Tra simboli arcaici e divertimento puro
di Eleonora Rossero
Tali tradizioni si ritrovano diffusamente anche in Italia e in particolar modo nelle zone montane della penisola, dove il contatto diretto con i ritmi della natura ha permesso a questi usi di conservare almeno in parte il loro significato. Il Piemonte è un territorio particolarmente ricco di manifestazioni di questo genere, che hanno luogo tanto nelle città (il più famoso è sicuramente il Carnevale di Ivrea con la sua celebre battaglia delle arance) quanto nei più piccoli paesi delle valli alpine.
Altrove tale episodio di morte e rinascita è rappresentato dal Carnevale stesso: a Bardonecchia è la maschera del Giudice a stabilire la condanna di un fantoccio che rappresenta il Carnevale, di cui vengono elencati i buffi reati e che viene poi bruciato in un rogo sulla pubblica piazza, mentre i cittadini festeggiano la fine dell’inverno in un girotondo attorno al falò. A Condove, in Val di Susa, in occasione del Carnevale del Lajetto, è invece El Pajass che, tagliando la testa a un gallo, decreta la morte del Carnevale e quindi la fine dell’inverno, dopo una sfilata per le strade del paese che vede le maschere dei Vecchi e delle Vecchie avvicendarsi in scherzi e buffonate di ogni genere.
L’animale è un elemento ricorrente all’interno delle manifestazioni e spesso viene impersonato da uomini mascherati con pellicce, corna, artigli, che spaventano e scherzano con gli abitanti del paese emettendo ruggiti e urla gutturali. Gli animali più presenti sono il lupo (è il caso del Carnevale di Chianale, in provincia di Cuneo) e soprattutto l’orso, abitante alpino che racchiude in sé le fasi della natura così centrali nel Carnevale: il letargo in cui l’animale cade annualmente termina infatti con la fine della stagione invernale e rappresenta un ritorno alla vita al pari delle gemme sui rami spogli degli alberi.
Anche a Mompantero, e più precisamente nella frazione di Urbiano, in Val di Susa, è l’orso il protagonista della festa, che non a caso prende il nome di Fora l’Ours: l’animale è l’obiettivo di una finta battuta di caccia a cui alcuni abitanti danno inizio di sera, il primo sabato di febbraio, dopo essersi rifocillarci per le vie del paese; il giorno successivo è quello del “ballo dell’orso” in quanto l’animale, impersonato da un uomo mascherato e ammansito grazie a generose sorsate di vino, viene scortato sino nel centro abitato e fatto addirittura ballare con le più belle ragazze del luogo. Anche in questo caso si può notare l’intento di rendere inoffensiva una creatura pericolosa che, parallelamente all’inverno, finisce per cedere il passo alla festa, all’allegria e quindi alla vita.
Un ulteriore esempio di come la figura dell’orso sia radicata nelle tradizioni alpine piemontesi è dato dal Carnevale dell’Orso di Meliga di Cunico, in provincia di Asti. Qui all’elemento animale si aggiunge quello vegetale, in quanto il costume dell’orso è realizzato con foglie di meliga essiccate dalle quali prende il nome la festa stessa; tale dettaglio rivela un forte legame con la tradizioni contadine locali poiché il materasso sul
Il Carnevale è dunque una tradizione tuttora presente, di origini precristiane ma talvolta ibridata con elementi religiosi (per esempio la Festa dell’Orso di Mompantero di cui si è parlato coincide anche con le festività in onore di Santa Brigida).
In alcuni dei luoghi citati l’usanza è stata recuperata e riproposta in tempi recenti, basandosi su testimonianze orali e reperti storici; tale riscoperta si deve a progetti culturali come la Residenza Multidisciplinare “Da Monferrato al Po” per quanto riguarda Cunico e l’associazione “Le Barbuire” nel caso di Condove.
Il mutare del tempo ha indubbiamente allontanato la realtà odierna da quella passata, scandita dai ritmi della natura e caratterizzata da una maggior consapevolezza del mondo non-umano, animale e vegetale, che ci circonda; il recupero delle tradizioni permette tuttavia di mantenere un legame con la storia dei paesi piemontesi ed alpini, riuscendo ancora a donare ai suoi abitanti momenti di festa, di spensieratezza e di quel disordine creativo del Carnevale che tanto ci è familiare.
Questo articolo ha ricevuto una menzione alla IX edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Cultura