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La Cittadella della Letteratura di Boves – di Claudio Dutto

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Storia di un sogno mai realizzato

di Claudio Dutto

Da cittadella della letteratura a cittadella dei suoni. Con questo semplice slogan potrebbero essere riassunte le vicende che hanno interessato un grande edificio nel cuore di Boves, città martire della Resistenza a due passi da Cuneo. Ma di semplice, in questo caso, non c’è proprio nulla perché l’iter che ha portato alla nascita di un museo interattivo dedicato alla musica non è stato affatto lineare.
aa-dutto1Tutto comincia alla fine degli anni Novanta, quando il Comune entra in possesso di un’area ormai dismessa del centro cittadino e decide di trasformarla in un polo internazionale dedicato ai ragazzi e al piacere della lettura. Il luogo in questione corrisponde all’ex filanda “Favole”, sito industriale che fin dall’Ottocento ha ospitato centinaia di donne addette alla filatura della seta prodotta sul territorio. Qui, infatti, veniva ricavata dai bachi la materia prima per la produzione di vestiti, tovaglie, tende e arredi vari. Con l’avvento della globalizzazione, però, tutto il settore della sericoltura – che a Boves poteva contare su ben cinque diverse filande, compresa quella “Favole” – ha in breve tempo cessato di esistere.
È così che l’amministrazione dell’allora sindaco Riccardo Pellegrino partecipa a una bando regionale per lo sviluppo del turismo e ottiene un finanziamento per la ristrutturazione dei locali. Nel Duemila nasce il progetto denominato Cittadella della Letteratura per Ragazzi, meglio noto come “Cittadella”. L’idea è ambiziosa, ma concreta: realizzare una serie di spazi in cui allestire una moderna biblioteca, una libreria, un museo e una serie di laboratori dedicati agli studenti di ogni ordine e grado. Le previsioni indicano che il nuovo centro culturale potrà contare su un afflusso annuo di settanta/ottantamila visitatori, complice il rinnovato successo vissuto in quel periodo dall’editoria per ragazzi in Italia e non solo.
Contestualmente si decide di partecipare al programma Interreg III A-Alcotra, promosso dall’Unione Europea, per lo sviluppo di un percorso culturale in collaborazione con una città d’Oltralpe, Saint Jean Cap Ferrat, poco distante da Nizza. Di comune accordo viene avviato un corso di formazione per giovani, che prevede settecento ore di lezioni frontali e quattrocento ore di stage all’estero. La rosa degli insegnanti è di primo piano e contempla, tra gli altri, i giornalisti Sergio Zavoli e Claretta Muci, il pubblicitario Gavino Sanna, lo scrittore Tonino Guerra e il pittore Ugo Nespolo. Tra le materie insegnate ci sono la letteratura italiana e francese, le tecniche di animazione e la gestione del gruppo, a cui si aggiungono corsi di lingua italiana, francese e inglese. Il progetto viene finanziato con oltre due milioni di euro e riscuote fin da subito un notevole successo. Sono più di duecentocinquanta le domande di iscrizione ai corsi, pervenute soprattutto da parte di giovani e insegnanti.
Si trattava di un classico esempio di convergenze parallele” spiega Riccardo Pellegrino, ex sindaco e attivo promotore del progetto. “Le due iniziative infatti viaggiavano di pari passo, ma non avevano nulla in comune.” Il corso di formazione non era pensato per selezionare gli animatori della Cittadella e i fondi europei non dovevano finanziare la sistemazione dei locali.
Nei primi anni del nuovo millennio partono sia i cantieri sia i corsi e nel 2003, in occasione del sessantesimo anniversario dell’eccidio nazifascista di Boves, viene invitato in città Carlo Azeglio Ciampi. Da Presidente della Repubblica in carica, Ciampi esprime grande apprezzamento per l’iniziativa bovesana e prende visione del plastico e del sito in via di completamento. La scadenza prefissata per l’apertura dei locali è l’autunno 2004. Ma è in questo lasso di tempo che iniziano i problemi: nel giro di un paio d’anni il quadro economico-politico muta così radicalmente che, di fatto, la Cittadella della letteratura per Ragazzi non vedrà mai la luce.
