insomma un’esplorazione piena di sorprese ma, soprattutto, ancora in divenire come ricorda il direttore dell’Archivio Sergio Toffetti: “Dagli archivi d’impresa, sottolinea, continuano a uscire opere inattese, inedite o ormai dimenticate e anche il catalogo degli autori che hanno lavorato per mettere in immagini l’industria italiana si infittisce, man mano che il lavoro d’archivio procede, non soltanto attraverso la revisione fisica delle copie ma con la consultazione delle carte amministrative che consentono l’attribuzione delle opere ad autori individuati”.
Per informazioni sulle pellicole, e per una prima consultazione dei materiali conservati, è possibile visitare il sito www.cinemaimpresa.tv.