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Sine sole sileo – di Piervittorio Formichetti

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La meridiana di Exilles

di Piervittorio Formichetti

aa-formichetti4Sine sole sileo” – senza il Sole sto in silenzio; è quasi una dichiarazione di umiltà il diffuso motto latino che si legge su alcune meridiane – o più esattamente orologi solari, dato che tecnicamente meridiana è la linea che coincide con l’ ombra che cade sulle ore 12 – e che viene ripreso e citato anche dagli autori di orologi solari moderni. Esso compare anche su una meridiana del comune piemontese di Exilles, storico borgo il cui nome evoca subito il poderoso forte e la sua secolare vocazione di sentinella territoriale, francese in Italia e italiana in Francia rispettivamente prima e dopo il 1713, anno in cui finalmente Vittorio Amedeo II strappò a Luigi XIV l’alta valle di Susa. E al motto fa seguito la meno modesta firma dell’ artefice: Ambel fecit anno etatis 1760 (l’ha fatta Ambel nell’ anno 1760).
Della meridiana di Exilles, il catalogo nazionale degli orologi solari dell’Unione Astrofili Italiani (Roma, 2001) indica l’ubicazione (l’attuale via Roma), lo stato di conservazione (3, cioè “visibile”), l’ anno di segnalazione (1990) e lo descrive semplicemente come “quadrante in rilievo su una parete”. Si tratta di una meridiana ad ore vere locali, che segna cioè le ore del dì semplicemente grazie all’ombra dello stilo o gnomone (l’asta metallica perpendicolare al quadrante) data dalla posizione del Sole che la proietta sulle ore segnate sul quadrante stesso. In questo caso, quando il Sole sorge l’ombra dello stilo viene proiettata nella direzione opposta toccando le ore 6 del mattino; quando il Sole tramonta, ad Ovest, l’ombra tocca le ore 7 di sera. Per ottenere questo ciclo orario la meridiana deve essere posta su una parete che guarda verso Sud, posizione in cui quella di Exilles verosimilmente si trova.  
Il quadrante con lo stilo e le linee orarie è circondato da un bordo quadrato dipinto di colore azzurro-violaceo, a sua volta circondato da un bordo quadrato nero al di fuori del rilievo, che in alto passa sopra il motto e la firma dell’ artefice.
Ed ecco alcune particolarità: in entrambe le iscrizioni, che si trovano al di sopra dello stilo, la lettera ‘N’ è stata scritta al contrario (И); i numeri romani che indicano le ore sono quasi troppo piccoli rispetto al motto e alla firma; le linee rette che partono dal punto centrale in cui è piantato lo stilo e giungono ai numeri sono state dipinte, come le scritte, in nero e in modo molto marcato, così che l’ombra sembrerebbe, almeno al giorno d’oggi, di non facilissima lettura; infine, lo stilo sembra troppo corto per proiettare un’ombra utile. L’esperto Giovanni Bosca nota che le ‘N’ rovesciate si possono vedere “anche da altre parti, forse su orologi solari di Saint Veran nel Queyras (Francia) o nelle valli cuneesi” e che “lo stilo presenta una piegatura anomala di qualche centimetro fuori dal muro”, forse perché “sostituito nel corso del tempo da persona non competente, a seguito della caduta di quello originale”
Inoltre, quasi tutto il lato sinistro del quadrante appare insidiato da una crepa verticale, che coinvolge soprattutto il nome dell’artefice, Ambel, con danni che hanno riguardato prima le lettere ‘A’ e ‘M’ e più recentemente anche il tratto verticale della ‘L’. A sinistra dell’orologio, dal punto di vista dell’osservatore, si trova infatti una finestra con persiane una delle quali, nel venire aperta per lunghi periodi o abbastanza violentemente, non può non colpire proprio il lato interessato. 
