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Pamparato e il suo cuore di biscotto – di Giulia Finessi

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Pamparato e il suo cuore di biscotto
Giusi, Cristiano, dalla città alle paste di meliga

di Giulia Finessi

Pamparà, habent panem paratum.
Come racconta il suo nome, Pamparato, fertile borgo nelle Alpi Marittime, a circa 800 metri d’altiortudine,è un luogo dove non è mai mancato il pane; definito “primo Slow drive Village europeo”, dove si può vivere lentamente e in armonia con la natura, è famoso per la sua ricca tradizione gastronomica, in particolare per la produzione dolciaria in cui spiccano le tradizionali paste ‘d melia o paste di meliga.
Abbiamo incontrato alla Fiera del Tartufo ad Alba Giusi e Cristiano, che hanno deciso di dedicarsi alla riscoperta di queste antiche tradizioni con il loro piccolo laboratorio artigianale, il Biscottificio di Pamparato. Giusi era impiegata amministrativa in un’impresa edile, Cristiano ingegnere civile. Un giorno hanno deciso di inseguire un sogno e di cambiare radicalmente vita.
Abbiamo vissuto in Liguria per tanti anni e abbiamo deciso di licenziarci dalle vite precedenti”racconta Giusi. Un giorno di fine agosto, mentre ci trovavamo a Pamparato per il weekend, abbiamo visto il cartello di vendesi attività di un piccolo laboratorio; la sera stessa abbiamo cominciato a fantasticare, e a dicembre abbiamo iniziato”.
Ma che cos’è la pasta di meliga?
La pasta di meliga è un biscotto tradizionale fatto con mais ottofile, una varietà antica che cresceva in montagna dalle nostre parti e all’inizio veniva principalmente utilizzato per fare la polenta saracena (detta anche furmentin); poi è stato arricchito con farina di frumento ed è diventato con l’aggiunta di uova, burro e zucchero un biscotto. La ricetta fu impreziosita dai cuochi dei Savoia, che avevano il castello in Valcasotto, con scorza di limone e vaniglia, diventando il pasticcino secco che oggi conosciamo”.
Il biscottificio propone le paste di meliga in sfiziose varianti: oltre alla versione classica, le versione integrale con farina macinata a pietra, la variante senza zucchero per chi ha problemi di glicemia ma non vuole rinunciare al gusto, e il Meligotto, la versione della festa con una goccia di marmellata nel mezzo. E le crostate di meliga con svariate farciture, dal particolare formato, quello della teglia casalinga di una volta. Il tutto è impastato rigorosamente a mano.
La ricerca inizia dalle materie prime; fondamentale per Giusi e Cristiano è la filosofia del “chilometri zero”, o a filiera il più corta possibile, perché meno strada fa il prodotto minore è il rischio di trattamenti e conservanti aggiuntivi; il frumento proviene da un mulino a Niella Tanaro a conduzione familiare, che lava il grano prima della macinatura, essenziale per ottenere farina integrale priva di scorie; uova provenienti dalla provincia di Cuneo, latte e burro d’alpeggio, miele di Pamparato; inoltre vengono usati esclusivamente aromi naturali come i baccelli di vaniglia bourbon del Madagascar, invece della vanillina.
La ricerca si preoccupa di conservare il gusto originario. “Quando abbiamo iniziato a rifare la pasta di meliga sulla traccia della ricetta classica, facendo varie prove, ci siamo affidati molto alle opinioni degli anziani dal posto, a partire dai miei nonni, per arrivare alla ricetta giusta”,ci spiega Giusi. Fino al massimo della soddisfazione e del riconoscimento del proprio lavoro quando un anziano del paese ti dice: sì, è questa la pasta di Meliga che mangiavo quando ero bambino”.
Dall’impasto a mano al confezionamento dei biscotti fino alla distribuzione senza intermediari, Giusi e Cristiano si occupano personalmente di ogni fase della lavorazione dei loro dolci.
Nell’autunno del 2015 la pasta di meliga del biscottificio ha vinto il premio Food Awards all’Expo di Milano, essendo selezionata come prodotto di qualità e tradizione. Il premio consisteva in una settimana a disposizione al Padiglione Italia ad ottobre insieme ad altre venticinque piccole eccellenze italiane. Un importantissimo riconoscimento “perché per un’azienda piccola come la nostra, composta solo da due persone, era impensabile altrimenti avere accesso a una vetrina così importante come l’Expo, ed è stata una grande soddisfazione potervi partecipare per merito”.
Queste opportunità di esposizione, come lo è la fiera di Alba e le fiere che si svolgono a Pamparato l’8 dicembre (festival del grano saraceno della castagna bianca) e a Pasqua (Maestri di gusto in fiera), danno un’ulteriore vita alla filosofia del chilometri zero, in quanto è possibile avere un riscontro diretto con chi consuma.
La storia del biscottificio di Pamparato intreccia tradizione, cambio radicale di vita, economia sostenibile, riduzione delle distanza fra consumatore e produttore, aumento della consapevolezza alimentare e desiderio di un contatto diretto con quello che si mangia. “Le persone oggi vogliono avere di più un contatto diretto con il cibo; infatti vengono da noi in laboratorio a vederci mentre stiamo lavorando; il laboratorio è a vista, non è segreto; ed è una cosa che ai nostri clienti piace moltissimo”.
Per il futuro del biscottificio, Giusi e Cristiano vogliono continuare a fare bene quello che facciamo. Questa è la prima regola, continuando a mantenere l’artigianalità e la qualità del prodotto”. Molto importante per loro è essere piccoli artigiani e occuparsi personalmente del lavoro: “È più faticoso perché in due ci sono periodi dell’anno dove non hai giorni di riposo, però in questo modo hai delle soddisfazioni morali che non avevamo nei lavori precedenti”.“Fermarsi e capire quello che si sta mangiando” è una delle frasi che ci hanno colpito di più è questa nel solco del lento cambiamento delle nostre abitudini alimentari, verso una maggiore consapevolezza di ciò che si consuma, crediamo che la storia di Giusi e Cristiano, di come con coraggio sono ritornati a sfornare biscotti genuini a Pamparato, possa essere di grande ispirazione.

Questo articolo ha ricevuto una menzione alla XI edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Economia, Turismo, Ambiente

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