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La memoria in pietre e ruote. I resti degli antichi lavatoi e la coltivazione della canapa in Piemonte – di Emanuela Genre

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Gli antichi lavatoi e la coltivazione della canapa in Piemonte
di Emanuela Genre

Ogni paesaggio, di qualunque genere esso sia, è sempre il risultato delle trasformazioni che lo hanno coinvolto nel corso del tempo, modificandolo generazione dopo generazione. Ovviamente, ogni componente del panorama che vediamo, sia

Ruota del batticanapa di Borgonuovo (Osasio, TO)

questa naturale o di origine antropica, ha un proprio momento di origine ed una durata – più o meno lunga – che saranno per forza di cose differenti da quelli dell’elemento a cui è affiancata. Così, può capitare che alcuni degli edifici che attualmente fanno parte del paesaggio possano vantare una persistenza anche di secoli, mentre altri possono essersi formati o essere stati inseriti in quell’ambiente solo da alcuni anni.
Chi osserva un panorama, normalmente lo fa percependolo nel suo insieme, a colpo d’occhio, senza valutare quale sorta di stratificazione abbia portato ad un tale risultato. Un comportamento di questo genere è perfettamente comprensibile e anche piuttosto ovvio: il paesaggio è un qualcosa che si presenta in modo quasi automatico ai nostri occhi, senza che chi lo vede ne sia consapevole o provi ad andare oltre l’apparenza.
Spesso, invece, risulterebbe interessante tentare di scavare un po’ più a fondo, indagando ad esempio la storia e le ragioni della presenza nel paesaggio attuale di ogni elemento, e in particolar modo di quelli che rappresentano ormai nient’altro che relitti, gusci vuoti che hanno perso il loro contenuto.
Anche se spesso tali tracce sono ormai talmente mimetizzate nell’ambiente che le ospita da apparire indistinguibili da ciò che le circonda, esse rappresentano infatti il residuo della vita quotidiana e delle attività che erano praticate in quel luogo, sia esso un centro abitato o un terreno coltivato o boschivo, e dunque rappresentano preziose testimonianze del passato.
Tra le lavorazioni che nel secolo scorso erano praticate in Piemonte, un ruolo non secondario era ad esempio occupato

Il batticanapa di Rabiera (Prazzo, CN)

da quella della canapa, un vegetale a ciclo annuale utilizzato soprattutto per la sua fibra, che trovava impiego nella confezione di capi d’abbigliamento e in tele. Sul territorio piemontese, tale sequenza produttiva è stata quasi totalmente abbandonata e, se si escludono alcuni centri in cui la memoria storica della lavorazione della canapa è stata conservata (basti pensare ad esempio a Carmagnola e al suo Ecomuseo), sul terreno sopravvivono solamente alcune tracce residue dei manufatti un tempo impiegati per tale attività.
Così, si possono ancora riconoscere nella pianura pinerolese, nelle vallate che la circondano e in altre zone del Piemonte, tracce delle vasche in muratura in cui gli steli di canapa erano posti a macerare in autunno, prima di essere lavorati. Si tratta di manufatti che un tempo avevano un ruolo di una certa rilevanza, in quanto servivano a contenere l’acqua utilizzata per sfibrare la canapa e allo stesso tempo evitare che al vegetale si andasse mescolando il fango. Questi muretti hanno ormai perso la loro funzione originaria; quando hanno smesso di venire impiegati, sono stati anno dopo anno invasi dalla vegetazione e sono ormai incapaci di comunicare la loro storia a chi ancora riesce a riconoscerli nel paesaggio, tant’è che sovente vengono confusi con strutture diverse, ad esempio confini fra appezzamenti. Allo stesso modo, sembra oggi strano immaginare che alcuni campi situati nelle vicinanze di quei muretti potessero essere un tempo coltivati a canapa, quando oggi quelle porzioni di terreno appaiono magari incolte se non addirittura boscose. Destino quasi analogo è toccato ai semplici opifici in cui le piante di canapa erano pestate per

L’edificio del batticanapa della frazione Combe (Celle di Macra, CN)

separare le fibre dalla resina contenuta negli steli. Di tali edifici rimangono poche tracce materiali, e quasi si è persa la memoria del lavoro che era svolto al loro interno.
Della costruzione di edifici in cui la canapa era battuta non si conosce l’origine né tantomeno si hanno notizie riguardo l’epoca della loro diffusione nelle nostre campagne: si sa che avevano dimensioni piuttosto ridotte, con una struttura semplice ma perfettamente funzionale rispetto all’utilizzo per cui erano stati progettati. I batticanapa erano spesso formati da un unico locale – al massimo diviso in senso verticale da un soppalco – costruito con i materiali disponibili in loco: pietra nelle zone montane e mattoni in pianura. Erano azionati dal movimento di una ruota di legno o di metallo che girava in orizzontale o in verticale grazie alla forza dell’acqua che scorreva nel canale vicino a cui i fabbricati erano costruiti. Il perno della ruota era poi collegato, direttamente o tramite una serie di coppie coniche di ingranaggi, al bacile in pietra in cui erano poste le fibre di canapa per essere lavorate. Allo stesso perno era collegata una seconda pietra rotonda che, posta in verticale, girava all’interno del bacile schiacciando gli steli di canapa.
Per chi viveva nelle nostre campagne un secolo e mezzo fa, si trattava di opifici familiari e perfettamente conosciuti, parte integrante dell’economia della comunità e perciò anche del paesaggio di cui facevano parte. Adesso che la coltivazione della canapa è stata abbandonata nella maggior parte del territorio piemontese, i ruderi e i bacili che sono sopravvissuti rischiano di essere pietre mute, incapaci di fornire a chi li vede informazioni utili a giustificarne l’esistenza. Che si tratti di

Resti di un maceratoio a Rabiera (Prazzo, CN)

edifici ancora in piedi o di bacili e altri elementi del batticanapa recuperati e posizionati in luoghi pubblici come strade o piazze, ci troviamo comunque di fronte a testimonianze decontestualizzate, manufatti ormai privi dell’ambiente a cui appartenevano.
Siamo di fronte ad un processo inarrestabile ed irreversibile: con ogni probabilità, nonostante alcuni tentativi di ripresa della coltivazione di questo vegetale, la lavorazione della canapa tornerà a essere praticata solo in quantitativi minimi, ben lontani da quelli trattati nell’Ottocento. In ogni caso, i sistemi di produzione sono completamente cambiati nel volgere dell’ultimo secolo, ed è fuori discussione che i batticanapa funzionanti grazie all’energia idrica siano un’esclusiva del passato.
Nella consapevolezza allora di non poter riportare indietro le lancette del tempo, e con la convinzione che da un lato non è possibile preservare ogni rudere dalla rovina, e dall’altro che i bacili e gli altri manufatti appartenenti ai batticanapa che sono stati collocati in un luogo pubblico rischiano di trasformarsi in arredi privi di significato, ci si chiede allora cosa sia opportuno fare. Probabilmente non esiste una risposta valida applicabile in ogni caso; ciò che forse sarebbe opportuno è uno sforzo di recupero della memoria, un tentativo per rendere ciò che è sopravvissuto al trascorrere del tempo un testimone del passato delle nostre terre e non una pietra muta.

Questo articolo ha ricevuto il terzo premio ex aequo alla XI edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Economia, Turismo e Ambiente

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