L’odore della tragedia
La storia di Pierette Simpson, sopravvissuta al naufragio dell’Andrea Doria
di Alberto Tessa
Nei momenti di straordinaria gioia che la vita talvolta ci offre, i cinque sensi paiono potenziarsi, come a volere archiviare
Anche nelle tragedie, però, spesso la memoria registra con meticolosa lucidità ogni
singolo attimo, per poi magari seppellirlo per decenni in fondo a qualche antro sconosciuto della mente. Sepolto ma non
Una forza che è stata seconda soltanto a quella dimostrata nel dominarlo da Pierette Domenica Simpson, insegnante in pensione di origini piemontesi (esattamente Pranzalito, piccola frazione di San Martino Canavese, paesino di nemmeno novecento anime in provincia di Torino) che ha trascorso l’ultimo decennio a ricostruire la verità su quella tragedia che l’ha vista protagonista nella notte fra il 25 e il 26 luglio 1956 (il fatto avvenne alle 3:31 del 26 luglio, ora di Greenwich a cui convenzionalmente si fa riferimento anche in Marina) a qualche centinaio di miglia al largo della costa di New York. “Il
A Torino, Pierette ha incontrato il prefetto per sondare l’eventualità di riottenere, dopo molti decenni, la cittadinanza italiana e ha conosciuto Claudio Cantore, il reanese autore del libro Clandestino sull’oceano. Andrea Doria, otto giorni di navigazione prima del disastro (Echos Edizioni).
“La collisione con la nave rompighiaccio svedese Stockholm è avvenuta mentre si stava tenendo la tradizionale festa che celebrava l’imminente arrivo a New York, previsto per il mattino successivo”, ha spiegato ancora Pierette. “Il boato fu tremendo e ben presto tutti realizzammo cosa stesse accadendo, tanto che qualcuno si mise a urlare: ‘È come il Titanic! È come il Titanic!’. Fu terribile”. Era la prima volta che Pierette metteva piede su una nave. La madre, di cui Pierette non aveva alcun ricordo, aveva raggiunto la “Merica” molti anni prima in cerca di fortuna, lasciando la sua primogenita alle cure dei nonni e abbandonando per sempre Pranzalito.
“I membri dell’equipaggio furono fantastici e ancor di più lo fu il comandante, Piero Calamai, che venne ingiustamente infamato, ma la cui perizia permise di salvare centinaia di vite, tanto che nessuno morì durante l’affondamento, ma i 52 morti che si registrarono sul Doria furono quelli colpiti direttamente dalla prua rompighiaccio dello Stockholm” ha ricordato Pierette, che nel 2006 ha pubblicato in Italia un libro-memoria intitolato L’ultima notte dell’Andrea Doria (Sperling & Kupfer), ristampato proprio quest’anno.
“Non potrò mai dimenticare la generosità dell’equipaggio francese della nave Île de France che invertì la rotta subito dopo avere ricevuto il messaggio del Doria. In un paio d’ore ci raggiunse e, nella più totale oscurità, vedere illuminato il nome ‘Île de France’ fu per me una gioia indescrivibile. Il comandante francese ordinò di illuminare a giorno la nave, in modo da
cancellare il mare nero sotto di noi. I marinai ci accolsero a bordo con gentilezza, dissero ‘Bonjour et bienvenu’ a tutti, ci avvolsero in coperte pesanti e ci diedero da bere qualcosa di caldo e persino da mangiare. Forse è stata tutta questa gentilezza a spingermi a diventare un’insegnante di francese” ha detto ancora la signora Simpson, i cui nonni si salvarono, ma giurarono che non sarebbero mai più saliti a bordo di una nave: “Ricordo che mia nonna aveva un brutto presentimento a Genova, prima di salire sul Doria. E pure mio nonno non era troppo sereno, al contrario di me che ero impaziente di provare una nuova esperienza”. Al porto di New York, Pierette e i nonni furono raggiunti dalla mamma che, riabbracciati i propri cari, dopo circa otto anni di lontananza forzata, li aiutò a liberarsi dai vestiti imbevuti dell’odore tragico del naufragio. “Non eravamo certamente ricchi, ma mia madre volle a tutti i costi che gettassimo via quei vestiti, penso per tentare di cancellare più un orrendo ricordo che il terribile odore di cui essi erano intrisi”.
“Ancora oggi, a distanza di sessantun anni, il Doria, appoggiato a circa 75 metri di profondità su un fondale sabbioso alla mercé delle correnti atlantiche, esige il suo tributo di sangue” ha concluso la signora Simpson. “È infatti notizia di pochi giorni fa (fine luglio 2017, ndr) la morte di un sub che si era immerso per vedere il relitto. Non è stato il primo e temo che non sarà nemmeno l’ultimo”.
Il fascino immortale del Doria continua a uccidere, come una sirena dalla voce melodiosa e mortifera.