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Diamoci una Smossa! – di Gabriella Bernardi

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La maniglia universale è solo l’ultima delle creazioni di Davide Adriano

di Gabriella Bernardi

Lo scorso aprile si è svolta la prima edizione del premio “Inarcassa premia le idee”, istituito dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti liberi professionisti.
Il vincitore è stato, primo su 162 partecipanti, Davide Adriano, cuneese, nato alla fine degli anni Sessanta e laureato in architettura a Torino. È Professore incaricato del corso di Disegno Industriale dal 1998 al 2008, ma parallelamente fonda assieme al fratello Gabriele, anche lui architetto, lo studio che porta il loro cognome.
Il suo interesse per l’architettura nasce da una tradizione familiare?
No, nasce probabilmente da un’infanzia passata a costruire i propri giocattoli recuperando pezzi di risulta dalla cascina nelle Langhe dove io e mio fratello trascorrevamo le vacanze estive isolati dal mondo mentre i nostri genitori lavoravano nelle vigne. Ingegnarsi a costruire di tutto per divertirsi è quello che facciamo ininterrottamente da allora. La decisione di studiare architettura è stata fondamentale per la nostra professionalità, tutti i più grandi designer italiani sono accomunati da questo percorso che purtroppo non potrà più avere continuità con la nascita del nuovo ordinamento universitario e dei nuovi corsi di laurea fortemente specialistici”.
Insegnare e progettare possono favorire la creatività?
Probabilmente si, ma insegnare è un mestiere difficile che uno fa per passione e perché crede in una missione, non si deve fare per altri fini. Purtroppo l’insegnamento universitario in Italia è diventato svilente, una professionalità non riconosciuta, con meriti non riconosciuti. Sono convinto che stia attraversando il peggior periodo della sua storia con la peggior qualità della didattica mai vista. Quindi ho preferito dedicarmi alla mia attività professionale a tempo pieno”.
Il sito internet del suo studio mostra una quantità di prodotti innovati, dalle stufe ai calciobalilla, realizzati per aziende nazionali e internazionali con più di cinquanta brevetti depositati e svariati premi e riconoscimenti conseguiti fra cui il Compasso d’Oro. Come ci siete arrivati?
Con la passione per il lavoro che si fa. Questo non è un mestiere dove incominci al mattino e smetti alla sera, la tua vita e la tua professione sono un tutt’uno, è un mestiere fatto di curiosità, innovazione, ricerca. La competizione non è con altri professionisti ma con te stesso. Noi crediamo fortemente che il nostro mestiere sia quello di fare innovazione e quindi abbiamo sviluppato una metodologia che ci porta ad ottenere molti prodotti che possono essere tutelati da brevetti e che ricevono riconoscimenti da parte di premi internazionali”.
L’ultimo in ordine temporale, il Premio Inarcassa appunto, è stato attribuito per la Smossa. Cos’è?
Si tratta di una maniglia che risponde con l’apertura della porta qualunque sia la gestualità di azionamento del suo utilizzatore, e il suo meccanismo è compatibile con i due standard mondiali di chiusura. Una vera maniglia universale che si può montare su qualsiasi porta al mondo e che si apre se spinta, tirata, ruotata verso l’alto o verso il basso. La Smossa è anche una maniglia di sicurezza antipanico”
Con quali aspettative e prospettive un professionista oggi partecipa ai concorsi di settore?
I concorsi veri, quelli che nascevano con l’intento di essere una competizione che sviluppa l’innovazione e che premia il vincitore, sono praticamente estinti. I premi dei concorsi oggi sono puramente simbolici, se non addirittura umilianti. Molti sono svilenti della professionalità e sono un sistema per avere lavori sottocosto. Bisognerebbe ricostruire il valore del Concorso come sistema virtuoso di sviluppo, come metodo meritocratico per scoprire, premiare e finanziare innovazioni, ma questo richiederebbe una volontà ed una intelligenza politica che in questo paese non c’è più da molto tempo”.
La tutela della creatività nel vostro campo è molto importante, ma quello che colpisce è che la vostra progettazione coinvolge diversi prodotti, tutti con una spiccata innovazione. Vi è capitato di essere stati copiati?
Capita spesso, purtroppo, e le tutele giuridiche sono difficili da attuare, costose e incerte. Noi brevettiamo tutto, ma spesso non basta. Ci consoliamo con il fatto che se ci copiano vuol dire che lavoriamo bene e le idee sono buone. La cosa migliore è essere sempre un passo avanti a chi ti insegue in maniera sleale”.
Quali consigli o suggerimenti darebbe a un giovane che volesse lavorare come libero professionista?
Questo mestiere ha dei paradossi pazzeschi. Sulla carta, l’Italia dovrebbe essere un consumatore pazzesco di designer essendo uno dei paesi manifatturieri più importanti al mondo e quindi i designer dovrebbero essere stracarichi di lavoro. La realtà non è così, il novanta per cento dell’industria è totalmente ignorante sul mestiere e sulle professionalità dei designer e quindi non ne fa uso. Per riuscire a fare il designer in Italia devi essere super bravo, avere un riconoscimento internazionale, essere capace di comunicare che cosa fai e come lo fai, il che non lascia spazio ai giovani che vogliono entrare sul mercato senza aver maturato una lunga esperienza. Inoltre fare il libero professionista in questo Paese è difficilissimo, una professione nella professione dove la burocrazia porta via un mare di tempo a un lavoro che ha già margini economici risicati al netto della tassazione”.
Il vostro studio è al Cortile del Maglio. Oltre ad essere un luogo molto suggestivo di archeologia industriale, vi è stato ispirante per le vostre progettazioni?
Si, per noi è un luogo speciale, una città nella città. A Porta Palazzo tutto è diverso. Il Gran Balon è bellissimo e fonte di ispirazione continua per il nostro lavoro. Il vecchio Arsenale Militare dentro cui abbiamo lo studio è un luogo magico dove si respira la storia. Purtroppo la città di Torino ha abbandonato la cura e la tutela di questi luoghi che si stanno degradando rapidamente e stanno perdendo la loro identità e che presto, se non si interverrà, perderanno le persone che hanno investito sul recupero degli spazi urbani di questi luoghi difficili ma affascinanti e carichi di storia”.

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