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La vallata che rinasce – di Alberto Fenoglio

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Cascina La Noce, un laboratorio d’eccellenza in tempo di crisi

di Alberto Fenoglio 

In Valle Oropa, a mille metri di altezza, lungo la strada che salendo porta al Santuario, dopo una serie di tornanti un cartello con l’immagine di una noce indica l’azienda agricola di Andrea Dall’occo. Cascina La Noce, appunto. L’azienda non è solo un esempio di scommessa imprenditoriale di un giovane, ma un insieme di valori, dalla passione per la natura e del lavoro agricolo, all’amore verso il territorio e le sue tradizioni.
Andrea è un giovane di 34 anni che dopo aver lavorato sei anni presso la ditta di famiglia come pasticcere ha deciso di intraprendere un nuovo percorso, quello di giardiniere e nel 2006 ha posto le basi per la realizzazione del suo grande sogno.
Dove si trovava un casolare diroccato con terreni incolti e abbandonati dagli anni Cinquanta ora sorge un laboratorio-distilleria di circa duecento metri quadri e con venti ettari di terreno terrazzato e coltivato a ortaggi; circa trecento piante di ben quattordici diverse varietà di mele e poi ciliegie, pere, prugne, filari di lamponi, ribes, mirtilli, il tutto coronato da un antico castagneto con piante secolari, noccioli e naturalmente noci.
Gianfranco, 82 anni, anziano abitante della vicina frazione e caro amico di Andrea, si commuove: ”Quando vedo questo bosco che ritorna ad esser prato, mi torna quella gioia di far rinascere la nostra vallata”.
Andrea ricorda: “La fatica è stata tanta per il recupero dei terreni, dal taglio di rovi e piante infestanti al drenaggio del sottosuolo, dalle palizzate di confine al livellamento dei pendii”, e rammenta bene le estati senza vacanze o tempo libero trascorse a lavorare per realizzare l’opera. “Le tante ore di lavoro che ho dedicato e che tuttora dedico non mi scoraggiano”, sostiene Andrea con sguardo di fierezza ed orgoglio per ciò che ha creato. “L’ostacolo più grande è stata la burocrazia con le sue lunghe tempistiche per l’ottenimento dei permessi, o come le regole sulla distillazione che risalgono ancora ai 
tempi del fascismo e con una tassazione di circa nove euro e venti centesimi ogni litro di alcool distillato”. E aggiunge: “Sarebbe utile per noi imprenditori poter dilazionare l’ammontare del pagamento dell’IVA, che mi è costata ben novantamila euro, piuttosto che ottenere un fondo iniziale”.
Sì, perché un fondo iniziale l’azienda l’ha ottenuto. Si è trattato di fondi europei che purtroppo come noto non sono sempre pienamente sfruttati dal nostro Paese. La somma copriva il 60% di un investimento iniziale di duecentomila euro a fondo perduto per il recupero della montagna e per il sostegno dei giovani imprenditori. “È stata un buon aiuto per iniziare quello dei fondi europei, sostiene Andrea, ma non è stato facile completare la spesa entro i tempi stabiliti con il conseguente rischio di perdere il finanziamento”, conclude.

Cascina La Noce significa eccellenza e qualità grazie ad una filiera corta, alla biodiversità delle coltivazioni che vengono alternate, alla quota che non permette il sorgere di determinati agenti patogeni, (come la dorifora delle patate inesistente intorno ai mille metri) e l’accurata scelta di varietà già presenti sul territorio, perfettamente adattate, che non necessitano alcun tipo di trattamento se non la regolare potatura. Come le mele e le pere che grazie ad un attento lavoro di ricerca operato da Andrea raccogliendo anche le preziose conoscenze degli abitanti di quel territorio e di quella generazione che ancora oggi le conserva, sono adatte all’habitat della banda veja (versante in ombra), con una media di sei ore giornaliere d’esposizione ai raggi solari.
Alla cascina La Noce si coltivano erbe aromatiche e officinali – menta, dragoncello, erba cipollina, lavanda, rosmarino e l’antica erba di San Pietro – e nei prati sono raccolti a mano, prima della fienaigione, achillea, tanaceto, rabarbaro di monte e rosa canina. Da queste erbe sono prodotti biscotti e grappe, mentre dalla frutta e dai frutti di bosco, marmellate e liquori.
Grappe e liquori sono prodotti dal distillatore con un alambicco discontinuo bagnomaria alla piemontese a legna, costruito da Secondo Guglielmetti magnin di terza generazione, di Cuorgnè, conosciuto alla fiera di San Bartolomeo.
Andrea mi spiega che i tempi della distillazione sono gli stessi della grande distribuzione, ma è il quantitativo di prodotto finito che cambia. La prima campagna di distillazione, nell’inverno 2012-13, ha prodotto duemila litri di distillato. La differenza è nella qualità: l’alcool con questo sistema è molto più profumato e vengono estratti dalle vinacce più aromi, permettendo così di realizzare un prodotto d’eccellenza. Un esempio è il distillato prodotto dalla raccolta delle pigne di pino mugo: da trentacinque chili di pigna (mezza giornata di raccolta manuale e di cammino tra i boschi), si ricavano solo settanta litri di prodotto.
Grazie al distillatore anche le castagne, che vendute consorzio avrebbero solo fruttato un euro al chilo, diventano un prodotto sotto grappa di elevata qualità. “Così sono in grado di valorizzare maggiormente il lavoro di produttore e di ripagare il mio tempo”precisa Andrea.
Quantità non significa qualità, lo dimostrano anche le marmellate prodotte con una percentuale di frutta pari al 65%, senza addensanti e cotte a fuoco lento dalle sei alle dodici ore sulla tradizionale stufa a legna, il putagé.
Le giornate lavorative durante la primavera e l’estate iniziano la mattina alle 5:30-6 alternandosi tra il fieno, la cura del frutteto, la raccolta di erbe spontanee, selvatiche e aromatiche, il continuo recupero e ripristino del bosco, la raccolta di piccoli frutti come i lamponi o mirtilli da effettuare ogni tre giorni e opere di ripristino per la captazione di una sorgente.
Durante il periodo invernale si taglia la legna, sisi potano gli alberi da frutto, si lavora in distilleria (dicembre-gennaio), si concimano i terreni. 
Andrea non è solo: con lui ci sono il padre Luigi, pasticcere in pensione, la moglie Chiara che si divide tra la scuola in cui insegna ed il laboratorio e il piccolo Vittorio, il figlio di Andrea e Chiara, anche lui già in laboratorio coccolato da mamma Chiara e nonna Ester.

Questo articolo ha ricevuto una menzione alla VII edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Economia e Artigianato

 

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