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Oltre l’Ostensione: affreschi sindonici in Piemonte – di Giovanni Andriolo

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Il Piemonte degli affreschi sindonici

di Giovanni Andriolo

A buona parte dei piemontesi, e non solo, sarà capitato di attraversare Piazza San Carlo a Torino. In pochi, tuttavia, avranno notato due affreschi rettangolari agli estremi della facciata del palazzo sul lato ovest della piazza. Per anni, anche chi scrive li ha ignorati.
Presi dallo sfarzo dei caffè storici, del Caval ‘D Brons o delle vetrine dei negozi, se soltanto avessimo sollevato lo sguardo al primo piano dell’edificio, all’altezza del parapetto delle finestre, avremmo visto anche noi due affreschi sindonici del ‘700.
Un piccolo esempio, quello di Torino, di una collezione di oltre cento esemplari diffusi in tutto il territorio regionale. Un ciclo di immagini dalle dimensioni variabili affrescate sui muri esterni di chiese, palazzi, case che raffigurano l’ostensione della Sindone; o, piuttosto, una sua rivisitazione.
Una collezione di cui pochi conoscono l’importanza, non soltanto come testimonianza di una religiosità diffusa nel territorio, ma anche come documento storico per comprendere la funzione che la Sindone ha giocato fin dal suo arrivo in Piemonte.
Una storia che risale alla seconda metà del ‘500, quando i Savoia, trasferitisi a Torino, individuano come dimora più adeguata l’attuale Palazzo Reale, allora residenza del Vescovo. Dopo qualche anno riescono a insediarvisi, sfrattando però il rappresentante religioso locale: un gesto forte, che rischia di urtare la sensibilità religiosa del popolo.
Diventa a quel punto indispensabile per i Savoia trovare uno strumento, un simbolo di legittimazione agli occhi della popolazione. E così, nel 1578 il duca Emanuele Filiberto I di Savoia trasferisce la Sindone a Torino, trasformandola in uno strumento di propaganda per la casa regnante: l’ostensione infatti diventa l’occasione per dimostrare come i sovrani godano del favore divino.
Le prime ostensioni torinesi, tuttavia, sono ben diverse da quelle odierne: allora avvenivano nell’attuale Piazza Castello su di un palco appositamente costruito, da dove il Vescovo e le principali personalità religiose e politiche del tempo potevano mostrare la Sindone alla popolazione.
In un simile contesto, assumono una valenza importante per la politica dei Savoia le incisioni ufficiali delle ostensioni. Gli incisori di corte, infatti, avevano il compito di raffigurare l’evento affinché le loro opere fungessero da cassa di risonanza, da cronaca fruibile anche successivamente all’ostensione stessa. Durante questi eventi, tuttavia, la popolazione, distanziata dal palco da file di guardie, riesce a malapena a scorgere la Sindone. Tanto che alcune incisioni ufficiali di ostensioni del ‘600 mostrano i fedeli intenti a discutere e a svolgere attività commerciali piuttosto che ad assistere all’esposizione del “Sacro Lino”.
E così, ben presto si diffonde a Torino e nei piccoli centri un filone artistico parallelo, popolare: quello degli affreschi sindonici. Un genere i cui autori sostituiscono le autorità religiose e secolari che in città reggono il telo con la più popolare Madonna, con piccoli angeli, con i santi tanto cari alla popolazione, con i personaggi della vita politica o religiosa locali.
Ma come si arriva alla nascita di questo genere? Come si sviluppa e si diffonde?
Ne abbiamo parlato con Sisto Giriodi, docente di Architettura a Torino, che ha visitato città e piccoli centri in tutta la regione per scovare e fotografare più di cento affreschi sindonici, raccolti ora in un libro dal titolo Le altre sindoni (Blu Edizioni, 2010).
E abbiamo scoperto come già prima delle ostensioni torinesi esistesse nel territorio piemontese una pratica diffusa di affreschi su San Cristoforo, protettore dei viaggiatori. Si credeva che chi durante il viaggio avesse incontrato questi affreschi sarebbe arrivato sicuro a destinazione.
Con il tempo, e con le prime ostensioni, gli affreschi sindonici hanno pian piano sostituito quelli di San Cristoforo come punto diffuso di pratica religiosa; anche se, in questo caso, sottratto al potere di Chiesa e Stato. I quali certamente mostravano la Sindone come atto ufficiale, ma, nei fatti, non permettevano alla gente di vederla.
Da qui, la popolazione inizia a creare delle proprie ostensioni, visibili a tutti e senza bisogno di difficili quanto inutili trasferte a Torino.
