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Tra Masche e Ciabre – di Dalila Giglio

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La magia di Paroldo

di Dalila Giglio

Tremate, tremate, le streghe sono tornate!” O forse non se ne sono mai andate: da Paroldo, perlomeno.
Situato nella Langa Cebana, al centro di un “anfiteatro delimitato di colline”, poco distante da Ceva da cui lo si può raggiungere risalendo la vallata del Rio Bovina, Paroldo, piccolo centro rurale di sole 250 anime, è la località nella quale la tradizione popolare piemontese individua uno dei luoghi di residenza privilegiati delle Masche, le streghe del folclore piemontese.
A queste ultime – e in modo particolare alla fiera che ogni anno organizza nel periodo dell’estate di San Martino (novembre, ndr) con l’intento di far conoscere a conterranei e non la storia e le tradizioni del luogo – lo sperduto paesino langarolo deve la sua fama, cresciuta a dismisura negli ultimi anni e presumibilmente destinata a non arrestarsi.
La manifestazione, indubbiamente la più importante fra quelle che figurano nel calendario degli eventi paroldesi, si svolge nell’arco di un finesettimana e vede protagoniste le masche, la cultura contadina e le tradizioni locali; i momenti topici della stessa sono rappresentati dalla Cena della Bagna Cauda, che si tiene nelle case degli abitanti del luogo, e dalla camminata notturna “Sui sentieri delle Masche”, che permette di visitare i luoghi più suggestivi ad esse legati. La cena e la camminata sono precedute da convegni e dibattiti sul mondo della magia.
Un evento culturale interessante e di ampio respiro, che rappresenta, da un lato, una considerevole opportunità di promozione del territorio, e dall’altro, un efficace sistema di mantenimento delle tradizioni popolari locali.
Un avvenimento tutt’altro che trascurabile, atteso che Paroldo, con la Fiera e gli eventi collaterali, dimostra che attraverso la salvaguardia e la valorizzazione delle radici e dell’identità locale, la mescolanza del sapere antico con le innovazioni moderne, è concretamente possibile superare i limiti dati dalla “lentezza territoriale”, e cioè dalla scarsa urbanizzazione e dalla distanza dal concetto di crescita continua caratteristici delle piccole realtà rurali, ed evitare, per questa via, l’oblio e il lento spopolamento a cui sembrano inevitabilmente destinati i paesi piccoli ed isolati.
Se è assolutamente vero che le maschecostituiscono, per Paroldo, un’importante opportunità per la sopravvivenza e per lo sviluppo turistico, lo è altrettanto che le medesime rappresentano, per i paroldesi, ben più di una tradizione popolare da preservare e da sfruttare per promuovere il territorio: per gli abitanti del luogo, le Masche rappresentano, infatti, un elemento caratterizzante l’identità dell’intera comunità. Come precisato da Romano Salvetti, presidente dell’Associazione “Masche di Paroldo”, attiva dal 1997, in paese non c’è una sola persona che “non abbia conosciuto o sentito parlare di una compaesana a cui veniva attribuito il potere magico della masca”.
La denominazione di “Paese delle Masche”, che campeggia sul cartellone stradale all’ingresso del centro abitato, appartiene di diritto al comune langarolo.
Ma chi erano, costoro? Malefiche e terrificanti megere che turbavano la tranquilla esistenza di persone dedite alla vita campestre? Tutt’altro.
Le masche erano delle fattucchiere drole, ossia un po’ matte e stravaganti ma benevole, assai lontane dalle streghe brutte e cattive che popolano l’immaginario collettivo; si trattava di donne dall’aspetto comune, che conducevano una vita ordinaria nonostante fossero immortali e dotate di poteri straordinari – levitazione, metamorfosi in animali, vegetali od oggetti – che una volta deciso di porre volontariamente fine alla loro esistenza, trasmettevano le loro facoltà ad altri esservi viventi (non necessariamente umani).
Figure generate da menti fervide di fantasia?
Non certo per i paroldesi, i quali, pur mantenendo un razionale distacco sopratutto dagli aspetti esoterici solitamente collegati alla figura della strega, non hanno mai preso alla leggera i racconti sulle masche.
Le masche, infatti, sono realmente esistite e hanno vissuto a lungo a Paroldo.
Non si trattava, naturalmente, di streghe, bensì di donne emarginate in quanto “diverse” e depositarie di antiche conoscenze e tradizioni (difficile non pensare al tarantismo e alle povere contadine del sud Italia, per le quali l’attarantamento annuale costituiva l’unica forma di sfogo socialmente accettata) a cui veniva attribuita la responsabilità di avvenimenti negativi o inspiegabili e che venivano identificate con le forze oscure.
Negli anni della caccia alle streghe tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVIII, per le donne sospettate di compiere sortilegi, malefici e fatture era pressoché impossibile sottrarsi a una sentenza di condanna; a quanto pare, però, a Paroldo – forse per merito del “cerchio magico” che lo avvolge – le presunte megere hanno potuto vivere in pace: non risultano, infatti, esservi stati né processi né abbruciamenti di masche.
Ma Paroldo è anche il paese delle Ciabre, e cioè dei chiassosi cortei mascherati che venivano organizzati, secondo alcune fonti, per irridere le seconde nozze di vedove/i; secondo un’altra versione, per punire gli sposi che non avevano rispettato l’usanza di estendere i festeggiamenti per il matrimonio ai compaesani offrendo loro una serata danzante e un rinfresco. Una pratica severamente proibita ma comunque assai praticata, che costituiva una forma di ribellione alla rigida morale cristiana imperante nel Medioevo.
Masche e ciabre, quindi, le tradizioni locali di questo piccolo borgo al confine tra Piemonte e Liguria, da cui si gode la vista di un panorama incantevole (da cui il detto “Paroldo tutto ciò che vede lo gode”). Che forse ha incantato anche le streghe.

Questo articolo ha ricevuto una menzione alla settima edizione del Premio Piemonte Mese, sezione Cultura, Storia e Ambiente

 

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