Il primo scossone viene dato da una serie di brevi ritardi nella consegna dei lavori, che fanno slittare l’inaugurazione all’anno successivo. A questi si affiancano le restrizioni introdotte dalla nuova normativa nazionale antisismica, che richiedono una revisione piuttosto significativa dell’intero progetto. Sul fronte giudiziario, infine, si aggiunge, qualche tempo dopo, un esposto alla Procura della Repubblica di Cuneo contro i presunti abusi edilizi e finanziari perpetrati nell’area dell’ex filanda. Le indagini vengono avviate e si concludono con un nulla di fatto, ma concorrono a innalzare il livello dello scontro politico e a spaventare gli investitori privati, che rinunciano a finanziare il completamento dell’opera.
Nel 2008, nonostante i lavori siano quasi conclusi, arriva la svolta: l’amministrazione comunale decide di rinunciare a Cittadella. “Il problema maggiore fu che non sapevamo a chi poter affidare la gestione manageriale del progetto”, ricorda ancora Pellegrino. “Abbiamo valutato che fosse meglio trovare un’impresa privata in grado di gestire tutta la struttura a modo proprio”. Partono quindi le consultazioni e vengono individuate diverse alternative. La prima prevede la realizzazione di Alpi 365, un salone della montagna ai piedi del monte Besimauda: l’idea non si concretizza perché nello stesso periodo sta nascendo qualcosa di simile nel Forte di Vinadio, a trenta chilometri di distanza, e dunque si preferisce evitare inutili sovrapposizioni. Alternativa a questa è la possibilità di creare una sede distaccata di Artissima, la fiera internazionale di arte contemporanea di Torino. Anche in questo caso, però, si conclude tutto con un nulla di fatto per non disperdere le risorse fuori dal capoluogo regionale. Scartata infine la possibilità di creare una nuova sede per la Comunità Montana delle Alpi del Mare, si decide di affidare uno spazio all’associazione Fabbrica dei Suoni di Venasca.
Dal nostro punto di vista era una grande occasione per completare il percorso avviato con il museo di Venasca” spiega Cristiano Cometto, fondatore e responsabile della Fabbrica. “Nella prima sede, infatti, i bambini avrebbero scoperto come si origina il suono, mentre nella seconda avrebbero imparato in che modo esso si articola nei vari punti del pianeta”. Nasce così l’Atlante dei Suoni, un’esposizione dedicata ai bambini dagli otto anni in su, che attraverso una serie di saloni mostra tutte le sfaccettature che la musica ha assunto nel corso del tempo. Si va dalla musica tribale africana ai balli latino-americani, passando per le sinfonie dei grandi compositori europei e per i suoni della tradizione tibetana e orientale. “Abbiamo ottenuto dalla Regione un finanziamento per la realizzazione delle scenografie interne, aggiunge Cometto, perché l’Atlante è di fatto una naturale derivazione di quello che avrebbe dovuto essere la Cittadella”.
Il museo ha aperto ufficialmente all’inizio di febbraio 2013 e prevede un laboratorio di due ore per le scuole primarie e secondarie inferiori. A questa attività, poi, si aggiungono gli incontri aperti al pubblico, con spettacoli, aperitivi e dimostrazioni di vario genere sempre incentrate sul tema musicale. Dopo tredici anni di lavori e grazie a un investimento che ha raggiunto i sette milioni e mezzo di euro, dunque, lo spirito iniziale che animava Cittadella si è concretizzato in una forma che ricorda da vicino il progetto originale.
Il rammarico più grande è quello di aver ceduto alle pressioni e aver abbandonato l’idea di Cittadella” conclude Pellegrino. “Con il senno di poi c’è da dire che si trattava di un progetto così innovativo che era difficile trovare degli appigli su cui basare le nostre convinzioni”.

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