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Parco Naturale Veglia-Devero: quarant’anni di turismo sostenibile – di Federica Liparoti

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Veglia-Devero
Un parco naturale per sperimentare il nuovo turismo alpino

di Federica Liparoti

Era il 1978 quando la Regione decise di istituire il Parco Naturale Alpe Veglia, il primo in Piemonte. Da allora sono passati quarant’anni anni e molto è cambiato. Le Alpi stanno mutando sempre più repentinamente sotto il profilo naturalistico, climatico e sociale. Progressivo abbandono, ma anche coraggiose e tenaci iniziative di resilienza. Presa di coscienza che

Alpe Veglia – foto Paolo Pinocchi

lo sviluppo economico dell’ambiente alpino non può essere disgiunto dalla tutela dell’ambiente.
La vera sfida per il futuro sembra dunque quella di coniugare la fruizione ludica delle Alpi con la salvaguardia della biodiversità di un ambiente naturale tanto meraviglioso quanto fragile. La storia del Parco Naturale Veglia Devero ne è l’emblema.
Veglia e Devero, spiega Paolo Crosa Lenz, presidente del Parco, sono due grandi alpeggi nelle Alpi Lepontine occidentali. Il Parco è situato al confine tra Italia e Svizzera e tutela una superficie di 86 kmq, più 22,5 kmq di “zona di salvaguardia” in Devero. Il territorio è tipicamente alpino, con un’altitudine tra i 1600 e i 3500 metri,ed è compreso nei comuni di Baceno, Crodo, Varzo e Trasquera, provincia del Verbano-Cusio-Ossola. L’ambiente è quello degli alti pascoli

Chiesetta all’Alpe Veglia – foto di Paolo Vairoli

alpini, con i nuclei rurali circondati da estesi lariceti a sottobosco di mirtillo e rododendro. Gli alpeggi si trovano in due conche pianeggianti, residuo di laghi preistorici successivamente interriti, circondati da montagne che raggiungono i 3000 metri. La ricchezza di Veglia e Devero fu sempre l’erba che le mucche trasformavano in latte e gli alpigiani in burro e formaggi. Per i montanari di Varzo e Trasquera, Veglia è l’alpe per eccellenza: alp al maschile, con toponimo essenziale di origine antichissima. Nel XVII secolo vivevano in Veglia, durante i due mesi e mezzo di alpeggio estivo, circa 150 persone. Una piccola comunità di uomini e animali dispersa fra il verde dei pascoli e le rocce della montagna. Alla fine dell’Ottocento in Veglia venivano caricati oltre 1000 bovini,oggi poco più di 200”.
Negli anni Sessanta venne avanzato dall’Enel il progetto di sommergere la conca dell’Alpe per realizzare un invaso idroelettrico chiudendo con una diga la gola del Groppallo. L’Alpe Veglia sarebbe stata cancellata da un lago artificiale. Un pugno di uomini coraggiosi e le comunità locali si opposero al progetto. Nei due anni successivi, grazie al coinvolgimento di Italia Nostra, il dibattito si ampliò assumendo dimensioni nazionali.

