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Parrucchieri di mutuo soccorso – di Michela Damasco

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Il Centro Accademico Torinese Acconciatori Misti

di Michela Damasco

Sono un po’ come le portinaie, nell’immaginario collettivo, perché evocano subito una miniera di notizie: aggiornamenti sul quartiere, o magari su questo o quel cliente. Amano chiacchierare e in effetti, tra il lavaggio dei capelli, il taglio e l’asciugatura finale, di parole se ne fanno, spesso non poche. I parrucchieri, nell’accezione che
comprende sia i classici barbieri, sia chi si occupa di acconciature femminili, possono essere, però, non solo fonte di piccole storie, ma anche di una storia con la “s” maiuscola.
parrucchieri-1È il caso del Centro Accademico Torinese Acconciatori Misti (Catam), con sede a Torino in via Garibaldi 9, “erede” della Società di Mutuo Soccorso dei Parrucchieri Acconciatori ed Estetiste, fondata da quaranta parrucchieri nel 1834. Appena due anni e la società viene fatta chiudere dalle autorità, nonostante lo scopo di beneficenza e aiuto che si prefigge. Solo nel 1842 viene definitivamente creata la Pia Società dei Parrucchieri, che ha resistito nel corso di anni vivaci: basti pensare che, nel 1884, la società indice il primo Congresso italiano professionale. Una categoria ben organizzata, quella dei parrucchieri, che in quel periodo comincia a far uscire una serie di periodici di settore.
Di certo, una categoria decisa e motivata, a giudicare da chi porta avanti come può oltre un secolo di storia. Alla Società da più di 50 anni si affianca infatti anche il Catam, che organizza una serie di corsi in cui viene insegnata la tecnica, come tengono a sottolineare. “Dopo la ricostruzione nel 1842, spiega l’attuale presidente della Società di Mutuo Soccorso dei Parrucchieri Acconciatori ed Estetiste, Giuseppe Troisi, nel giro di pochi anni si contavano oltre trecento soci. L’obiettivo è stato, fin dall’inizio, mantenere unita la categoria, puntando sulla solidarietà”. Il mix di Società e Centro accademico, senza fini di lucro, basato sull’iscrizione con tessera per la quale viene pagata una quota annuale crea, nei locali di circa 220 metri quadri, un mix curioso: due piccole stanze con trofei, strumenti d’altri tempi, stemmi storici nei corridoi, armadi gremiti di documenti tra cui diplomi, foto, attestati e anche sonetti che un docente universitario ha di recente chiesto di poter visionare, un nutrito archivio storico, il tutto contiguo a un’ampia sala con postazioni per il lavaggio dei capelli e il taglio, piena di specchi, per le lezioni. Passato e presente strettamente legati, così come lo sono i soci che gestiscono il tutto.
La dicitura “senza fini di lucro” prevede infatti che tutti siano soci, e chi porta avanti la struttura (in tutto 17 persone, tra corpo insegnanti e gruppo del direttivo, in cui è presente oggi un buon numero di donne, mentre all’inizio c’erano solo uomini) ha, al contempo, la propria attività, perché la prima regola è che i docenti devono essere parrucchieri. Esattamente come Troisi e come il presidente del Catam, Angelo Lovalente. Non a caso, i corsi vengono organizzati di lunedì, giorno in cui, tradizionalmente, le botteghe, come ancora le chiamano, sono chiuse: 32 lezioni per ogni anno, articolate in due anni di formazione, due per ottenere la qualifica dell’accademia, uno per diventare maestro e uno ancora per raggiungere il grado di maestro d’arte, con tanto di esami alla presenza di giurati provenienti da tutto il territorio nazionale.
Tutti gli allievi sono anche soci e, “al massimo dopo due-tre mesi di corso stanno già lavorando” spiegano Lovalente e Troisi. Per poter ottenere la licenza per aprire una propria attività, infatti, ci vogliono “due anni di apprendistato o da lavorante in una bottega”: quella che il centro offre è una sorta di perfezionamento di carattere tecnico, non facile da trovare in altri contesti: “Nel corso degli anni, dice Troisi, il numero degli allievi è diminuito anche per la nascita dei corsi di formazione sostenuti dalla Regione con i fondi dell’Unione Europea”, anche se lì il grado di approfondimento tecnico e pratico è inferiore, mentre il loro obiettivo è “creare delle professionalità”.
Se fino a qualche anno fa si arrivava a circa cento allievi all’anno, oggi il numero di iscritti, tra i 16 e i 50 anni, è sceso anche per una concorrenza agguerrita e non sempre “pulita”: “Solo a Torino, spiega ancora Troisi, ci saranno almeno cinquanta centri di formazione improvvisati, che sulla carta organizzano corsi professionali, ma che in pratica fanno lavorare in nero i propri allievi”: Senza considerare che, per corsi di formazione riconosciuti, da Regione o Provincia, e finanziati, “l’ente organizzatore, aggiunge Lovalente, deve avere dipendenti a libro paga, quindi noi, in quanto associazione senza scopo di lucro, non possiamo organizzarne: per un po’ lo abbiamofatto, ma corsi gratuiti a nostro completo carico non sono sostenibili”.
E pensare che l’accademia può, all’occorrenza, diventare anche una sorta di agenzia di collocamento: se un parrucchiere cerca un lavorante, sa che può chiedere lì. Eppure, le difficoltà non mancano, considerando anche che, dai sette centri accademici in ogni provincia, oggi è rimasto solo quello di Torino: “All’occorrenza ci autotassiamo, ed è difficile chiudere l’anno non in passivo” dicono, sottolineando, però che il principio ispiratore è sempre lo stesso degli albori: “il mutuo soccorso, per aiutare chi ha più bisogno”. Quello che Lovalente definisce col sorriso “spirito aggregativo” la vince ancora, “fin quando riusciamo ad andare avanti”. Con il rammarico che il peso della storia di cui sono figli e che mostrano con fierezza non ha il dovuto riconoscimento: stipati negli armadi ci sono molti documenti storici che potrebbero essere esposti creando una sorta di museo. “I politici ci conoscono, ma non riceviamo aiuti dalle istituzioni. Avremmo concretamente bisogno di una piccola mano per non morire e per far conoscere la nostra storia, come locali migliori, magari a un prezzo agevolato, sia per poter vivere come scuola, sia per allestire un piccolo museo”.

Un peccato, in una città come Torino, che di luoghi storici ne riconosce e valorizza tanti, in diversi ambiti. Senza contare i successi di questa realtà: prima la Società, con, tra le altre, la medaglia d’argento all’Esposizione Nazionale di Torino del 1884 e d’oro all’Esposizione nazionale del 1890, poi il Centro, con vittorie nei campionati italiani (a Torino è stato organizzato nel 2006) e ai Mondiali, oltre a essere affiliato dell’Accademia nazionale acconciatori misti (Anam), nata nel 1956, figlia della prima scuola professionale di acconciatura maschile (Espam): una specie di marchio di qualità all’estero.
Lo spirito, comunque, fin quando si riesce a portare avanti il tutto, è sempre lo stesso: “Cerchiamo di aiutare come possiamo” ribadisce Trosi. “Come Società, abbiamo da poco organizzato un pranzo, in collaborazione con il Comitato S. Martino de Porres(patrono di acconciatori ed estetiste, ndr): abbiamo devoluto l’incasso in beneficenza”. La grinta non manca, così come la voglia di fare e la speranza di riuscire a coinvolgere il maggior numero dei circa 4.000 parrucchieri e parrucchiere presenti a Torino e Provincia, sulla base della convinzione che “Più siamo, più contiamo”.

Info: www.catam.it

 

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