(quasi) Cent’anni di Motovelodromo
Gloria e peripezie di una struttura storica
di Manuela Vetrano
Il 3 luglio 1927 la borgata di Madonna del Pilone si trovò in subbuglio: centinaia di torinesi si accalcarono al civico 144 di corso Casale per entrare nel Motovelodromo. Quel sabato sera lo avrebbero trascorso assistendo allo spettacolo di beneficenza organizzato dal cavaliere Dionigi Chiappo in favore della Congregazione di Carità. Tutti coloro che presero posto sulle tribune aspettavano con trepidazione il momento clou dell’evento: il numero di Hugo Zacchini, conosciuto come l’uomo-proiettile.
Quel 3 luglio 1927 il cartellone della manifestazione prevedeva anche lo svolgimento di gare di biciclette e motociclette, ma in questo non c’era niente di nuovo: il Motovelodromo infatti era stato costruito qualche anno prima proprio con lo scopo di ospitare le gare sportive, in sostituzione del Velodromo Umberto I situato dalla fine dell’Ottocento alla Crocetta e smantellato negli anni Dieci, e che a sua volta aveva soppiantato il Ciclodromo di corso Dante edificato per l’Esposizione Generale Italiana del 1884.
Il Motovelodromo fu progettato dal conte Vittorio Eugenio Ballatore di Rosana (1880-1948) e venne innalzato dalla Società Anonima Motovelodromo Torinese capeggiata dall’impresario Riccardo Filippa.
Poco si conosce di questo architetto torinese, che fu allievo di Carlo Ceppi, ma varie sue costruzioni in stile eclettico e déco le abbiamo tutti i giorni davanti ai nostri occhi. Tra queste spiccano le Torri Rivella, le due zuccheriere che dal 1929 fanno la guardia all’imbocco di corso Regio Parco, e il palazzo del 1932 sede dell’Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris in corso Massimo d’Azeglio.
Destino volle che anche la vita del Motovelodromo si rivelasse sin da subito assai dura.
L’impianto in calcestruzzo armato progettato dall’architetto Ballatore era privo di qualsiasi orpello decorativo, ad eccezione dell’arco trionfale d’ingresso a tre fornici fiancheggiato dalle biglietterie. Le tribune potevano ospitare fino a 7500 spettatori ed erano protette da una copertura in legno e lastre di eternit. Sotto di esse erano collocati vari locali di servizio, tra cui magazzini, spogliatoi per gli atleti e dal 1927 anche un piccolo ambulatorio intitolato all’infermiera Maria Brighenti.
Ma il punto forte del complesso era la pista ad anello per le corse, lunga circa quattrocento metri, larga otto e caratterizzata dalla presenza di due alte curve paraboliche. Circondava un prato pensato per lo svolgimento delle partite di calcio, rugby e football americano, di esercizi ginnici e incontri di boxe.
Il Motovelodromo Torinese rivelò da subito la sua polifunzionalità e venne utilizzato non solo con fini sportivi, ma anche per allestire importanti spettacoli teatrali, come le opere liriche L’amore dei tre re nel 1922, Aida nel 1924 e Carmen nel 1929, nonché bizzarre esibizioni come quella già ricordata dell’uomo-proiettile Zacchini.
Questo grande stadio nuovo di zecca vide aumentare di anno in anno i costi di gestione per i danni alla struttura provocati dal maltempo, soprattutto al cemento della pista che non risultava perfettamente liscia, e dall’usura causata dall’alta affluenza di spettatori. Già alla fine degli anni Venti si parlava di degrado e di chiusura.
Nel 1935 a Milano si inaugurava il nuovo Velodromo Vigorelli ed era impensabile che Torino stesse per perdere il suo. Dopotutto, la città era stata la culla del ciclismo italiano insieme a Firenze e al capoluogo meneghino, sedi dei primi Veloce Club d’Italia. Il Comune si risolse ad acquistare per la somma di un milione e trecentomila lire il Motovelodromo dalla Società Anonima che lo aveva costruito.
I soliti problemi riguardanti il deterioramento e i costi di manutenzione hanno costituito nel corso degli anni una pericolosa spada di Damocle che ha lasciato nell’incertezza il futuro del complesso sportivo che, tra alti e bassi, ha continuato a essere usato anche per manifestazioni non prettamente sportive. In anni recenti vi si svolgeva il mercatino dell’usato Mercanti per un giorno e per un periodo si è persino ipotizzata la sua trasformazione in ipermercato. Come sede di concerti, il Motovelodromo fu tappa nel 1980 del tour dei Roxy Music, nel 1981 dei Pooh e nel 1982 di Francesco De Gregori.
Negli anni Novanta il Motovelodromo fu intitolato a Fausto Coppi nel trentennale della morte e sulla struttura fu posto il vincolo della Soprintendenza.
Dopo l’alternanza di vari comitati di gestione e salvaguardia, attualmente è stata rinnovata la concessione d’uso a un gruppo di associazioni sportive componenti il consorzio Pezzi di Motovelodromo, che si occupa di mantenere viva la vocazione sportiva della struttura, aprendola al pubblico e organizzando varie iniziative. Intanto, in attesa della pubblicazione da parte del Comune di un nuovo bando per la gestione e la ristrutturazione di questo tassello importante della storia di Torino, il Vélo, com’è stato soprannominato dagli appassionati ricordando anche la parola francese per indicare la bicicletta, si sta avviando a compiere cent’anni.
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