Le banche del tempo a Torino
di Antonella Capalbi
“Time, there’s always time, on my mind, so pass me by, I’ll be fine, just give me time”. È il ritornello di una delle canzoni più malinconiche del cantautore irlandese Damien Rice che, in un dondolio di note e parole, fa una sintesi perfetta dell’importanza del tempo nella vita quotidiana. E in quello stesso “give me time” sembra essere racchiusa la filosofia di alcuni particolari istituti di credito sparsi in molte città d’Italia: le banche del tempo. Qui la moneta di scambio non è fatta di metallo o filigrane che possono provocare allergie di sorta nè ha ponti o finestre disegnati ma è incorporea ed evanescente, contabilizzabile solo dal ticchettio delle lancette di un orologio. Prendendo alla lettera Orazio, il carpe diem in questi istituti si fa reale e il dies diventa il capitale che si deposita e di cui si ha disponibilità.
In questo scenario di istituti di credito atipici il Piemonte non fa eccezione e annovera diverse sedi in diversi comuni, di cui quattro solo a Torino. La giovane presidente dell’associazione “Basta un ritaglio – Banca del tempo a San Salvario”, Elisa Gallo, ci illustra meglio la filosofia che guida questi istituti e ci fa una panoramica delle attività di una delle sedi più attive e ad alta presenza di giovani della città. Ci spiega brevemente la storia delle banche del tempo, presenti in Italia già dagli anni’ Novanta soprattutto in Emilia Romagna, e specifica che la peculiarità di queste strutture è uno scambio di saperi basato sul tempo e in maniera del tutto paritetica: tutte le competenze messe a disposizione hanno lo stesso valore.
Il soggetto a cui si rivolge, o in cui trova maggiore partecipazione, è costituito soprattutto da due categorie, studenti e immigrati, in una complementarietà di esigenze e risorse che trova la piena soddisfazione di entrambe nelle attività che possono mettere a disposizione. A un’ora di lezione di italiano prestata da uno studente universitario a uno straniero può corrispondere una lezione di arabo, della stessa durata, di cui lo studente usufruisce. Il tutto ovviamente a costo zero, secondo una filosofia che sembra suggerire che, in una società in cui tutto è monetizzabile, riscoprire il valore della condivisione delle risorse e delle competenze può costituire realisticamente non un sistema economico alternativo tout court ma un tassello mancante in un sistema che appare sempre più in crisi e sempre più discutibile. “È un modello alternativo di scambio monetario in cui si cerca di dimostrare che è possibile soddisfare dei bisogni quotidiani senza necessariamente ricorrere all’uso della moneta ma basandosi sull’importanza della competenza e della relazione”.
Il tempo quindi si fa spazio sociale e culturale; non è più qualcosa che ci incalza e rischia di tagliare il traguardo prima di noi ma un amico che ci accompagna, fino a tagliarlo insieme quel traguardo.
La riscoperta del tempo diventa quindi anche la riscoperta dell’altro. E nella riscoperta del tempo e dell’altro ci si accorge di quanto una vita all’insegna della condivisione possa acquisire un altro colore e prospettiva. In un momento di povertà di tempo e di risorse, di sfiducia diffusa, la filosofia delle banche del tempo diventa un invito a godere del tempo e dell’altro come arricchimento della vita stessa: un invito che sembra passare dal “just give me time” di Damien Rice a un più speranzoso “just give me life”.
Questo articolo ha ricevuto una menzione alla VI edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Economia