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RocceRé: Coppelle neolitiche e altri “misteri” – di Gabriella Bernardi

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RocceRé
Coppelle neolitiche e altri “misteri”

di Gabriella Bernardi

Raggiunta la cima, con immenso stupore vedo all’orizzonte un panorama che prima non avevo mai visto, vedo la pianura di Dronero, poco sotto Roccabruna e [… ] poco più in basso, stupende balconate in gneiss si affacciano sulla pianura sottostante, il panorama è da mozzafiato[…] Mi dirigo immediatamente, quasi di corsa, verso quelle stupende gradinate di gneiss[…]. Man mano che mi avvicino al masso che mi sembra più imponente, sacrale, dappertutto vedo coppelle, molte delle quali formanti delle figure, nel frattempo la giornata giunge al termine […] grazie ad una luce più radente, sul masso più imponente e centrale un insieme di coppelle sono disposte in modo strano attraendo la mia attenzione, ma è tardi, la luce è sempre più bassa e non riesco a decifrarla, a “leggerla”. Ritorno […] finalmente appare in tutta la sua imponenza e importanza, quello che sarà poi considerato l’antropomorfo più grande mai ritrovato inciso con coppelle. Questo accadeva all’incirca alla fine di settembre del 1991, un mese e mezzo dopo la scoperta del sito di RocceRé”.
Siamo in Val Maira, a Roccabruna in provincia di Cuneo, e chi racconta in modo appassionato questo rinvenimento dei giorni nostri è Riccardo Baldi, l’autore della scoperta, resa nota al pubblico quasi due anni dopo, esattamente nel luglio del 1993 tramite la pubblicazione scientifica “Survey” n.7-8 del Centro Studi e Museo d’Arte Preistorica di Pinerolo e censita nella Carta Archeologica del Piemonte in collaborazione con la Regione Piemonte. Ancor oggi il sito è in fase di studio e sono state fatte ulteriori scoperte.
Questo ritrovamento oggi attrae quasi duemila visitatori l’anno, incuriositi dal fascino del luogo, bello dal punto di vista naturalistico e con molte interessanti peculiarità. Vi si trovano infatti non solo le coppelle dell’età neolitica in questione (ad oggi ne sono state censite più di trentamila!), ma anche pitture rupestri, balme – ovvero un tipo particolare di caverne dove in alcuni casi sono presenti sorgenti d’acqua – fino ad ammirare una suggestiva “finestra” tra le rocce detta appunto Roccias Finestre o Rocca della Finestra.
Le coppelle sono incisioni arrotondate nella roccia che sembrano il giusto incavo per una scodella o una coppa. Se ne possono vedere in altri luoghi alpini piemontesi, persino nel centro storico di Susa vicino all’arco di Augusto, e non sono di certo una rarità. In Europa e nel mondo ne esistono molti esempi, e probabilmente queste del RocciaRé erano collegate tramite pitture in disegni significativi ai loro autori, ma che con il corso del tempo sono state dilavate dagli agenti atmosferici.
Tuttavia, le coppelle attorno alla montagna RocceRé sono a tutt’oggi oggi il più importante ritrovamento di arte rupestre dell’Età del Bronzo del Piemonte occidentale.
Ma chi realizzò queste incisioni circolari nella roccia? Probabilmente chi abitò queste zone in un passato molto remoto, ad esempio dei cacciatori. Qual era il loro utilizzo? Avevano uno scopo rituale o propiziatorio? Molto plausibile, ma risposte certe non arriveranno mai. Tentare di darne, però, è lecito.
Quello che si sa è che queste coppelle, dai diametri che vanno dai 5 ai 20 centimetri e una profondità variabile, sono distribuite dal RocceRé fino al monte Birrone ad una quota di 1800 e 2000 metri. Sembrano formare figure antropomorfe, ma anche geometriche, come archi o spirali o croci.
