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La musica barocca conquista il Piemonte

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La musica barocca conquista il Piemonte

di Roberta Colasanto

Sono passati parecchi decenni ormai dall’inizio del graduale processo di riscoperta della musica cosiddetta colasanto-1    “barocca”, che adesso più che mai sembra godere di un suo periodo aureo: la fortuna delle vendite discografiche (in netta controtendenza con l’andamento generale del settore), il favore di cui godono attualmente presso il pubblico le esecuzioni di repertorio sei-settecentesco e la conseguente nascita di gruppi di esecutori specializzati in tale ambito ne testimoniano il crescente successo. Gli echi di tale fenomeno si riscontrano naturalmente nei cartelloni delle numerose manifestazioni che animano la vita culturale piemontese: un esempio dei più recenti è il Marchesato Opera Festival di Saluzzo, una vera e propria maratona di musica barocca che ha visto la partecipazione di artisti affermati accanto a studenti dei Conservatori e la cui prima edizione, tenutasi tra l’8 e il 9 dicembre 2012, è stata inaugurata da un’intervista al musicologo Alberto Basso.
Ma che cosa si intende per musica barocca? Con il termine “barocco” si identifica convenzionalmente l’ampia produzione che copre un arco temporale di circa un secolo e mezzo, da poco prima del 1600 al 1750. L’uso del termine nella sua funzione di periodizzazione è mutuato dalla storia dell’arte, e come spesso accade per i periodi considerati di decadenza – nel caso speciico l’”età buia” tra il Rinascimento e il Classicismo – fu attribuito a posteriori con intento dispregiativo. Deriva forse dal portoghese barroco, che indica una perla irregolare, e si estende ai concetti di stravagante, bizzarro, meraviglioso, che in musica traspaiono spesso già dagli stessi titoli delle composizioni (pensiamo alle raccolte vivaldiane di concerti intitolate L’Estro ArmonicoLa StravaganzaIl Cimento dell’Armonia e dell’Inventione). 
Sotto la dicitura “musica barocca”, dunque, si raggruppano generi con funzioni, strutture compositive e organici molto diversi come il melodramma, il concerto, la musica sacra, la musica da camera; e compositori estremamente distanti tra loro dal punto di vista cronologico e geografico. Il ruolo stesso degli artisti, compositori e musicisti, era all’epoca molto diverso da come siamo abituati a concepirlo oggi: si trattava infatti di veri e propri impiegati stipendiati, tenuti a rispettare le scadenze imposte dai datori di lavoro, come l’Ospedale della Pietà per il violinista e compositore (ma anche prete) veneziano Antonio Vivaldi; o la corte dei Savoia per il meno celebre ma allora stimatissimo virtuoso del violino torinese Gaetano Pugnani, allievo di Giovanni Battista Somis e maestro di Giovanni Battista Viotti, altri due grandi nomi legati allo sviluppo della scuola violinistica piemontese. Proprio di recente è stato riportato alla luce un concerto in re maggiore per due violini e orchestra scritto da Pugnani per essere eseguito verosimilmente dal Pugnani stesso accompagnato dall’allievo Viotti. Il concerto riposava tra i manoscritti del Fondo Gavigliani della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino. Riscoperto, trascritto e riveduto dal maestro Claudio Mantovani, compositore e docente di armonia al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino, è stato eseguito dopo più di due secoli nella sala conferenze del Museo delle Antichità il 28 ottobre 2012, ad inaugurare la prima edizione del Premio Pugnani. 
La Biblioteca Nazionale di Torino, com’è noto, racchiude tesori inestimabili. Non possiamo non menzionare, particolarmente care a studiosi e musicologi, le due raccolte Foà e Giordano, acquistate dal conte genovese Giacomo Durazzo e donate alla Biblioteca negli anni Venti del Novecento: una raccolta di 696 manoscritti e 422 volumi a stampa di musica dal XVI al XVII secolo di vari autori, tra i quali spiccano i celebri 27 volumi di manoscritti vivaldiani, di fatto la più vasta collezione a livello mondiale di autografi del grande musicista veneziano.
In parallelo al proliferare degli studi, e assecondando il crescente apprezzamento del pubblico nascono formazioni di strumentisti che intendono specializzarsi su questo tipo repertorio. E inevitabilmente ci si trova ad affrontare la questione filologica: come si suonava nel Settecento? Una domanda niente affatto banale e per la quale non abbiamo una risposta definitiva. 
Il problema dello stile di esecuzione è strettamente collegato alla foggia degli strumenti adoperati: un violino del primo Settecento, per intenderci, aveva una tastiera più corta di quella del violino moderno, manico più spesso, diversa inclinazione del ponticello, corde di budello; non si usavano né spalliera né mentoniera (che agevolano la stabile tenuta del violino) e diverso era anche l’archetto. Da qui la scelta dei più filologici tra gli esecutori moderni di utilizzare strumenti antichi, corde di budello e accordatura abbassata con diapason a 415 Hz (non 440) per avvicinarsi a quelle che dovevano essere le sonorità originali dei brani di repertorio barocco. Esemplare in questo senso l’attività dell’Orchestra Academia Montis Regalis, nata nel 1994 in seno alla Fondazione Academia Montis Regalis di Mondovì. Affermatasi ormai a livello internazionale con repertori di musica antica, annovera tra i suoi successi il suo contributo alla Vivaldi Edition, ambizioso progetto discografico portato avanti dall’Istituto per i Beni Musicali in Piemonte con il sostegno della Regione Piemonte, della Fondazione Crt e della Compagnia di San Paolo di Torino, che ha come scopo l’incisione di quei famosi manoscritti vivaldiani custoditi alla Biblioteca Nazionale. A questo scenario così ricco di stimoli si è aggiunta di recente l’attività dell’ensemble Armoniosa Collegium Musicum, nato dall’esperienza artistica maturata in seno alle attività culturali dell’Istituto Diocesano Liturgico-Musicale di Asti. Il gruppo di strumentisti ha come leader il violinista Francesco Cerrato e può annoverare tra le sue fila interpreti di eccezionale bravura ed esperienza tra i quali il clavicembalista Michele Barchi, una delle guide per ciò che riguarda le scelte interpretative. L’Armoniosa ha intrapreso  la sua attività incidendo nel settembre 2011 un doppio cd con i 12 Concerti Grossi op.6di Arcangelo Corelli, opera fondamentale per la definizione del barocco strumentale italiano, e ha già all’attivo diverse esibizioni in Italia con vari programmi e ottima risposta di pubblico. I programmi delle serate si articolano attorno ad un tema portante, come nel caso dell’esibizione dell’8 dicembre 2012 a Bergamo con la partecipazione del noto violoncellista Enrico Bronzi e dedicata a composizioni di Johann Sebastian Bach e dei suoi figli, per presentare il contributo di questa famiglia alla nascita di una nuova visione della musica. Anche l’Armoniosa contribuisce all’ampio processo di recupero e valorizzazione del ricco e in parte inesplorato patrimonio degli archivi dislocati sul territorio, curando la prima esecuzione moderna di musiche inedite rinvenute nel ricco Archivio Capitolare della Cattedrale di Asti. Proprio qui, tra gli altri tesori documentari, è conservato un antico graduale con tetragrammi musicali (gli antenati dei pentagrammi) sulla cui coperta azzurra risalta la scritta che ha ispirato il nome dell’ensemble: Armoniosa.       

Questo articolo ha ricevuto una menzione alla VI edizione del Premio Piemonte Mese – Sezione Cultura, Storia e Ambiente

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