Alpe Veglia, Monte Leone – foto di Italo Tacchi

Con la massiccia mobilitazione, nei primi anni Settanta il progetto di costruzione della diga fu abbandonato. Il progetto però aveva acceso i riflettori sul futuro incerto di Veglia e, più in generale, dell’ambiente alpino in un’Italia che stava uscendo profondamente trasformata dagli anni del boom economico. Da un lato le comunità locali, che si opponevano alla diga in nome dell’aspirazione allo sviluppo edilizio e turistico di Veglia, dall’altro Italia Nostra e il Lions Club Verbania, che puntavano su una tutela spinta dei valori naturalistici e ambientali.
Nel 1970 (“Anno della natura”) venne pubblicato uno studio di proposta per l’istituzione di un parco naturale all’Alpe Veglia. Si trattava di un’idea pionieristica che, a distanza di anni, si rivelò vincente. I promotori compresero che l’Alpe era una conca di rara e intatta bellezza, la cui sopravvivenza era però gravemente minacciata non solo dal progetto Enel, ma anche da quello sviluppo turistico ed edilizio di tipo speculativo che stavano vivendo altre località alpine limitrofe. Da qui l’idea di inserire la zona dell’Alpe Veglia tra le località destinate a diventare oggetto di protezione integrale. Con una sensibilità ambientale all’avanguardia, Italia Nostra e Lions descrivevano l’Alpe Veglia come “una eccezio­nale unità estetica ed ambientale: la si va­lorizza conservandola, facendola conosce­re come giardino spontaneo, come ambien­te naturale intatto, come santuario della natura”. Da queste riflessioni nasceva l’idea di uno “sfruttamento turistico dell’alpe al di fuori degli schemi abituali, secondo una diversa più ampia e concreta visione delle realtà future”.
Così nel ‘78 nasceva il Parco Naturale Alpe Veglia, il primo istituto di tutela in Piemonte, oltre a quello storico del Parco Nazionale del Gran Paradiso risalente al 1924. Nel 1990 veniva istituito anche il contiguo Parco Naturale Alpe Devero, unificati nel 1995 sotto un unico ente di gestione: il Parco Naturale Veglia Devero.

Alpe Veglia, Lago delle streghe – foto di Mauro Del Pedro

L’attenta azione di vigilanza e monitoraggio dei guardiaparco ha permesso il ricostituirsi di preziosi equilibri ecologici. Cospicue popolazioni di stambecchi provenienti dalla vicina Svizzera sono tornate prospere. Camosci e marmotte, pernici e galli forcelli vivono oggi liberi sui monti di Veglia e Devero.
Il Parco è anche impegnato nell’opera di difesa della zootecnia alpina e nella valorizzazione dei prodotti tipici. Al Pian dul Sricc in Veglia e sull’alpe Buscagna in Devero ha ristrutturato le stalle, nel pieno rispetto della tipologia locale, con annesso laboratorio per la lavorazione casearia.
Dopo mille anni di utilizzo esclusivo di Veglia e Devero come alpeggi estivi, agli inizi del terzo Millennio queste praterie tra alte montagne assumono valenze nuove. Gli antichi alpeggi diventano un grande scenario dove gli uomini possono camminare, studiare, imparare. Il Devero è diventato un laboratorio sul futuro delle Alpi, osserva Crosa Lenz. “Grazie a questa visione,continua, Alpe Veglia e Devero negli ultimi quarant’anni sono stati precursori a livello europeo di uno sviluppo turistico sostenibile e realmente fuori dagli schemi. Lafruizione turistica del luogo non è vincolata a forme tradizionali di fruibilità della montagna come lo sci. Riviste specializzate riconoscono nel luogo un “paradiso delle ciaspole” ed è nostro compito conservarlo. Le racchette da neve permettono a tutti un approccio invernale alla montagna. Non richiedono attrezzature costose né corsi sulla tecnica. È l’uomo che torna in montagna con un semplice attrezzo ai piedi”.
Gli ultimi mesi non sono stati facili per il Parco. “Abbiamo dovuto affrontare, in coerenza con i dettati istitutivi, le pressioni derivanti dal grande progetto di collegamento impiantistico di risalita fruibile tutto l’anno tra la Valle Divedro e la Valle Antigorio. Nel rispetto del ruolo istituzionale l’Ente ha garantito la propria disponibilità a concertare con le istituzioni strategie di gestione sostenibile accogliendo in tal modo la sfida di coniugare la tutela del territorio, della biodiversità e del paesaggio – primo compito di un Parco Naturale – con le esigenze di sviluppo economico del territorio”. E il futuro? “È tutto dentro le Alpi, nella prospettiva strategica di creare un grande parco transnazionale con il vicino Landschaftpark Binntal. L’idea di creare nel cuore dell’Europa una regione alpina accomunata dal rispetto per l’ambiente, la tutela della natura e uno sviluppo sostenibile per gli uomini di montagna”. E anche per gli uomini di città che in inverno e in estate possono venire qui e godere di questa meraviglia naturale, fatta di boschi, prati e rocce. 

Le immagini sono state fornite dall’Ente Parco, che ringraziamo

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