Ci si potrebbe domandare se il tutto sia stato creato dalla natura, ma le perizie geologiche e archeologiche confermano la mano umana, dato che le caratteristiche della roccia e le proprietà chimico-fisiche dei minerali che la compongono rendono impossibile il modellamento in forme così regolari da parte degli agenti atmosferici.
Come sono state realizzate? Le perizie dei geologi indicano che possono essere state ottenute non per percussione, ma per abrasione con un movimento circolare, utilizzando frammenti di quarzo e non con strumenti metallici a causa della durezza della roccia.
Queste incisioni sono localizzate solo su rocce esposte a sud-est, su alcuni massi e non su altri. E dove la roccia è più compatta sembrano formare degli evidenti disegni il cui significato, per la maggior parte, è ancora da decifrare.
Da allora ad oggi, grazie anche al contributo di una cassa di risparmio, sono stati messi in sicurezza i percorsi del monte e sono proseguiti gli studi e le analisi sotto la guida della Soprintendenza torinese. Nel 2014 è stato accertato il perfetto allineamento con gli equinozi del masso chiamato “sacrificale” – tanto da attirare una comitiva, giunta fin qui il 22 settembre scorso per non perdersi l’evento annuale dell’illuminazione dell’incisione che simboleggia la fertilità.
Ma le osservazioni astronomiche non sono finite. Il 21 giugno 2017, in occasione del solstizio d’estate, si è notato che il sole tramonta nell’apertura della già citata Roccias Finestre, quella che sembra essere proprio un’apertura rettangolare tra le rocce. Insomma, questo confermerebbe che questo luogo sia da ritenersi tra i più antichi santuari alpini realizzati per il culto solare. Se può sorprendere, non bisogna dimenticare che nel neolitico la conoscenza del ciclo solare era determinante per l’economia agricola e di allevamento e quindi il fenomeno veniva osservato molto più attentamente che non ai nostri giorni.
Anche le coppelle avrebbero dei significabili riconducibili al cielo. Alcune raffigurerebbero stelle ben precise e addirittura costellazioni, tanto che alcuni hanno tentato di indagare l’ipotesi utilizzando metodi statistici, come ha fatto l’atronomo Alberto Cora dell’Osservatorio Astrofisico di Torino per una delle più grandi e che rappresenterebbe la costellazione del Perseo, come aveva suggerito l’archeoastronomo Guido Cossard.
Ma se pensate che tutto sia ormai svelato, vi sbagliate, perché rimangono ancora dei misteri nelle vicinanze. Il primo riguarderebbe una grotta sotterranea molto particolare, ma di difficile e pericoloso accesso. Al suo interno però si trovano lastroni di pietra, sia verticali sia orizzontali, che è difficile pensare che siano stati sistemati così dalla natura. Come se non bastasse ci sarebbe anche l’incisione di un’unica coppella su un masso verticale, mentre solitamente sono su superfici orizzontali.
Altro mistero è la presenza di un monolite adagiato sul suolo e poco distante dal monte RocceRé. Con i suoi sei metri di lunghezza e diverse tonnellate di peso sarebbe potuto essere un menhir visibile da lunghe distanze?
Ma non basta. Vicino alla grotta Balmascura, sempre sulle pendici del RocceRé, verso est è scavata nella roccia un’apertura a forma di triangolo rovesciato. Può essere un simbolo di fertilità? O una porta tra il mondo dei vivi o dei morti? Diverse analogie si troverebbero anche in altri continenti e differenti civiltà.
Ultime, ma non meno affascinanti sono alcune pitture rupestri segnalate nel 2012 e trovate poco distante, in un anfratto sotto la montagna. Una potrebbe essere raffigurare un cervo, l’altra uno sciamano.
Se gli spunti sono sufficienti per approfondire o per programmarsi una bella gita nella natura e un tuffo nel nostro passato si può consultare l’apposito sito www.roccere.it

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