Secondo gli esperti la presenza del nome dell’autore su una meridiana è cosa tutt’altro che frequente; che sia stata applicata una persiana ad una finestra già aperta proprio a fianco di questa meridiana appare così l’ennesimo segno di un’incuria tutta italiana verso i propri beni culturali (vedansi le porte aperte nell’Ultima cena di Leonardo da Vinci o le finestre che bucano gli affreschi di Palazzo Schifanoia a Ferrara). Il danno sembrerebbe non troppo datato, altrimenti sarebbe stato peggiore, ossia sarebbe crollato forse l’intero lato sinistro dell’orologio, e con esso la firma del suo autore.
Ma chi era costui? Nel Settecento a Torino, intorno alla corte dei re Carlo Emanuele III e Vittorio Amedeo III, appare una famiglia Ambel o Ambello, sulla quale i dati sono sparsi e frammentari, quasi in attesa di essere riordinati e chiarificati da qualche storico competente. Ci fu un Luigi Ambello “detto Alì” (sic), dal 1736 nominato Cioccolatiere della Reale Casa e dieci anni dopo (1746) naturalizzato torinese (dunque proveniva da fuori dei confini dello stato sabaudo); e un Benedetto Luigi Ambel che dagli anni ’30 agli anni ’80 del ’700 operò nei Regi Archivi giungendo ad essere nel 1773 Consigliere di Vittorio Amedeo III. Un suo parente, Gaetano Ambel, dal 1750 fu Controllore e dal 1777 Primo Controllore, incarichi che comportavano la sorveglianza sulla preparazione dei piatti, sulla custodia e la disposizione delle stoviglie e la presentazione delle vivande alla mensa del re; sempre a corte fu presente il sacerdote Giuseppe Ambel, dal 1750 Regio Cappellano e dal 1785 Consultore di diritto canonico del re; e infine, fuori dal palazzo reale, Carlo Emanuele Ambel, sottotenente d’artiglieria dal 1747 e allievo del celebre ingegnere militare e professore alle Regie Scuole di Artiglieria Alessandro Papacino D’Antoni, che riappare nel 1789 “con grado e anzianità di luogotenente colonnello di fanteria” ma anche “già comandante dell’artiglieria della città e del contado di Nizza”, promosso poi colonnello di fanteria nel 1793 e brigadiere di fanteria nel 1796. 
Tra un burocrate, un capo-domestico e un prete-giurista tutti e tre cortigiani, e un ufficiale esperto d’artiglieria, chi potrebbe firmare più verosimilmente la meridiana di Exilles nel 1760 se non quest’ultimo? È ragionevole immaginare nel borgo di Exilles, all’ombra del forte, una guarnigione militare di cui faceva parte anche l’artigliere Carlo Emanuele Ambel, e che questi abbia prestato un po’ delle proprie competenze “tecnologiche” agli abitanti del luogo realizzando questo orologio solare. Secondo lo storico A. Celi, infatti. i militari sabaudi “non di rado svolgevano una seconda attività in tempo di pace”, per esempio “lavorando in qualche bottega artigiana”.
Si spiegherebbe dunque con l’avere avuto per artefice un militare l’aspetto spartano della meridiana di Exilles, con la sua decorazione ridotta al minimo e le scritte dipinte in modo netto e marcato; il fatto che entrambe le iscrizioni siano state tracciate in latino indicherebbe poi, come ritiene Giovanni Bosca, che l’ autore “doveva essere un personaggio con discreto grado di istruzione” oltre che con “buone nozioni di gnomonica”, entrambe qualità che si addicono ad un allievo delle Regie Scuole di Artiglieria e con parenti, tra cui un ecclesiastico, che hanno incarichi di discreta importanza a Palazzo.
Insomma, la meridiana di Exilles ha gettato luce sul proprio artefice e la sua famiglia, e lo status del suo autore spiega certe caratteristiche dell’orologio. Sarebbe stato un destino beffardo se un manufatto nato per funzionare grazie al sole e la sua storia fossero rimasti ancora nell’ombra!      

Questo articolo ha ricevuto una menzione alla VI edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Cultura Storia e Ambiente

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