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A slancio, a bicchiere, a gloria… il suono delle campane e i paesi – di Alessandro Abate

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il suono delle campane: una tradizione millenaria, un’arte da preservare

di Alessandro Abate

Un tempo tutti i paesi avevano una voce che annunciava ogni avvenimento, lieto o funesto, che riguardava la comunità. Che si trattasse di una nascita, di un matrimonio, di un funerale e persino di eventi naturali come alluvioni e temporali, il paese veniva avvisato dal suono delle campane. Ogni messaggio era codificato, in modo che tutti potessero subito capirne il significato. Ad esempio, una serie di rintocchi ravvicinati significava pericolo.
Oggi questa tradizione, che dagli anni ’60 in poi aveva cominciato a essere dimenticata soprattutto a causa dell’elettrificazione di molti campanili, è stata riscoperta da molti appassionati in tutta Italia. Soltanto il tempo ci dirà se si tratterà di qualcosa di duraturo o se sarà soltanto il canto del cigno di un’arte millenaria, ma le varie associazioni sorte sul territorio nazionale hanno riscosso un certo successo anche tra i giovani.
In Piemonte al momento esiste solo la neonata Associazione Campanari del Monferrato che nel 2016 ha organizzato il 56° raduno nazionale suonatori di campane nel comune di Mombaruzzo, in provincia di Asti, un evento che ha attirato in quel piccolo paese più di duecento appassionati provenienti da tutta Italia. Questa associazione organizza ogni anno un corso per aspiranti campanari per tramandare quest’arte che fa parte del patrimonio culturale del Piemonte.
Ogni paese aveva tradizioni particolari, ma per quanto riguarda il basso Piemonte e in particolar modo il Monferrato si possono individuare delle macroaree con tradizioni simili. In genere, nei territori che anticamente facevano parte della Lega Lombarda, come la diocesi di Alessandria, è molto evidente l’influenza di tecniche tipiche della tradizione ambrosiana, mentre nei territori delle diocesi di Acqui e Asti è maggiore la somiglianza con le tradizioni liguri e in parte francesi.
Come in Lombardia e in Liguria, in Piemonte le campane vengono suonate facendole oscillare “a battacchio cadente”: in pratica, la forza di gravità tende a mantenere il battacchio perpendicolare al suolo ed è la campana a essere mossa e a trascinarlo, e questo succede perché i ceppi tipici di queste tre regioni tendono ad essere piuttosto pesanti. In altre regioni, ad esempio il Friuli o parte dell’Emilia, le campane vengono suonate a slancio, cioè messe in movimento a una velocità tale che il battacchio colpisca il bordo della campana che si trova in alto in quel momento per inerzia.
Attualmente quando in Piemonte si suona a festa manualmente si adopera quasi sempre una tastiera di legno azionata con i pugni e collegata tramite un sistema di catenelle ai battacchi delle campane, opportunamente bloccate in modo da ridurre la distanza tra il battacchio e il bordo della campana stessa. Un altro sistema prevede l’uso di cordicelle o catenelle legate al battacchio da una parte e a un qualche aggancio fisso -per esempio a un muro – dall’altra, che vengono tirate direttamente con le mani.
Le melodie suonate possono appartenere al repertorio inventato dagli stessi campanari di paese, ma anche dalla musica popolare o sacra. Purtroppo sono andate in gran parte perdute le melodie appartenenti alla prima categoria, a cui appartenevano anche i piccoli brani che, suonati prima dei matrimoni, permettevano di far capire se a pagare la cerimonia erano i parenti dello sposo o della sposa – ed eventualmente se avevano pagato in modo soddisfacente il servizio del campanaro.
Il suono a corda è quello più radicato nell’immaginario comune e ancora oggi è praticato in molte parrocchie. Le distese vengono effettuate facendo semplicemente oscillare le campane in modo casuale, tirando le corde dalla base del campanile. Il numero di campane che stanno suonando permette di capire il grado di solennità della funzione che sta per iniziare. La distesa di tutte le campane è detta “a gloria” e tradizionalmente si esegue poche volte l’anno, di solito al “Gloria” della notte di Pasqua, il giovedì santo e a volte a Natale.
Qualche volta la distesa completa viene suonata come segno funebre al posto della tecnica che nel basso Piemonte sarebbe propria dei funerali, cioè il suono a concerto, che richiede un campanaro per ogni campana che si intende suonare poiché per eseguirlo bisogna portare le campane “a bicchiere”, cioè capovolte rispetto alla loro posizione consueta, per poi farle ruotare nuovamente perché emettano due suoni in sequenza e poi riportarle a bicchiere. Questa tecnica prevede che facendo suonare diverse campane in successione si eseguano delle scale, che spesso venivano e vengono tutt’ora inframmezzate dai “botti” dati da singole campane per far capire il sesso del defunto e talvolta la parte del paese in cui risiedeva. Un tempo si riusciva anche a comunicare se il defunto era un adulto o un bambino, eventualità fortunatamente ormai rara. Inoltre non esiste più alcuna differenza nel modo di comunicare la morte di qualcuno tramite il suono delle campane fatta in base al censo del defunto, come era prassi fino al dopoguerra.
Bisogna precisare che non esistevano soltanto le campane “religiose”, ma anche quelle civiche, spesso situate nella torre del palazzo del podestà o in qualche antica struttura difensiva. In questi casi spesso era proprio la torre civica ad essere munita di orologio e anche a dare segnali legati all’agricoltura come ad esempio quello che ricordava agli agricoltori che era tempo di dare il verderame.
Quando il comune non aveva una torre a disposizione, solitamente comprava un orologio che veniva collocato nella torre campanaria della chiesa e mantenuto a spese della comunità. Anticamente la campana della torre civica di alcuni comuni veniva suonata per segnalare l’ora del coprifuoco: a Nizza Monferrato, ad esempio, almeno fino al 1613 ma probabilmente ancora in epoche più recenti, il Campanon veniva suonato a martello per il tempo necessario a percorrere a piedi la via più lunga del borgo. Da quando il suono cessava, era vietato uscire di casa.
Quasi tutti i campanili furono privati di tutti o parte dei loro preziosi bronzi durante le due guerre, ma durante la seconda guerra mondiale diverse campane che erano state sequestrate furono recuperate da coraggiosi paesani che approfittarono della confusione dovuta all’armistizio del 1943. Proprio a Mombaruzzo fu portata via la campana civica a cui era collegato l’orologio, e qualcuno ebbe l’idea di collocare un respingente ferroviario in modo che il meccanismo potesse emettere un suono sufficientemente forte da essere udito da terra, anche se il risultato ricordava il rumore del maglio di un fabbro.
Sono state intraprese diverse iniziative per tramandare la memoria di questa antica tradizione, ma resta ancora molto da fare soprattutto in termini di divulgazione. Infatti, se si eccettuano poche piccole e fortunate realtà, quest’arte è stata dimenticata. Colmare il vuoto lasciato da un salto di due generazioni non èimpresasemplice, tuttavia ci sono buone speranze che la riscoperta di molte altre tradizioni che sono state riportate in auge negli ultimi anni coinvolga anche questa. Intanto la Federazione Nazionale Suonatori di Campane ha avviato una raccolta di firme per chiedere al Ministero dei Beni Culturali di riconoscere e tutelare ufficialmente quest’arte come parte integrante del patrimonio culturale italiano.
Questo articolo ha ricevuto una menzione alla XII edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Cultura

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