A volte gli affreschi sindonici erano commissionati da privati, che nel loro villaggio o città sceglievano un pittore itinerante e i soggetti che sarebbero comparsi nel dipinto. E così, in queste ostensioni “provinciali” entrano i santi protettori di messi e animali, i vescovi locali e tutta una serie di temi e motivi reali, contingenti, rilevanti a livello locale. In questo modo, si sviluppa una sorta di indifferenza verso le iniziative della corte e della Chiesa: si tratta, in ultima analisi, di un atto di  rottura con i poteri centrali.
I pittori degli affreschi sindonici appartengono alla cultura delle pitture sacre: un genere pittorico diffuso, condiviso e compreso da tutti. Questi pittori, si potrebbe dire, operano attraverso la loro arte una sorta di democratizzazione dell’atto dell’ostensione.
Così, gli affreschi di Corio e Rocca Canavese, nel Torinese, ammiccano in modo evidente a scene di vita quotidiana, domestica: nel primo caso infatti la Sindone è sorretta dalla Madonna e da alcuni Santi di sbieco, in una posa che ricorda l’atto di piegare un ampio lenzuolo; l’affresco di Rocca Canavese, invece, raffigura la Madonna che presenta il sudario con una gestualità che ricorda da vicino le pose di chi stende una tovaglia sulla mensa di casa.
Altrettanto caratterizzati sono alcuni affreschi in cui la Madonna, presente nella maggior parte delle pitture, lascia il posto a personalità o santi venerati localmente: come l’affresco che troneggia sulla facciata esterna della Chiesa Parrocchiale di Bene Vagienna, nel Cuneese, che rappresenta la patrona locale, Paola Gambara da Brescia, il patrono di Mondovì, San Donato Vescovo, e il beato Amedeo IX di Savoia.
In altri casi, sono proprio gli eventi locali a creare l’occasione della pittura: ad esempio, l’affresco sindonico di Sparone, nel Torinese, fu dipinto nel 1684 per esaudire un voto fatto di fronte al pericolo di straripamento del vicino torrente Orco.
Con il passare degli anni, tuttavia, e con la diffusione del genere in diverse località del Piemonte, l’affresco sindonico comincia a tentare, a quanto pare, anche i pittori di corte. Ne è esempio l’affresco di Pamparato, nel Cuneese, che raffigura un’ostensione che Giriodi stesso definisce “kolossal, arricchita da cento comparse”. È probabile che chi lo ha dipinto provenisse dal mondo dell’arte “approvata”, di corte: lo si riconosce dalla fedele rappresentazione della folla dei cortigiani stessi.
Un esempio simile si trova nella Frazione Mestrale di Venaus, in cui gli abiti ricchi e sontuosi della Madonna e dei santi rappresentati, così come lo sfondo che raffigura un’arcata dal raffinato disegno classico, sono stati dipinti da qualcuno che a corte si era trovato anche nella vita reale.
Un punto tuttavia, in questo appassionato racconto, crea un certo imbarazzo: lo stato di conservazione degli affreschi. Alcuni infatti, appaiono fortemente deteriorati, mentre altri sono stati addirittura tranciati nel corso del tempo per lasciare spazio a elementi architettonici successivi, come terrazzini o finestre.
Nel complesso, lo stato di conservazione degli affreschi è vario, e dipende dal luogo in cui si trovano, dall’età, dalle tecniche usate, dalla protezione rispetto agli agenti atmosferici: non mancano affreschi che, posti ai bordi di una strada, sono colpiti dagli schizzi di fango delle auto di passaggio. In generale, un terzo di questi affreschi appare deteriorato, un terzo sembra avere bisogno urgente di restauro, mentre l’ultimo terzo risulta nel complesso ben conservato.
Quello che più stupisce, tuttavia, è la mancanza di qualsiasi progetto di restauro. E non soltanto per rispetto di un bene artistico e culturale che è patrimonio di tutti; ma anche, e soprattutto oggi, nell’ottica dei recenti sviluppi nella promozione del territorio piemontese, degli eventi, dell’enogastronomia, dei castelli e delle regge sabaudi: una dinamica che sembra aver dimenticato gli affreschi sindonici.
Un patrimonio ricco, diffuso, che permetterebbe, in concomitanza con l’ostensione del 2015, di organizzare tour tematici attraverso i principali assi di comunicazione tra Torino e il resto del Piemonte alla ricerca degli affreschi. E allietati, come corollario, dal buon cibo e da visite alle località del territorio.
Un’occasione che, si spera, possa ancora essere colta; sicuramente per ravvivare gli introiti di Comuni ancora poco battuti dal turismo, ma soprattutto per garantire al patrimonio degli affreschi sindonici gli interventi di recupero, conservazione e valorizzazione che meritano.

Tutte le fotografie sono state realizzate dal Prof. Sisto Giriodi
Per ulteriori approfondiment, si rimanda al già citato libro di Sisto Giriodi, Le altre Sindoni, Blu Edizioni 2010

 

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