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Tattoo – i corpi secondo Alessandro Lercara – di Chiara Priante

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I tatuaggi protagonisti del progetto più recente del fotografo torinese

di Chiara Priante

Sono corpi che si muovono nei loro letti. Nudi e assolutamente naturali. Imperfetti, ma non per questo meno attraenti, sensuali, nei giochi di luci e di lenzuola arrotolate che diventano scudi per nascondersi. Tutti sono rigorosamente tatuati: è per questo che svelano così al mondo, e alla macchina fotografica, centimetri di pelle. E di vita.
Corre sull’inchiostro dei tatuaggi l’ultimo progetto di Alessandro Lercara, fotografo professionista, 40 anni appena compiuti. Lui, va detto, non ha neanche un tatuaggio, ma, anzi, quell’aria da bravo ragazzo che quando parla sorride dietro la barba e, spesso, abbassa lo sguardo, ma come tutti ho pensato, più volte nella vita, di farmi un tatuaggio. In determinati momenti, tutti maturano questa riflessione”.
Questo progetto è stato concepito proprio in quell’attimo, in quella fase nella quale si ipotizza di fermare su pelle un ricordo, un monito, un nome. “Tutti quelli che l’hanno fatto si sono sentiti ripetere da amici e parenti: ma tra dieci anni? Quando sarai più vecchio? Ti piacerà ancora quel tattoo?”.
Anche se poi non si è tatuato niente, Alessandro ha voluto sfatare i tanti pregiudizi su tatuaggi che, se è vero che oggi sono arrivati ovunque, sui corpi di avvocati o di brillanti medici, non hanno ancora la giusta considerazione: “Invece, i tatuaggi sono scelte consapevoli fatte 20, 30, 40 anni fa, ma ancora felici di essere lì dove sono state ideate e disegnate”.
Lercara ha quindi pensato a come poter realizzare un simile racconto. Farlo in studio avrebbe regalato una bella luce, avrebbe reso protagonisti i tatuaggi e le caratteristiche della persona. Ma l’idea non l’ha affatto convinto: “Si sarebbe data importanza al tatuaggio, con foto piacevoli, ma sempre la stessa luce”.
Invece, lo scopo era metterci le persone. La chiave di volta è stata raccontarle nel mondo normale di tutti i giorni e fotografarle in casa, spogliarle di tutto, del lavoro, delle passioni. Il luogo della libertà assoluta? La camera da letto, perché qui chi porta giubbotto in pelle e borchie o giacca e cravatta viene fuori com’è, nella sua bellezza ed essenza. Nel suo letto.
Dietro l’obiettivo ci sono solo piemontesi. Coppie giovanissime e meno giovani immortalate insieme, fidanzati che si sposeranno e altri che stanno per diventare genitori con pance arrotondate ma tatuate. Persone singole, poi. Uomini e donne. Ci sono l’estetista e il commerciante, il militare e la fotografa. Nelle loro camere si vedono mucchi di vestiti da stirare e riconoscibilissimi copriletti con stampe Ikea, pantofole della nota catena danese Jysk e disegni fermati con il nastro adesivo alle pareti. In uno scatto c’è una tartaruga. Vera: è della padrona di casa.
Ancorata la macchina fotografica al soffitto, Lercara in ogni abitazione, in ogni storia, scatta dal cellullare attraverso un sistema wireless per avere la giusta distanza, mettere tutti a proprio agio, come se lo scatto nascesse al risveglio, dopo una calda notte d’estate. Lui, spesso, mentre immortala è in un’altra stanza.
La cosa più difficile è rimanere semplici, ma mi piace continuare a crederci, non costruire troppo”, spiega. E questo è il segno più profondo di questo progetto dove non c’è sensualità ma solo vite. O, meglio, c’è anche un pizzico di sensualità, ma quella che si respira in ogni persona.
Ogni storia è arricchita da un tatuaggio, ma spogliata dai pregiudizi che vedono dietro un po’ di inchiostro chissà quale trasgressione. “I tatuaggi si vedono, ma non si riconosce il disegno preciso. C’è, ma viene fuori soprattutto la vita e l’essenza dei protagonisti”. I tatto sono segni ormai inglobati che fanno parte della loro pelle. Sono cresciuti con loro, insomma, “una cosa sola anche vent’anni dopo che li hanno fatti”. Eccola qui la risposta alla domanda iniziale: e tra vent’anni? Persona, tatuaggi, storie. Nessun preconcetto. Nessun pentimento.
La galleria che segue Alessandro Lercara, Res Publica (www.respublicagalleriadartedemocratica.it), che dalla storica sede davanti alla Reggia di Venaria si è recentemente trasferita in via dei Mille, esporrà per prima il progetto in autunno a Torino.
Alessandro Lercara, ovviamente, non è solo questi scatti. Nato a Moncalieri, cresciuto tra il verde di Pecetto Torinese, oggi sogna e immagina il mondo, oltre che sulla sua amata moto, ai piedi della Sacra di San Michele, ad Almese, dove vive da tre anni. Il suo studio a Torino è al civico 85 di via Principessa Clotilde.
Diplomato in arti fotografiche e assistente di conosciuti fotografi torinesi già durante gli studi, dal 2000 al 2005 ha lavorato per l’agenzia LaPresse, seguendo grandi eventi: ha raccontato il funerale di Agnelli e il concerto di Bono Vox, il Giubileo di Giovanni Paolo II e tantissime partite di calcio.
Poi, il salto. Quello che si fa a occhi chiusi, con l’innocenza d’essere ancora giovani, ma che dà un segno marcato a carriera (e vita), plasma il carattere. Lercara lascia LaPresse nel 2005 e si mette in proprio. Oggi la sua carriera corre sul solco di quella scelta. Fotografo professionista, soprattutto industriale, lavora per tanti big, su tutti Fca: per l’azienda automobilistica torinese è lui che ha raccontato, sulle pagine delle riviste interne del gruppo, dal Salone di Ginevra alle nuove linee di Cassino e Pomigliano.
Tra i suoi clienti ci sono grandi aziende, istituzioni, agenzie di comunicazione, ma è attivo anche nel sociale con dei bei progetti per, fra gli altri, Associazione Arcobaleno e Cifa. In passato docente di fotografia per Fnac Italia e altre associazioni, è nel direttivo e insegnante dell’associazione Phlibero di Torino. Oltre ai tattoo, ha più progetti artistici in corso. Come “Echi da Auschwitz. Viaggio fotografico nella memoria”, che ha toccato i principali centri della provincia di Cuneo e il capoluogo piemontese, riscuotendo un notevole successo di pubblico e critica.
Sono uno che ha studiato in analogico, ma scatto in digitale” racconta Alessandro, al quale il Circolo Fotografico “La Mole” di via Po ha dedicato, lo scorso giugno, una serata come ospite speciale. Lui è fondamentalmente un timido quando racconta di sé e del suo lavoro. Ma la macchina è un ottimo scudo e un ottimo grimaldello per dialogare con la vita e con le persone. Per questo, è impossibile non citare, pensando a lui, Daniel Pennac: “Ho fatto delle foto. Ho fotografato invece di parlare. Ho fotografato per non dimenticare. Per non smettere di guardare”.

Le immagini sono tratte dal sito di Alessandro Lercara www.alessandrolercara.com

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