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Museo A come Ambiente – di Gabriella Bernardi

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Scopro, capisco e agisco

di Gabriella Bernardi  

mamb-1Non lo definirei un museo solo per bambini”. Carlo Degiacomi, il direttore, ha le idee molto chiare e porta avanti un’impostazione museale più affine agli standard esteri, all’osservazione e alla sperimentazione che col tempo hanno portato vari riconoscimenti e in effetti, un museo così da noi non te lo aspetti. Intendiamoci, non che non ne abbiamo necessità e soprattutto capacità, ma sarebbe normale trovarne uno così ad esempio in Germania, dove da tempo puntano sul rispetto dell’ambiente, realizzano ed utilizzano già auto con energie alternative, la raccolta differenziata è più che assodata nelle azioni di tutti i giorni e le buone pratiche per il risparmio energetico non sono solo effettuate dai virtuosi. Ma ci troviamo a Torino, alle porte del Parco Dora, dove sorge il primo museo europeo ad essersi occupato interamente di ambiente, il suo nome non poteva essere più indovinato: A come Ambiente. Definirlo museo sarebbe però un po’ fuorviante, e in questo caso si ricorre ad un termine estero, dicendo che è un science center, espressione che indica tutti quei centri dove si può e si deve toccare con mano per comprendere. 
Dal suo esordio i visitatori sono costantemente aumentati, anche da fuori Piemonte, così come i pezzi esposti, ovvero le macchine della divulgazione, nate anche dalla collaborazione con le realtà del territorio, e sono anche stati realizzati dei laboratori tematici permanenti in alcune scuole della provincia. Attualmente la sua sede centrale è in fase espansiva per poter ospitare ulteriori sezioni e laboratori e, come mi fa notare il direttore, oggi è uno dei pochi musei regionali che vanta l’accredito dello standard museale.
Le sue peculiarità si vedono già dall’esterno. Una casetta esagonale dal tetto azzurro eroga gratuitamente, durante gli orari di apertura del museo, acqua del gruppo Smat, uno dei partner del consorzio museale che coinvolge vari enti pubblici e privati. Chi è giovane difficilmente può immaginare che quest’area oggi verdeggiante lungo la Dora potesse ospitare una zona industriale dove già a fine Ottocento giunse l’energia elettrica con la prima linea di trasporto a distanza per iniziativa di Galileo Ferraris (precedentemente le fabbriche erano alimentate con ruote idrauliche o macchine a vapore). Ma oggi lungo il fiume non resta traccia di questo passato, tranne una torre di abbattimento dei fumi della Michelin che è diventata il simbolo del parco.
Varcato l’ingresso del centro e lasciando alla curiosità dei lettori il funzionamento dei lunghi tubi blu che scendono lungo la facciata (perché anch’essi fanno parte della collezione, come pure le piante che si trovano al pian terreno provviste di sensori) noto una nutrita scolaresca nella zona del “piccolissimo”. I giovani animatori sono sempre presenti, mi spiega Carlo Degiacomi, che è stato anche giornalista radiofonico e quindi dà il giusto peso alla comunicazione, sia per le visite guidate, sia per quelle individuali del pubblico generico. Ci tiene a sottolineare che sono selezionati e formati per compiere il delicato compito di divulgatore scientifico, purtroppo non sempre giustamente considerato in altre strutture come a volte capita di constatare; ora, infatti, stanno accogliendo dei vivaci visitatori e utilizzano in modo ludico un articolato exhibit, non solo multimediale, per svelare poco alla volta mondi insospettati ai nostri occhi come le cellule, le molecole e gli atomi. 
Osservando l’interattività che si produce, ben diversa da quella che si potrebbe ottenere in un’aula scolastica, si potrebbe riassumere la filosofia che anima questo luogo citando un antico proverbio cinese: “Se ascolto, dimentico; se vedo, ricordo; se faccio, capisco”. E su questa via gli altri argomenti che si possono incontrare sui quattro livelli dell’edificio toccano la viva attualità come l’energia, i trasporti e la mobilità, i rifiuti, l’acqua, l’alimentazione, i cambiamenti del clima, il suolo, l’aria. Volete sapere quante onde elettromagnetiche sono prodotte dagli elettrodomestici di casa? Al piano superiore attraversando la ricostruzione di un’abitazione si scopre in modo interattivo l’entità dell’elettrosmog, poi si può “sentire”, in sicurezza, l’elettricità, toccare le nuvole, azionare una centrale termoelettrica, vedere l’elettrolisi o la fotosintesi clorofilliana in azione. E ancora, si può comprendere cos’è un termovalorizzatore, imparare a leggere la vita di un albero attraverso gli anelli del tronco, ma anche decifrare le etichette dei detersivi. 
Una delle ultime sezioni inaugurate è quella sull’alimentazione, che ci fa capire come funziona la chimica che compone le nostre pietanze, ma fra le più gettonate ci sono quelle dedicate ai trasporti urbani: lì per dirne una, ci si può mettere un casco da ciclista e parlare con la bicicletta, usando come mouse la manovella originale dei vecchi tram. Altrettanto interessanti sono quelle in cui si può curiosare tra le energie inesauribili, gli idrocarburi, i materiali per coibentare le case, gli imballaggi,la raccolta differenziata, la spesa ragionata e come ridurre i rifiuti. Tutto questo è frutto della collaborazione del museo con gli stessi enti che agiscono nei campi dell’energia, dei trasporti e del riciclaggio, e quello che può sembrare un gioco in realtà è una simulazione in scala di quanto veramente accade, ad esempio, in una centrale che produce elettricità con le turbine e gli alternatori. Come fa sempre notare il direttore, pure la manutenzione è a basso costo ed effettuata in tempi rapidi, dato che gli strumenti sono stati progettati in loco dallo staff del Museo e da collaboratori dell’automotive. 
Per non parlare del il connubio fra tecnologia e arte: artisti famosi come Ugo Nespolo, Piero Gilardi, Corrado Bonomi e altri si sono cimentati nella realizzazione di opere, magari partendo da materiali di riciclo, esposte nelle sezioni o nel parco; e ci sono anche attori (come Luca Regina) che si esibiscono nei filmati multimediali.
Gli adulti sono i primi ad essere sorpresi di poter imparare o approfondire aspetti della vita quotidiana di cui magari non sospettavano nemmeno l’esistenza, e che a volte hanno poi imparato a cambiare certe abitudini; così si sono creati tour appositi, durante i quali bambini e adulti vengono “consegnati” separatamente al personale interno per intrattenimenti paralleli. 
Da non perdere, già solo per il nome, è il laboratorio di Zio Tungsteno (evidente citazione del libro di Oliver Sacks) in cui si è ricreato un vero gabinetto delle scienze, con tanto di cattedra e banchi a gradini e integrato in modo da proporre immagini, video e realizzare esperimenti.
Tuttavia, conclude il direttore, qui nessuno pretende di imporre o di educare; l’intento è piuttosto di lasciare dei consigli scaturiti dalla conoscenza su come funzionano i processi che avvengono sul nostro pianeta. In fondo, nonostante si stiano scoprendo ogni giorno nuovi corpi celesti,  il nostro al momento rimane ancora l’unico pianeta noto ad essere abitato, e imparare a conoscerlo è sempre una sorpresa a tutte le età.
Per essere sempre aggiornati sulle novità (proposte e illustrate con i simpatici personaggi ideati dal disegnatore piemontese Paolo Mottura) ci si può iscrivere gratuitamente alla mailing list dal sito del Museo. 

Museo A come Ambiente
Corso Umbria 90, Torino – Tel. 011 0702535 – www.museoambiente.org

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