Una passeggiata fra le cave piemontesi
di Gabriella Bernardi
La Senite della Balma o il Granito rosa di Baveno. Lo Gneiss anfibolico di Antigorio o il Granito bianco di
Dette così ai molti non dicono molto, eppure sono sotto gli occhi di tutti e li avete pure calpestati attraversando una delle vie più conosciute del centro di Torino, Via Roma.
Chissà quante volte i vostri piedi hanno indossato scarpe di cuoio e solcato la pavimentazione di fatta interamente di marmo di questa via elegante e avendo per sottofondo quel classico clac clac, prodotto dalle suole ogni volta che si posano a terra sul marmo. Questi porticati agli occhi di chi li vede per la prima volta, colpiscono per le dimensioni delle relative colonne che li sorreggono. Tutto, dalla pavimentazione alle colonne, è di marmo.
Ma si fa presto a dire marmo.
Con sguardo da investigatore, si nota ad esempio che le colonne monolitiche degli isolati precedenti a piazza San Carlo (arrivando da Porta Nuova) sono di colore grigio chiaro, mentre costeggiando il lato sinistro fino all’ultimo isolato fronte Piazza Castello si nota che sono cambiate, non solo per la foggia leggermente diversa,
Un geologo spiegherà che ogni marmo ha un proprio nome ed una ben determinata origine relativamente vicina. Infatti, tutti i marmi che adornano via Roma provengono da cave piemontesi, alcune delle quali sono ormai esaurite.
Le numerose chiese barocche del centro sono ricche di marmi provenienti da altre cave, dove Guarino Guarini si recava personalmente per scegliere i migliori materiali, ma è interessante tornare a quelli dei porticati di Via Roma e svelarne il loro nome e la loro provenienza. Possiamo iniziare imboccando Via Roma da Piazza Carlo Felice. I primi tre isolati che si incontrano spingendosi fino in Piazza San Carlo presentano colonne sobrie, slanciate e grigie. È lo Gneiss anfibolitico di Antigorio. Nell’alto Piemonte, dove scorre il fiume Toce, la Valle Antigorio, oltre alle terme e al Crodino ha come attività economica principale l’estrazione dalle sue montagne del Serizzo. In realtà questo nome deriva da vecchi termini dialettali usati nelle Alpi meridionali e della zona del Ticino e non è un termine tecnico-geologico, ma viene usato come sinonimo di granito o di gneiss. Queste rocce, generate dalla metamorfosi di sedimenti sabbioso-argillosi a circa sette chilometri di profondità, sono molto
I primi due isolati su entrambi i lati dopo piazza San Carlo sono costituiti dal granito rosa di Baveno, precisamente dalle cave sui fianchi del Mottarone, vicino al Lago Maggiore. Queste cave hanno rifornito massicciamente il lato lombardo del lago (ad esempio, l’arco della Pace e la Galleria Vittorio Emanuele a Milano), ma la presenza del granito rosa del Lago Maggiore supera i confini nazionali: lo ritroviamo a Vienna nella chiesa di San Carlo, a Parigi per le colonne dell’Opéra, e persino nel monumento di Cristoforo Colombo a New York e nel palazzo reale di Bangkok. Lo sfruttamento di questo particolare granito iniziò nell’Ottocento e la sua particolare tonalità l’ha reso tra i più utilizzati per l’edilizia e le decorazioni.
Se non siete stanchi di ammirarlo, consiglio di rimanere sul lato destro dei portici perché anche nel secondo isolato lo si ritrova, mentre l’ultimo isolato, quello che dà su Piazza Castello, presenta la Sienite della Balma. Qui ci troviamo sopra Biella, nell’alta Valle Cervo e la sua storia estrattiva inizia nel 1830 nella frazione Balma con la prima opera di una certa importanza costituita dalla colonna della Consolata di Torino. Da allora vennero aperte
Attraversata via Roma, con le spalle rivolte a Piazza Castello, le colonne sono grigie e lucide. Si tratta della Diorite di Vico Canavese, in Val Chiusella. Questa pietra appartiene alla famiglia del granito ed è usata spesso per la pavimentazione a ciotoli, data la sua resistenza alle intemperie; senza dimenticare gli usi illustri della diorite: su una colonna di diorite nera fu inciso il codice di Hammurabi e al Museo Egizio si ammirano diverse statue di questo materiale.