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La tabacchina del Café Chantant. Come fu che Teresa Ferrero diventò Isa Bluette – di Gloria Guerinoni

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La tabacchina del café chantant
Come fu che Teresa Ferrero diventò Isa Bluette
di Gloria Guerinoni

Torino inizio Novecento. Alla Manifattura Tabacchi di Corso Regio Parco lavora Teresa Ferrero, una giovane come tante altre, che per guadagnarsi da vivere ogni mattina si reca in fabbrica. La sua è una scelta normale: nella Torino dell’epoca vi è grande bisogno di mano d’opera e la Manifattura Tabacchi, come affermano gli storici, è “la più grande realtà produttiva cittadina”.
Lo stabilimento si articola in due sedi: una in via della Zecca e l’altra, appunto, in corso Regio Parco. Verso la fine dell’Ottocento qui lavorano 2500 dipendenti: esattamente 2001 sono donne, le cosiddette sigaraie, specializzate nella confezione di sigari e pagate a cottimo. Una di queste è Teresa Ferrero.
Se avesse continuato a lavorare in fabbrica, Teresa, giovane determinata e volitiva, avrebbe di certo portato avanti insieme alle sue colleghe le battaglie per conquistare le sette ore lavorative, il diritto alla pensione e a miglioramenti retributivi. Ma questo non era il destino che Teresa aveva in mente.
È un periodo storico molto particolare non solo per la lotta di classe: in Francia, in special modo a Parigi, sono gli anni della Belle Époque. Imperano le invenzioni, i progressi della tecnica e della scienza e, nel contempo, nascono nuove forme di intrattenimento: il cabaret, il can-can e il cinema. I parigini scoprono il piacere di uscire, di chiacchierare a caffè, di assistere a spettacoli teatrali. Torino è soltanto una piccola Parigi, ma Teresa Ferrero ha un sogno: lavorare nello spettacolo.
Determinata a realizzarlo lascia il lavoro in fabbrica e inizia a esibirsi come sciantosa nei café-chantant, spettacoli in cui si eseguono piccole rappresentazioni teatrali e numeri di arte varia, e l’inizio non è dei più felici: la miseria artistica dei locali in cui si produce (il Caffè Iris, il Caffè Franco o il Meridiana, tutti locali di second’ordine) e i commenti sarcastici di chi riconosce in lei la sigaraia della Manifattura Tabacchi sono scoraggianti.
Così Teresa ha un’intuizione: per avere successo deve prima di tutto scollarsi di dosso la miseria delle sue umili origini. Deve essere ineccepibile sia esteriormente sia a livello artistico. Cambia nome, da Teresina a Isa Bluette (fiordaliso), e cambia stile, ispirandosi alle chanteuse parigine e ai loro abiti di alta sartoria guarniti di scintillanti paillettes. Ma c’è di più, Isa Bluette, oltre a ottenere l’agognato successo che finalmente arriva (l’ex Teresina si esibisce al Maffei “il non plus ultra dei teatri dell’epoca”), riesce a infondere nei suoi spettacoli teatrali uno spirito nuovo, all’avanguardia e internazionale.
Alcuni potrebbero avanzare il dubbio che furono le sue provocanti e vaporose piume di struzzo indossate con gioco e malizia, oltre alla sua forte carica sensuale, a garantirle il successo.
Ma non basta: alla giovane chanteuse torinese si deve il merito di avere introdotto nel mondo dello spettacolo un modello femminile che diventerà iconico: quello della donna-diva sicura di sé, forte, grintosa e cionondimeno femminile e smaliziata.
Isa Bluette importa da Parigi la passerella e si attornia sempre di uomini rappresentativi, diventando una diva contesa dagli impresari: averla nel cast delle riviste dell’epoca era garanzia di tutto esaurito.
Potrebbe risultare spontaneo, data la leggerezza degli ambienti e dei climi in cui si produce varietà con annessi e connessi, soubrette, corpo di ballo e attori comici, collocare questo genere in una posizione secondaria rispetto ad altre espressioni artistiche; ma sarebbe un errore, poiché il varietà, in quanto arte popolare, è riuscito a veicolare messaggi e a introdurre nuove forme di sperimentazione artistica che erano precluse al teatro drammatico.
Isa Bluette e la sua compagnia contribuirono a lanciare artisti, tra cui Totò, che le dovranno non poco del loro successo; e attori come Nuto Navarrini col quale Bluette costituì un duo di ferro e che la cantante sposerà poco prima di morire.
Isa Bluette a Torino e non solo fece un pezzo di storia: lei, col suo basco sul capo posizionato in modo sbarazzino sulle ventitré, diede vita a un nuovo approccio al divertimento, che rappresenterà un vero e proprio imprinting tutt’altro che passeggero alla vita sociale torinese e più in generale italiana, e di cui non si sono ancora perse le tracce: d’ora in poi non si sarebbe più solo consacrato una serata a uno spettacolo specifico, e in alternativa la bevuta canonica con amici, ma si apriva il sipario su piccoli mondi poliedrici e articolati in cui gli stimoli esterni diventavano complementari ai rapporti personali.
Teresa Ferrero seppe cogliere il vento che stava cambiando e aprirgli un varco su una Torino che stentava a svegliarsi.
La fama di Isa, come spesso accade nei confronti di artisti dal talento raro, negli anni che seguirono la sua scomparsa si disperse annebbiando il ricordo della sua voce raffinata e melodiosa, delle sue gag e dei suoi balletti sensuali assolutamente inediti.
Ogni epoca ha i propri pionieri che modificano le fogge, le mode, i cliché del loro tempo, e lei era la donna giusta per svecchiare i rigidi costumi di quei tempi” (Mariangela Camocardi).
È questo a farci pensare a Isa Bluette non come a una ninfa qualsiasi ma come a una ninfea capace di sbocciare e di far bella mostra di sé a maggior ragione nel contrasto coi contesti personale e sociale stagnanti in cui prese forma.

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