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Il genio che sognava Mondrian – di Lucilla Cremoni

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Tutti gli ‘ismi’ di Armando Testa alle Sale Chiablese fino al 24 marzo 2019

di Lucilla Cremoni

Tornato dopo la guerra, facevo la pubblicità e i miei disegni diventavano sempre più figurativi.
Una notte ho sognato Mondrian, che mi ha detto: Armando, basta così”

Tutti gli “ismi” di Armando Testa è il titolo della mostra che fino al 24 marzo 2019 nelle Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino espone oltre 120 tra bozzetti, quadri, manifesti, sculture, fotografie, pubblicità televisive, spezzoni di interviste. Oltre naturalmente all’ippopotamo blu.
Gli “Ismi” – Futurismo, Astrattismo, Surrealismo, Modernismo e così via – sono quelli che hanno costellato le definizioni dell’opera di Testa, e che hanno fatto la fama e la fortuna del suo lavoro di pubblicitario. E anche qualche danno, come ricorda lo stesso Testa in un’intervista proposta all’inizio del percorso espositivo, parlando dello sconcerto (e conseguente calo di vendite) causato da una pubblicità un po’ troppo “avanti” per i gusti dell’epoca (e probabilmente troppo intelligente per quelli attuali, viene da dire).
Armando Testa nasce “povero ma moderno” nel 1917 e frequenta alla Scuola Tipografica Vigliardi Paravia, uno di quegli istituti professionali che formavano i Faussone, cioè i prodigiosi tecnici piemontesi abilissimi nei più svariati ambiti, dalla meccanica all’arte bianca. Nello specifico, il Vigliardi Paravia era stato fondato nel 1922 (come evoluzione della Regia Scuola Tipografica, scuola serale istituita nel 1902) da un gruppo di aziende grafiche allo scopo di garantirsi una fonte di bravi tipografi, compositori, legatori, impressori in un periodo in cui Torino era la capitale indiscussa dell’editoria e delle officine grafiche.
Fa l’apprendista in una tipografia e acquisisce solide tecniche tradizionali, ma “la curiosità è il primo gradino verso la creatività”, e la sua è insaziabile. Segue “con grande gioia” i corsi serali di Ezio D’Errico “uno dei dieci pittori astratti italiani di allora” e si appassiona all’arte moderna e all’astrattismo.
Questa passione per le tendenze più nuove in campo grafico e pittorico e l’amore istintivo per l’arte astratta hanno contribuito a formarmi una cultura. Una cultura non razionalmente costruita, ma che proprio per questo mi consente oggi di trovarmi in una situazione di assoluta libertà rispetto alla “cultura ufficiale”scriveva lo stesso Testa. Davanti all’immagine non ho preconcetti basati sul contenuto o sul contesto storico; guardo opere millenarie con gli stessi occhi e lo stesso approccio con cui giudico l’arte degli anni Novanta: guardo la forma, il colore, il segno. In fatto di creatività sono curiosissimo, mi piace guardare tutto: dall’impaginazione grafica al manifesto dipinto, dal fotocolor alla scultura all’happening visivo”.
Il più geniale e innovativo dei pubblicitari italiani inizia la sua carriera nel 1937, quando vince un concorso per il cartellone pubblicitario del colorificio ICI, e prosegue fino alla sua morte nel 1992 in un percorso fatto di ironia, cultura, gioco, innovazione, sperimentazione, design, ricerca, cura del dettaglio, commistione dinamica di arte e quotidianità. Come ricorda il figlio Marco, presidente della Armando Testa SpA, se da una parte non limitava le fonti e i riferimenti colti verso i quali si ispirava, dall’altra non perdeva mai l’occasione per ricordare a tutti noi l’importanza delle idee semplici come forma di rispetto verso il pubblico finale. … Armando Testa stava dalla parte di chi guarda. Ne ha fatto una filosofia di vita e di lavoro, oltre che il titolo di un suo bellissimo libro”.

Dalla presentazione della mostra alla Mole Antonelliana del 1985

Su tutto, una incomparabile capacità di sintesi: il suo lavoro rappresenta perfettamente il motto “Less is More” di Mies van der Rohe, che era anche il titolo della mostra che il Castello di Rivoli gli dedicò nel 2001. Ne è emblema più compiuto l’immagine del Punt e Mes, giustamente celebrata nell’installazione che dal 2015 è al centro della rotonda di Piazza XVIII dicembre a Torino. Caratterizzazioni articolate nascono da coni e sfere animati con la tecnica del “passo uno”, cioè fotografati in sequenza e poi filmati – la computer grafica non era ancora all’orizzonte ai tempi di Caballero e Carmencita e di Papalla. Slogan fulminanti sono entrati permanentemente nel lessico e nell’immaginario e suonano familiari anche alle generazioni nate ben dopo la fine di Carosello – dal Luomo moderno” a “La pancia non c’è più”; da “Mattche, pattche, debbole fui!” a “Chiamami Peroni sarò la tua birra”, fino all’immortale “Carmencita sei già mia, chiudi il gas e vieni via”.
Permanente nella cultura e memoria collettiva anche l’impatto di tante immagini, come il gioco bianco/nero, positivo/negativo, quasi yin e yang del digestivo Antonetto, o il Re Carpano che continua a regnare imperterrito mentre i potenti – da Bonaparte a Cavour a Vittorio Emanuele II – si susseguono.

Foto Daniele Bottallo

E poi c’è la capacità di anticipare i tempi. Nel catalogo della mostra di Rivoli del 2001, il gallerista e critico Jeffrey Deitch ricorda lo stupore provato nel constatare come la famosa immagine dell’elefante Pirelli (“rappresentazione e astrazione al tempo stesso, infantile nella sua innocenza e immediatezza, surreale nel trasformare la realtà quotidiana in una forma di forte e stravagante impatto”) si ritrovasse, semplificata ma pressoché identica, in una “scultura specchiante bidimensionale” di Jeff Koons. Deitch ne concludeva che “Testa aveva anticipato di circa cinquant’anni una fra le innovazioni formali e concettuali di uno degli artisti più importanti della scena contemporanea”.
La mostra torinese nasce dall’iniziativa di Enrica Pagella, direttrice dei Musei Reali di Torino, è curata da Gemma De Angelis Testa e Gianfranco Maraniello ed è realizzata in collaborazione col Mart di Rovereto, di cui lo stesso Maraniello è direttore. In effetti, la mostra torinese riprende – con variazioni e aggiornamenti effettuati in funzione delle caratteristiche della sede espositiva – la mostra che proprio a Rovereto era stata allestita tra luglio e ottobre 2017 per celebrare il centenario della nascita di Testa.
I pezzi esposti provengono dalla collezione di Gemma De Angelis Testa e sono integrati da video della collezione dell’Agenzia Armando Testa.
Sale ChiablesePiazzetta Reale, Torino
Orariomartedì-domenica ore 10-19; sabato 3 novembre apertura straordinaria fino alle 23
Biglietti: solo mostra intero 12 euro, ridotto 6 euro, grauito per convenzionati e aventi diritto
Mostra + Musei Reali di Torino: intero 20 euro, ridotto 10 euro

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