Un viaggio di addio ai binari soppressi del Piemonte
di Simone Schiavi
Abbiamo studiato fino alle due di notte un percorso che ci consenta di vedere più linee possibili in un solo giorno: è il 15 giugno, l’ultimo giorno di orario scolastico completo.
Partendo da Torino, la sveglia suona presto: poco dopo le 8, insieme al nostro fido cineoperatore, siamo già a Castagnole Lanze, nell’Astigiano più profondo. La stazione era di quelle importanti, quasi una piccola Bologna: fin dal 1855, da qui si andava ad Alba in una direzione, o verso Asti e Alessandria/Mortara nell’altra. Da un anno, Alba è già un ricordo: una galleria è stata chiusa perché andrebbe risanata, e nel frattempo è stata bloccata l’intera tratta; restano solo erbacce e ricordi. Ma i pendolari sono battaglieri e serpeggia il malcontento: si organizzano raccolte di firme, anche nel bar Centrale, dove il titolare scuote la testa. L’autobus sostitutivo da Alba si infila con fatica nel piazzale della stazione e l’operazione pare lunga e complessa. Scarica, tra gli altri, una dozzina di ragazze biondissime e sperse, che parlano inglese: ci chiediamo dove mai si dirigano, trovandosi lì e a quell’ora, mentre loro si domanderanno la bizzarra motivazione per questa staffetta autobus/treno in mezzo al
Salutate per sempre le ferrovie per Asti e Alessandria/Mortara, andiamo a vedere la situazione a Mondovì, ma il caos delle strade fa la prima vittima: uno degli innumerevoli camion da cantiere va ai quaranta all’ora; non è sorpassabile, rallenta il traffico e fa pensare che rallenterà anche i bus dei pendolari.
Arriviamo quando il treno Saluzzo-Cuneo si è allontanato da cinque secondi. “Partito!”, mi dice un immigrato dell’Est. Usa i suoi pochi denti per sorridermi, ma la sua non è irrisione; piuttosto, è quella malinconia tutta balcanica per le cose della vita che prendono il loro binario, ben diverso da quello che vorremmo. Una foto di sfuggita in lontananza, un’altra linea che se ne va. Resta soltanto un’amara considerazione sull’affidabilità del traffico lungo le strade extraurbane.
Ma non c’è tempo per la filosofia: basta voltarsi verso sinistra per notare che da Mondovì partiva anche la breve linea per Bastia, uno dei primi “rami secchi” tagliati con la sfrondata del 1986 (molto delicata rispetto alle potature di oggi).
La stazione di Bastia è un monumento alla grandezza che fu, una metafora lunga sessanta metri; di qui passava anche l’antica Bra-Ceva, totalmente ricostruita poco prima che l’alluvione del 1994 se la mangiasse. Oggi restano un edificio di un rosso abbacinante ma sbiadito, infinite sterpaglie, lucertole e un’ambientazione da thriller nostrano. Il paese è distante, dall’altra parte del Tanaro, e pare aver scordato la sua stazione. Ripartiamo così verso Dronero, dove troviamo una sorpresa insperata: la stazione della breve linea per Busca, fortissimamente voluta da Giolitti, è chiusa da trent’anni ma pare che l’ultimo treno sia partito da un’ora. Il merito va ad un gruppo di appassionati che la cura come il giardino di casa propria, vanta un gruppo Facebook con parecchi sostenitori, ha restaurato un piccolo carro merci e crede nei sogni realizzabili: se non il ritorno di un treno, almeno un “trabattello” per muoversi avanti e indietro, lungo i binari (che ci sono ancora).
Stiamo ripartendo per la destinazione successiva con le pive nel sacco, quando suona l’inconfondibile campanella sotto il cartellino “per Cuneo”: il treno sta arrivando, non è soppresso. In lontananza pare un fantasma; il macchinista ci vede fotografare, ci chiama e già pensiamo che protesti per la privacy violata. Non è così. Chiede una foto ricordo: gli resterà come unica memoria della linea. L’automotrice è sempre una Aln663 diesel, costruita a Savigliano nel 1985 e ormai prepensionata (o piuttosto “esodata”, come usa oggi). Se ne va, ma non c’è tempo per star fermi.
Torniamo alla base dopo undici ore e quasi 350 chilometri percorsi. Nel nostro itinerario, pure incompleto, abbiamo riletto tutta la storia del Piemonte, una regione che rivaleggiava per densità ferroviaria con l’Inghilterra – detto per inciso, una nazione in cui le privatizzazioni hanno decimato la rete e causato una precipitosa, anche se parziale, marcia indietro.
Foto di Simone Schiavi