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Ricominciamo dal lupo. Tra mito e scienza, la lotta per la sopravvivenza del lupo in Piemonte – di Silvia Rita Commisso

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RICOMINCIAMO DAL LUPO
La lotta per la sopravvivenza del lupo in Piemonte, tra cultura e scienza

di Silvia Rita Commisso

Una testa di lupo mozzata appesa ad un cartello stradale sulla strada provinciale tra Germagnano e Lanzo. Il fatto, compiuto nella notte del 13 novembre 2018, ha rinfocolato l’eterno conflitto tra ambientalisti e bracconieri. In passato si era verificato un evento simile nel comune di Ormea con modalità affini.
Oltre al primo messaggio di protesta nei confronti di organizzazioni che intendono proteggere la specie, in questi atti giace implicitamente un messaggio ben più profondo e pericoloso. Chi ha commesso il gesto certamente lancia una sfida alle istituzioni, quasi ad indicare che la propria volontà di abbattere impunemente esemplari di questa specie sia più forte di qualunque sistema e normativa.
Il bracconaggio di altre specie in altri Paesi del mondo si muove di pari passo con introiti economici e sfrutta irresponsabilmente la fauna (pensiamo alla strage degli elefanti e dei rinoceronti in Africa). Nel caso del lupo, invece, si ha a che fare con una realtà diversa, in cui è presente il risvolto economico, ma in modo indiretto: la specie è infatti considerata nociva dagli allevatori che devono far fronte alle perdite conseguenti ad eventuali attacchi alle greggi.
La gestione territoriale del lupo è un tema delicato e tornato in auge negli ultimi decenni, da quando la specie ha iniziato spontaneamente a ripopolare il territorio italiano e in particolare quello piemontese. Basti pensare che, secondo i dati riportati da LifeWolfAlps (progetto di tutela e conservazione del lupo sostenuto dalla Regione Piemonte), si è passati dalla presenza di tre branchi in territorio alpino piemontese a ventisette branchi dal 1999 al 2015/2016. Viene sottolineato inoltre che l’aumento della densità della specie riguarda branchi adiacenti in diverse aree, sconfinanti nelle zone pedemontane e collinari. Vale a dire che non ci troviamo di fronte a una repentina e irrefrenabile riproduzione della specie, quanto piuttosto ad una nuova collocazione territoriale. Inutile dire che la chiarezza d’informazione in questi casi è fondamentale.
Il rapporto tra uomo e lupo si è mostrato controverso fin dall’antichità, dalla mitologica lupa che allevò Romolo e Remo all’altrettanto mitologica figura del licantropo. Influenze nefaste sulla concezione del lupo originano soprattutto nel Medioevo che nei Bestiari lo inseriva nell’elenco degli animali demoniaci alla pari con i corvi o i gatti neri, e Dante citava la lupa come una delle tre belve che lo accolgono nella “selva oscura”.
Da una prospettiva antropologica si trattadell’animale che, tra tutti i predatori, incute più timore per la sua figura di bramoso “invasore”. La prima e istintuale reazione – purtroppo anche tra umani che non dovrebbero essere guidati dall’istint – è quella dell’aggressione come difesa; si parte dall’allontanamento dell’“invasore” e si arriva all’uccisione. Non solo: se si pensa ad altri predatori quali leoni, squali e via dicendo, ci si rende conto che sono avvertiti come pericolosi solamente nel momento in cui è l’uomo a violare il loro habitat naturale. Il lupo, esploratore per eccellenza, tende invece a sconfinare in zone che non gli appartengono ed è pertanto percepito come una minaccia costante. Se a questo aggiungiamo quanto la presenza umana abbia radicalmente modificato l’ambiente naturale e una cultura popolare che teme l’animale pur non conoscendone i comportamenti, allora abbiamo la ricetta perfetta per una convivenza impossibile.
In un mondo come quello odierno, in cui la natura è stata addomesticata e sovrastata in diversi modi e fino all’estremo, tutto ciò che è selvaggio non può che rappresentare un pericolo, proprio perché non controllabile dall’uomo. Dell’immagine del Lupo tra realtà e leggendasi è discusso nel Consiglio regionale tenutosi il 27 giugno 2018, incentrato proprio sul fornire una maggiore consapevolezza e più corretta educazione da un punto di vista scientifico. Analizzando più a fondo il tema, appare evidente che a mancare sia proprio un’educazione di base nei confronti dell’ambiente e della fauna che lo abita (si pensi all’inquinamento deliberato delle aree verdi in primis). Il bracconaggio nei confronti del lupo rappresenta quindi il culmine, la punta dell’iceberg di un problema ben più importante e radicato: una mancanza di stampo culturale.
Precisamente con l’obiettivo di educare, in particolar modo le nuove generazioni, sono stati creati negli ultimi anni dei parchi faunistici che ospitano lupi. Uno dei primi esempi è stato il Centro Alpha di Saint Martin Vésubie, comune francese che conta poco più di 1300 abitanti, situato nell’arrondissement di Nizza. In provincia di Cuneo esiste il Centro Faunistico Uomini e Lupi di Entracque. Questi centri hanno un obiettivo culturale, ma anche turistico: si tratta infatti di attrazioni di non poco conto per quelle che sono piccole e talvolta isolate realtà alpine.
Lungi dal voler relegare la specie a vivere confinata e destinata a questi scopi, si potrebbe tuttavia prendere spunto da queste iniziative. Se non altro per la volontà di avvicinare la specie umana al lupo, metterle a confronto e smussare gli angoli di questa relazione spigolosa.
Date le caratteristiche dell’ambiente profondamente antropizzato di oggi e visto che la convivenza col lupo è ormai imprescindibile, favorire la conoscenza sarebbe un primo passo quantomeno auspicabile. La conoscenza è sempre il primo passo verso l’integrazione, perché cancella o riduce pregiudizi e distanze.
Si potrebbe così pensare che il conflitto sulla questione del lupo in Piemonte sia in realtà un punto di partenza, che rappresenti una possibilità di imparare dalla natura riguardo innumerevoli aspetti: dai nativi americani che veneravano il lupo come animale saggio e fiero, a esempi contemporanei come il romanzo di Carlo Grande La Via dei Lupi (2002)la storia è ricca di esempi positivi in questo senso.
Certamente da un punto di vista concreto e giuridico la partita è tutt’altro che chiusa. Non a caso il WWF, nel comunicato reso pubblico successivamente al ritrovamento del 13 novembre, chiede che vengano al più presto approvate delle leggi per la conservazione del lupo congiuntamente a misure contro il bracconaggio, che in tutta Italia miete circa 300 vittime all’anno solamente tra i lupi. Nello stesso stralcio del comunicato è sottolineato che la gravità del gesto risiede soprattutto nell’ostentazione del crimine. La conferma del senso di onnipotenza che regna nei colpevoli non puniti adeguatamente dalla legge.
Questo articolo ha ricevuto una menzione d’onore alla XII edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Economia, Turismo, Ambiente

Le immagini sono tratte da “Piemonte Parchi” speciale 2018

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