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Ginetto il macaco e i suoi amici. L’Oasi degli Animali di San Sebastiano Po – di Chiara Priante

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L’Oasi degli Animali di Dario Garavello a San Sebastiano Po, rifugio per animali di ogni specie

di Chiara Priante

Difficile dire chi, tra questi animali, sia la vera mascotte. Forse Ginetto, un macaco arrivato qui tramite il Ministero

Ginetto il Macaco

dell’Ambiente e sequestrato dalla Guardia Forestale di Milano, dopo essere stato segregato per due anni. Ma come non provare enorme simpatia per Torquato, un tasso lasciato qui, appena nato, dalla Città Metropolitana di Torino e svezzato a colpi di biberon?
L’Oasi degli animali, a San Sebastiano Po, in provincia di Torino, è un covo di storie per la Walt Disney: potrebbe certamente ispirare molti cartoni animati. È un luogo dove, quasi sempre, a vincere – a parte, forse, solo negli angoli dedicati ai rettili, che un po’ di paura incutono – sono gli occhioni grandi degli animali e il lieto fine che ha contraddistinto molte loro vite.
Per andare con ordine, bisogna spostare le lancette indietro e tornare al 1993 quando Dario Garabello, dopo 25 anni di onorato servizio a Torino, come insegnante, decise di appendere la penna rossa al chiodo, andare in pensione e trasferirsi in queste campagne per dare sfogo alla sua passione. Facile indovinare quale sia: gli animali.
Scelse le colline di San Sebastiano Po, perché un poco assomigliavano alle sue amate Langhe. Comprò una casa con un’enorme tenuta intorno. Iniziò riempiendola con pecore, poi ottenne i permessi per daini, caprioli, mufloni. Ben presto, il parco si animò di tantissime specie. Ma, si sa, la bellezza è difficile da celare, attrae, come pure gli sguardi dolci. Molte persone, nella provincia di Torino, vennero a conoscenza, iniziarono a suonare il campanello, telefonare, chiedere di poter entrare, vedere gli animali, fotografarli anche se, allora, non c’erano i selfie e ci si doveva accontentare dei rullini. Viste le continue richieste di poter visitare la struttura, Garabello prese la fatidica decisione: nel 1997 il parco fu aperto al pubblico. Non era solo più il suo regno. Nel 2001, ottenne il riconoscimento da parte del Comitato Scientifico italiano della Cits.
Oggi l’Oasi degli Animali, che si trova in via Nobiei 45, ospita tante specie, da quelle nostrane a quelle esotiche più particolari e, a vederle, ci sono grandi e piccini, passeggini e cuccioli di uomo, incantati, in braccio ai loro genitori.
Ci sono i canguri bianchi e i procioni, le antilopi e i cervi giapponesi – i più piccoli al mondo. Impossibile non fermarsi davanti a ognuno, cogliere la bellezza di musi e colori, linee e balzi. Tutti gli animali vivono in ampi recinti, in mezzo a un bosco di centossessantamila metri quadrati, inserito in un ambiente il più possibile simile a quello naturale.
Dario Garabello li alleva con l’aiuto di Gaspare e di una squadra di valenti ragazzi e persone che lo aiutano a mantenere l’Oasi in ordine. Ci tiene a tutto, comprese le aiuole e gli angoli fioriti perfettamente curati, che mostra con orgoglio. Dario c’è, sempre: è lui spesso a rispondere al telefono e a raccontare storie e aneddoti a chi arriva.
A San Sebastiano Po arrivano tanti esemplari confiscati dagli enti, tra i quali il Corpo Forestale, e affidati all’Oasi degli Animali. Il più simpatico, re nelle espressioni più buffe, è forse proprio Ginetto, un macaco arrivato tramite il Ministero dell’Ambiente e sequestrato dalla Guardia Forestale di Milano, dopo essere stato chiuso per due anni: “È dispettoso, ma come saluta lui la gente non ce n’è: si innamorano tutti”, racconta Dario.
Molti altri enti fanno riferimento a questo luogo per portare gli animali. La Città Metropolitana di Torino, ad esempio, ha portato qui, piccolissimo, un tasso che aveva trovato sperduto, senza più la sua mamma: in onore del creatore della Gerusalemme liberata, ha preso il nome di Torquato. Sempre la Città Metropolitana ha affidato all’Oasi la faina Faustino: come Torquato, ha un anno di vita. Entrambi sono stati allevati con il biberon, perché sono giunti piccolissimi. Sempre la Città Metropolitana ha lasciato qui un piccolo di corvo albino. È andato a far compagnia a Igor, la cui storia è davvero da favola. Anche lui esemplare di corvo albino, tutto bianco, è nato a Torino, sulle rive del Po, ed era stato rifiutato dai genitori e dai suoi simili perché diverso, non nero come loro. Per salvarlo, l’hanno lasciato da Garabello, dove oggi è ammirato e amato da tutti, proprio perché bianco: “Gli altri corvi, altrimenti, l’avrebbero ucciso”.

Gilda, l’asinella nata il 24 aprile

In questo parco faunistico, dove si sente il profumo dei frassini e dei tanti fiori presenti che ornano angoli e scorci, c’è anche un biancone, uccello migratore molto più grande di una comune poiana. Ci sono boa e pitoni, iguana ed emù, testuggini e pavoni, l’allocco e un pony di Shetland, muflone e cincillà.
Adesso è il momento delle cucciolate che mandano in visibilio i tanti bambini che vengono a visitare la struttura. Sono nate le caprette tibetane, i lama, gli asinelli bianchi, gli orsetti lavatori. A fine aprile è nata Gilda, un’asinella sarda, che qui fanno a gara a fotografare con la sua mamma. Molti rapaci stanno covando e stanno per nascere gufi reali, e le belle civette delle nevi.
A volte arrivano esemplari appartenuti a famiglie: li hanno comprati, allevati, a volte anche amati, ma ad un certo punto qualcosa è andato storto. Una lince è stata portata da Borgofranco d’Ivrea: era morto il suo proprietario e l’hanno lasciata qui, per salvarla. Lo stesso è successo a Igor, un casuario. Sembra un animale preistorico, uscito da un libro per bambini: è uno struzziforme, ha 20 anni ed è stato regalato al parco dal proprietario che non poteva più tenerlo. Perché proprio il nome Igor al casuario, lo stesso del corvo albino? “Perché, dopo tanti anni, ad avere tutti questi animali, non si sa più come chiamarli”, ridacchia Garabello.
Ci sono anche specie in via di estinzione. Dario mostra le pecore savoiarde, che i pastori non tengono più perché non rendono. Lui le tiene – e coccola – come pure le capre grigie di Lanzo, specie autoctona a rischio scomparsa, o le belle caprette vallesane, metà nere e metà bianche.
Questo è un piccolo mondo, un’arca di Noè aperta tutto l’anno dalle 10 sino al tramonto, che si riempie di famiglie, bambini, classi che vengono a visitarla e alle quali viene trasmesso l’amore per gli animali e le esperienze che sono state accumulate in anni di attività. “Un contatto diretto tra bambini ed animali può aiutare a migliorare il rapporto tra uomo e natura, rendendo meno impersonale ed astratto di ciò che si apprende dai libri e dai documentari in televisione” spiega Garabello, che non ha perso l’anima dell’insegnante. E proprio per rendere la visita anche più informativa e formativa, il sito dell’Oasi, www.oasideglianimali.it, per ogni specie fornisce un’accurata scheda.

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