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Tre fiorentini per un valdese: tradizione e contemporaneità del tempio di San Secondo di Pinerolo – di Emanuela Genre

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Contemporaneità, tradizione e significato del tempio di San Secondo di Pinerolo

di Emanuele Genre

Esempi di edifici ideati da architetti famosi non si incontrano solo nei grandi centri urbani, ma a volte sono nascosti in agglomerati di dimensioni più ridotte, magari all’insaputa della maggior parte dei suoi abitanti. Questa particolarità si verifica ad esempio a San Secondo di Pinerolo, piccolo comune del Pinerolese, dove il tempio valdese può vantare un ideatore celebre: l’architetto Giovanni Klaus König. Il fiorentino, attivo nei decenni centrali del XX secolo, conquistò infatti una certa fama per le collaborazioni con l’architetto Ricci e per i suoi studi teorici, soprattutto in tema di semiotica e di storia dell’architettura. Ma la notorietà del progettista è solo una delle peculiarità di una costruzione che si distingue in primo luogo per la straordinarietà delle sue forme e per il procedimento attraverso cui è stata realizzata; caratteristica, questa, che trova la sua spiegazione nei tratti distintivi della committenza.
La Chiesa valdese si è contraddistinta sin dalle origini per il sistema con cui vengono prese le decisioni, le quali non sono mai un’imposizione dall’alto, ma frutto di un dibattito collegiale; tale modo di operare viene adottato anche nel caso in cui si debba procedere alla costruzione di un luogo di culto riformato, la cui fisionomia non è pertanto il risultato della decisione di un singolo che impone il suo punto di vista. Va poi rilevato come la libertà lasciata nell’ideazione di un tempio sia inoltre conseguenza dell’assenza di una vera e propria tradizione architettonica protestante, in cui non sono presenti norme liturgiche specifiche che pongono vincoli ai progettisti.
A San Secondo, la volontà di costruire un tempio valdese emerse pochi decenni dopo il trasferimento, ai primi del Novecento, di molti fedeli dalle comunità delle vallate verso le zone pianeggianti. Così la Tavola Valdese pubblicò il bando di concorso aperto a tutti gli architetti e ingegneri evangelici iscritti ai rispettivi albi professionali chiedendo loro di presentare piante, prospetti e sezioni del futuro tempio.
Tra coloro che sottoposero i loro disegni, vi fu anche il gruppo formato da König con l’architetto Cerrina Feroni e l’ingegnere Messina. Il loro progetto risultò vincente, molto probabilmente grazie all’ottimo equilibrio tra attenzione alla tradizione e contemporaneità, oltre che alla sensibilità dimostrata per le esigenze del culto valdese.
Tali pregi emersero in modo piuttosto evidente nella relazione consegnata da König e colleghi unitamente ai disegni del tempio, nella quale essi descrivevano il loro progetto alla luce di alcune considerazioni. Uno dei punti di partenza della loro proposta erano infatti gli elementi caratterizzanti la liturgia valdese, che in qualche misura influivano sulla progettazione di un edificio religioso; questi vennero individuati nell’assemblea dei fedeli, nella Cena del Signore e nel ruolo degli anziani di chiesa e dei diaconi, tutti soggetti o celebrazioni che necessitavano di una loro collocazione precisa all’interno dell’edificio.
Per quanto riguarda invece i modelli da cui trarre spunto, i tre progettisti scelsero di lasciarsi ispirare dalle radici dell’architettura valdese espresse nel tempio del Ciabas, che con il suo stile spoglio ed essenziale rappresentava il luogo di culto protestante per eccellenza. L’edificio, situato in un ramo laterale della Val Pellice, presentava una caratteristica poi ripresa dai progettisti fiorentini: la predominanza della dimensione orizzontale, che ribalta l’dea di una chiesa gotica, ponendo invece al centro dell’attenzione gli uomini, ossia l’assemblea dei fedeli, in mezzo ai quali Dio è sceso.
Partendo da tali considerazioni, König propose due varianti di progetto del tempio di San Secondo, che si differenziavano prevalentemente per i materiali impiegati: il primo disegno delineava una costruzione la cui protagonista era la pietra, simbolo concreto della solidità valdese che si manifesta nelle pareti dell’edificio; il secondo ipotizzava invece un edificio in mattoni, armonizzante con il circostante tessuto edificato.
Altro elemento che venne valutato attentamente dai progettisti fu il sagrato, la cui formazione era suggerita in modo naturale dalle caratteristiche del sito a disposizione, ma che essi seppero porre in risalto motivando tale scelta. Nella relazione descrittiva allegata ai disegni, i fiorentini rivendicarono infatti l’importanza di un tale spazio antistante il tempio, sostenendo che secondo loro le chiese valdesi erano ancora (e lo sono tuttora) delle comunità di fedeli e che perciò, come avveniva nelle chiese romaniche, avevano bisogno di un luogo in cui ritrovarsi dopo il culto. Il sagrato era dunque adatto a ricoprire questo ruolo, e permetteva inoltre di trasferire la sensazione di raccoglimento all’esterno, in un luogo non del tutto pubblico in cui il ministro poteva incontrare i fedeli. Ugualmente, grande attenzione venne posta dal gruppo di lavoro al campanile, anch’esso inteso dai tre progettisti come elemento di collegamento, in questo caso legame tra la comunità di fedeli sparsa sul territorio e il suo luogo di raccolta, e simbolica propensione verso l’alto.
König seppe cogliere la concezione che i valdesi hanno dei loro luoghi di culto, non relegandola tuttavia alle forme della tradizione, ma interpretandola alla luce della contemporaneità e delle caratteristiche architettoniche di San Secondo.
Tale sensibilità non si esaurì al momento dell’aggiudicazione dell’incarico, ma proseguì nei mesi successivi quando i progettisti scambiarono una fitta corrispondenza da un lato con l’Ufficio Tecnico della Tavola, dall’altro con il Comitato nato a San Secondo per seguire la formazione della chiesa. Quest’ultimo, da parte sua, continuò a sollecitare la Tavola affinché i lavori procedessero con una certa rapidità e si attivò per raccogliere i fondi necessari alla costruzione dell’edificio, sia organizzando la raccolta delle offerte tra i futuri membri di chiesa di San Secondo, sia promuovendo collette straordinarie tra i valdesi d’Italia in occasioni particolari. Va sottolineato a tal proposito come questo tempio sia stato profondamente voluto dalla comunità valdese, soprattutto da quella locale, e come tale forte volontà abbia contribuito in misura non trascurabile al compimento di un progetto di simile portata e alla sua durata negli anni. Se il processo di costituzione della Chiesa – intesa come comunità di fedeli – di San Secondo si concluse infatti a settembre 1958 con un culto di inaugurazione e una giornata comunitaria, è anche vero che quel giorno non segnò un traguardo, bensì un punto di partenza da cui la Chiesa di San Secondo iniziò le sue attività. Che continuano ancora oggi, ad oltre cinquant’anni di distanza.
A ben vedere, ancor più dei progettisti, furono proprio i fedeli la vera anima del progetto: loro si attivarono per la costituzione della Chiesa di San Secondo, seppero accettare un edificio dal disegno piuttosto ardito, furono pronti a collaborare in prima persona alla realizzazione del tempio, si organizzarono per coprire la richiesta economica… e in ultima analisi sono proprio loro a tenere viva la Chiesa ancora oggi.

Questo articolo ha ricevuto una menzione alla X edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Cultura

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