L’Atlante Linguistico ed Etnografico del Piemonte Occidentale documenta le denominazioni di flora e fauna nelle parlate piemontesi
di Gabriella Bernardi
Non è detto che un atlante possa riguardare solo la geografia: infatti esistono anche atlanti più insoliti come quelli ideati e realizzati dall’Alepo, che sta per Atlanti Linguistici ed Etnografici del Piemonte Occidentale. È questo un progetto che nasce negli anni Ottanta del secolo scorso grazie alla collaborazione tra laRegione Piemonte, l’Assessorato alla Cultura e il Dipartimento di Scienze del Linguaggio dell’Università degli Studi di Torino.
Pensato per documentare e tutelare le lingue minoritarie come le gallo–romanze (occitano e franco–provenzale) che sopravvivono sulle Alpi della nostra regione; e la flora e la fauna compongono alcune fra le insolite uscite costituite da articoli o da atlanti.
Pare incredibile, ma questo ultimo lavoro, ideato ben trent’anni fa dal botanico Gian Paolo Mondino con la successiva collaborazione di specialiste in filologia e linguistica e in dialettologia dell’Alepo, si basa sulla paziente documentazione delle fonti orali in tutto il Piemonte. Grossomodo, la nostra regione può essere suddivisa in blocchi dove la Val Susa è contaminata dalle lingue occitane e gallo–romane, mentre i dialetti allemanici si trovano nella Val d’Ossola. Invece i dialetti gallo-italici con substrato celtico per esempio si ritrovano nel dialetto torinese o in quello del Cuneese e di Bra.
Ogni parola ha la sua storia e ripercorrerla è un viaggio affascinante, ma i nomi delle piante ascrivibili ai vari dialetti presentano diverse difficoltà. Intanto, per tradizione popolare vengono dati solamente ad alcune piante, in particolare a quelle che servono, a quelleche potrebbero essere dannose oppure che colpiscono l’attenzione; in più, certe erbe sono denominate, per esempio, con il periodo della loro fioritura. A complicare il tutto rimane la trascrizione di una lingua orale che è problematica perché non ha subito una standardizzazione e così gli specialisti sono costretti ad inventarsi dei caratteri appositi per scriverla.
Si comprende così perchéil lavoro sia stato particolarmente lungo: non solo per il censimento e la raccolta dei nomi, ma per la successiva analisi e validazione tra gli specialisti in botanica e in linguistica.
Il risultato finale sono ben 7388 nomi piemontesi immortalati e raccolti in 317 schede. Queste cartelle, dedicate ad ogni singola pianta, erba o fungo, descrivono i più comuni vegetali spontanei o coltivati identificati nei vari dialetti piemontesi, dai confini lombardi a quelli liguri.
Questa tassonomia popolare si presenta con mappe linguistiche del Piemonte prive di immagini del vegetale indicato, perché di atlante si tratta, e la priorità è data non già alla illustrazione della pianta, ma a come viene chiamata nei vari dialetti. I colori differenti posizionati nelle valli o verso le pianure, individuano il singolo nome o quelli similari utilizzati nella specifica zona – e come spesso si può notare, la diffusione supera i confini amministrativi o quelli costituiti dalle montagne.
Per fare due esempi: l’ontano viene chiamato in dialetto verna in quasi tutto il Piemonte. L’ampia diffusione di questa denominazione non deve stupire, essendo un albero di piccola taglia, dalla rapida crescita e grande resistenza alle varie condizioni climatiche e quindi anche per questo molto presente per la maggior parte nel nostro territorio.
Il pino bianco invece, completamente assente nelle pianure, è presente solonelle parlate delle valli montane, in particolare al confine francese, dove è indicato come sapin bianch – ma anche solo sap, o sapin – per poi scendere nelle altre valli dove lo si ritrova chiamato avét, avez, avei, avoi, avej, avec fino a avé o abé in prossimità del confine ligure; mentre cambia completamente in wiss-tanna, wis-tanna, wis-tannu, tonnerverso le valli con confine svizzero di influenza Walser.
Più semplice il termine zucca – da cussa fino a cuculla –ma dov’è che taiss indica il castagno? A voi il piacere della scoperta.