Ovvero: come smettere di lamentarsi, dare una pulita e riprendersi gli spazi urbani
di Federica Vivarelli
Escludendo l’eventualità di esserne gli autori, si possono forse contare tre reazioni di fronte a questi spettacoli: la prima, la più classica, è il fingere di non vedere. Segue poi il lamentarsene, con il classico “che schifo questa città, ma qui non possa mai nessuno”, o “non li voto più”.
Infine, rimboccarsi le maniche e pulire. Si chiama “Retake” e gioca col nome sul riappropriarsi delle strade, un riprendersi ciò che è proprio a partire dai cittadini. Anche se la cartaccia non è la propria e le tasse le ha pagate anche chi quella cartaccia la sta raccogliendo. Una rivoluzione che parte da un basso che di più non si può, i marciapiedi, e che ha trasformato scopa e paletta in azioni sovversive.
Retake è un ritrovarsi, un modo di fare e una filosofia di vita che forse alcuni piccoli paesi già conoscono senza sapere di farne parte. Tuttavia, il suo arrivo ufficiale in Piemonte risale a circa un anno fa, e nasce prima ancora negli Stati Uniti negli anni Novanta. Su come sia arrivato in Italia, la leggenda narra di un gruppo di signore americane che si ritrovano a bere il tè a Roma, dove vivono. E di come, tra un sorso e l’altro, siano arrivate a lamentarsi dell’incuria e della sporcizia della loro città d’adozione.
Finché, stanche di aspettare, una mattina il gruppo di americane scende in campo con pennelli e vernici e rimette a nuovo le colonne di ingresso del condominio. È proprio con quelle pennellate che nasce Retake in Italia.
Qualche anno più tardi, ancora senza conoscere i particolari di questa storia, un gruppo di amici si ritrova a fare la stessa cosa tra Parella e San Donato, a Torino.
“La scorsa estate abbiamo organizzato quattro ritrovi diversi nella stessa giornata: all’orto urbano, all’ecomuseo, in piazza Risorgimento e dietro piazza Massaua”, racconta Cristina Pidello, ventisette anni, che a Parella ci abita da sempre. “Quattro luoghi che da segnalazioni e sopralluoghi avevano bisogno di un
In un anno gli interventi sono continuati, spostandosi anche in altre aree. L’ultimo retake è successo a settembre a Collegno: genitori, figli, politici e passanti si sono cimentati con la pulizia di una zona del parco Dalla Chiesa. “La cosa che incuriosisce di più chi ci vede alle prese con gli interventi è che siamo perlopiù adulti, sottolinea Cristina, in un gruppo troppo vario per poterci classificare come lavoratori socialmente utili o scontanti una pena”.
È proprio attraverso i social e le immagini degli interventi che le due città si conoscono e si tengono in contatto: “Retake non è un gruppo e non ha bisogno di rivendicazioni su chi abbia fatto per primo qualcosa”, spiega Rocco Paolo Padovano, referente per il capoluogo piemontese. “Retake non è di qualcuno, ma di tutti. È di chi ha voglia di uscire di casa il sabato mattina per pulire il marciapiede che ha di fronte. Questo giardino ad esempio, è pieno di cartacce. Eppure ci sono bambini, con i loro genitori. Ma preferiscono stare nell’immondizia piuttosto che fare un piccolo gesto”, indica Padovano mentre quelle cartacce le prende e le butta nel cestino della spazzatura.
C’è anche chi critica il retake in base al principio che spetta ai Comuni risolvere il problema, dal momento che ricevono i soldi delle tasse anche per questo: “Se però siamo riusciti a inculcarci che gettare la carta per terra è sbagliato, ora dobbiamo abituarci a raccogliere la carta degli altri”, sorride Padovano. “C‘è solo bisogno di cittadini sovrani, per dirla con don Milani. Senza tralasciare che in tempi di crisi i Comuni non riescono a stare dietro alle necessità di tutti. E cosa dobbiamo fare, assuefarci al degrado e al lamento?”.
Non manca neanche chi prende il retake per un’azienda di pulizia e decorazione: “Spesso ci scrivono chiedendo interventi in determinati luoghi, ma la filosofia sarebbe quella di segnalare la necessità di un intervento e organizzarsi insieme, non indicare a noi dove andare. Chi è disponibile al retake lo fa nel tempo libero”, incalza Cristina. “Addirittura, tempo fa un altro quartiere di Torino ci ha contattati per chiedere di ritinteggiare un muro. Ma non siamo certo un’impresa di decoratori! Per la cronaca, quell’intervento è stato comunque fatto in autonomia, e poi criticato perché ha rimosso un famoso murale. Per questo retake secondo me dovrebbe limitarsi a interventi di pulizia, piuttosto che azioni di creatività”.
Ad esempio i materiali: a volte si porta ciò che si ha in casa, come guanti e paletta. Altre volte è proprio l’amministrazione a finanziarli. Di recente, anche grandi e piccoli negozi del fai da te vogliono essere annoverati come sponsor di queste piccole grandi rivoluzioni cittadine.